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Una manifestazione a Colleferro, non lontano da Roma, dopo l'uccisione di Willy Duarte Monteiro Una manifestazione a Colleferro, non lontano da Roma, dopo l'uccisione di Willy Duarte Monteiro 

La madre di Willy Duarte Monteiro: "Mio figlio ha asciugato ogni lacrima"

Sull’inserto culturale “Quattro Pagine” dell’Osservatore Romano, l’ultima delle tre puntate dedicate al perdono che non è né illogico né giusto. Particolarmente toccante la testimonianza della mamma di Willy Duarte Monteiro, ucciso la notte del 6 settembre 2021 a Colleferro, pestato da un gruppo di giovani per aver difeso un amico

Alicia Lopes Araújo - Città del Vaticano

«Quando lei mi ha contattata, per rilasciare questa intervista, mi sono domandata: “Ma come faccio a parlare di Willy a ridosso del Natale? Sono stati così tristi e dolorosi questi anni senza di lui, che non ce la farò mai”. Pensando però a quanta sofferenza ci sia nel mondo violento in cui viviamo, mi sono detta che, in quanto cattolica, non potevo soffermarmi soltanto sul mio malessere e che avrei dovuto meditare sul significato della Natività. E per me Natale è Gesù che viene e rinasce nel nostro cuore, donandoci la forza per affrontare i momenti difficili. Questo è ciò che auguro alle persone che stanno soffrendo: a quei genitori che perdono ogni giorno i loro figli in guerra, a quanti non hanno mai avuto giustizia, alle mamme che non vedranno mai più i propri figli rientrare a casa, come è accaduto a me. Non posso pensare quindi solo a me stessa, ma devo fare e dire quello che posso, per alleviare nel mio piccolo il dolore degli altri. Per questo ho accettato l’intervista».A parlare è Lucia Maria Duarte Monteiro, la mamma di un ventunenne dal sorriso contagiante, che amava il calcio e sognava di diventare chef.

L'abbraccio al mondo e alla vita

Non esistono parole per indicare un genitore che perda un figlio. Ce lo ha ricordato di recente Papa Francesco. I poeti tuttavia trovano le parole per attribuire nuovi significati a dolori indicibili e per far rinascere la speranza. «Va’, poesia: / Prendi le mie braccia per abbracciare il Mondo, / dammi le tue braccia perché io possa abbracciare la Vita». In questi versi di Amilcar Cabral — statista e intellettuale nato in Guinea-Bissau da genitori capoverdiani — è racchiusa in modo simbolico l’essenza di due vite indissolubilmente intrecciate, quelle di una madre e di un figlio che, seppur separati precocemente, hanno saputo cingere d’amore il mondo, incarnando lo spirito universale del dono autentico che costituisce le fondamenta della relazione dell’essere umano con Dio e degli esseri umani tra di loro.

Un murales che ricorda Willy
Un murales che ricorda Willy

Il 6 settembre 2020 l’Italia ha assistito a una tragedia che ha lasciato una cicatrice profonda nel cuore della società: Willy Duarte Monteiro, un ragazzo italiano di origine capoverdiana, residente a Paliano, è stato brutalmente ucciso da un gruppo di giovani a Colleferro, vicino Roma, mentre difendeva un amico, cercando di placare una rissa. La storia di Willy — medaglia d’oro al valor civile alla memoria — non è solo una cronaca di violenza, ma un potente esempio di altruismo e amore per il prossimo, di un dono estremo che rompe le logiche dell’indifferenza e fa sbocciare fiori nelle periferie fisiche ed esistenziali, inaridite da brutalità, marginalità e povertà dell’anima. Eppure il dono non è solo qualcosa che concediamo, poiché riflette anche ciò che siamo: è il coraggio di condividere la propria umanità e di rimanere fedeli ai propri valori, anche quando tutto sembra perduto, come sta dimostrando la mamma di Willy. «Per offrire conforto a questi genitori che hanno perso un figlio bisogna ascoltarli», ha rimarcato Papa Francesco, dedicando a questo tema l’intenzione di novembre. E noi abbiamo colto la sua esortazione, mettendoci con discrezione in ascolto di Lucia Maria Duarte Monteiro.

Un dono speciale

«Willy è stato un dono prezioso, la gioia di ogni genitore», dice Lucia (per tutti i capoverdiani Lou). Del resto — prosegue — quando ti sposi e ti arriva un figlio, sei inondata d’amore. «Mio figlio è stato sempre un bambino molto affettuoso: non mi lasciava mai. Era tutto “mamma, mamma” e non voleva nessuno tranne me. Poi, crescendo, è diventato socievole. Tutti lo volevano come amico, tutti lo cercavano. Quindi è stato davvero un dono speciale per me, per il papà, per la sorella e per tutta la famiglia, che lo ha amato molto, così come per i suoi amici italiani e capoverdiani. Sì, perché lui, pur essendo nato in Italia, era molto legato alla nostra comunità e ha sempre amato la cultura del mio Paese. Tant’è che ha imparato perfettamente il creolo, ancor prima di andare a Capo Verde, perché curioso. Mi domandava: “Mamma, lì come si fa questa cosa, come si dice questo?”. Non solo è stato, ma è tuttora, un dono anche per quello che mi ha lasciato e lo sarà per sempre. Quando mi sento triste, penso a come era Willy, a come riusciva a tirare su di morale le persone, ridendo e scherzando. Amava in modo particolare il Natale, perché gli piaceva stare in famiglia. Ci teneva alla cena della Vigilia ed era felice quando organizzavamo pranzi a casa con zii e cugini». In questi quattro anni Lucia ha cercato di far rivivere il dono di Willy attraverso le altre persone, soprattutto i giovani, e in quello che vive giorno dopo giorno. E sono tanti i momenti: «Quando, camminando per strada, vedo un ragazzo ridere e scherzare, penso a Willy. Quando vedo un suo coetaneo realizzarsi, sono felice e penso a lui. Ai giovani continuo a ribadire di cercare di apprezzare la bellezza della vita e di mettere da parte violenza e odio», sentimenti distruttivi che devastano i luoghi dell’innocenza. «La vita è un dono che merita di essere vissuto bene e con gentilezza. Ciò non vuol dire che non si possa sbagliare né tantomeno che sia tutto facile. C’è sempre qualcosa per cui combattere, ma c’è altresì sempre Dio che ci dà la forza, per affrontare i momenti difficili con spirito di pace. Cerco di trasmettere che vale la pena vivere la pace e che vale la pena vivere nel bene. E là dove non si può fare del bene, non bisogna fare neanche del male».

Una catena di pace per sconfiggere l'odio

Quanto accaduto a Willy — sottolinea — lo si deve a odio, violenza e viltà. La sua morte, a sua volta, ha acceso una miccia di odio contro gli assassini. «Tanti mi dicevano e mi dicono tuttora che “quelli meritano di morire”. Invece non si doveva allora e non si deve oggi rispondere con l’odio, perché a mio avviso, quando sei travolto da una tragedia di queste proporzioni, generata da tanto male e rabbia, rispondere con la vendetta alimenta una catena d’odio senza fine. Allora io mi dico che perpetro il male, se ripago con la stessa moneta, facendo del male a coloro che mi hanno strappato un figlio. Bisogna invece formare una catena di pace, altrimenti rimaniamo sempre gli stessi e perdiamo l’umanità in un mondo già devastato da troppe guerre e odio. Quando parlo di pace ai giovani, non mi riferisco alla sola cessazione delle ostilità nei tanti conflitti del mondo, perché singolarmente non abbiamo gli strumenti per farlo, bensì alla pace tra di noi e intorno a noi. Per me è importante nella quotidianità fare le cose con spirito di pace», rimarca Lucia. Ce lo ha dimostrato la generosità di suo figlio. «Spesso sento dire che Willy è stato un eroe, ma non mi piace questa espressione. Era un ragazzo normale, che andava a scuola e lavorava. Ha affrontato le sue battaglie, impegnandosi per inseguire i suoi sogni con tanti sacrifici. Quindi non voglio che sia considerato un eroe, ma un ragazzo come tanti. Semmai era altruista, perché si preoccupava degli altri, anche al lavoro. Ad esempio, se la prendeva, quando vedeva offendere qualcuno, poiché aveva un forte senso della giustizia. Mi è rimasto impresso un episodio: un giorno il suo datore di lavoro ha avuto uno screzio con un’aiutante in cucina. Willy ha aspettato che se ne andassero tutti e dopo aver salutato è tornato indietro. Il principale, sorpreso, gli ha chiesto: “Willy hai dimenticato qualcosa?” E lui: “No. Ti volevo solo dire che hai trattato proprio male quella signora. Le devi chiedere scusa, perché così non si fa”. Quando me lo ha raccontato, mi ha colpito non solo che avesse difeso una collega più grande di lui, ma soprattutto che l’avesse fatto in silenzio, non davanti a tutti. Lui era proprio così, sempre attento agli altri. Ma sono tante le immagini belle che ho di lui e che mi fanno sentire orgogliosa. Quindi vorrei che fosse ricordato come un ragazzo speciale, luminoso, ma semplice allo stesso tempo».

Willy da piccolo con la chitarra della mamma
Willy da piccolo con la chitarra della mamma

"Willy vive dentro di me"

Lucia è riuscita a trovare la forza per trasformare l’esperienza più devastante che una madre possa affrontare in un messaggio di speranza e di amore, diventando un simbolo di dignità e di impegno per una società migliore. «La disperazione — dice — è stata proprio grande, perché quello che è accaduto era lontano mille miglia dalla mia mente. Inconcepibile! Il peso di questa disperazione è stato però sostenuto da tante persone, che mi hanno aiutato a trovare la forza. Quando mi sono resa conto che ormai Willy non c’era più, ho imparato a farlo vivere dentro di me. E lo sento nel mio cuore. Penso che fin dall’inizio sia stato lui ad asciugarmi le lacrime, altrimenti non saprei spiegarmi, perché a un certo punto ho smesso di piangere. Willy è con me e so che sarà sempre così». Lucia testimonia che sono dono anche il tempo, l’ascolto e la presenza. «Mi sono sentita abbracciata e sostenuta davvero da tutti e tutte. Per un anno intero ho avuto la casa piena di gente. Per un anno intero, non una settimana! I capoverdiani venivano a trovarmi e mi preparavano da mangiare, ma sono state altrettanto amorevoli le comunità di Paliano e di Colleferro. Ho avuto inoltre dimostrazione d’affetto anche da persone lontane che non conoscevo. Questa vicinanza mi ha aiutato a superare momenti davvero terribili. Non sono stata mai lasciata sola. Sia la comunità capoverdiana sia quella italiana mi hanno dato tanto e continuano a farlo. Nessuno si è dimenticato di Willy», sorride timidamente.

Il perdono è il maggiore dei doni

Dopo la sua morte si è aperto un dibattito profondo sulla necessità di educare le nuove generazioni al rispetto della vita e alla cultura della non violenza. Il suo esempio ha ispirato iniziative concrete a lui dedicate, tra cui manifestazioni, eventi, luoghi e murali. Proprio lo scorso 6 dicembre si è laureata la giovane capoverdiana Isabella Rosa Rodrigues, la quale ha ricevuto la prima borsa di studio intitolata a Willy Duarte Monteiro, attribuita dall’Università degli Studi Internazionali di Roma. «Per me — dice Lucia — ha un valore e un significato molto grande, perché è stata data la possibilità a una giovane di Capo Verde di proseguire gli studi. Sono sicura che Willy sarebbe stato contento di questo». Lucia, nei suoi rari discorsi pubblici che toccano il cuore di tante persone e nei suoi gesti privati, ha saputo moltiplicare il dono di Willy. «Il mio maggior desiderio è trasmettere il bel messaggio di Willy, cioè essere d’aiuto con qualcosa di positivo, perché dinanzi a tante sofferenze personali e collettive bisogna coltivare ancora di più i valori dell’amore e della speranza». Perdonare significa non lasciare che la rabbia e la sofferenza decidano al posto nostro. «In fondo il “per-dono” — come dice lei — è anche un dono, anzi è il maggiore dei doni. Però non basta pronunciare la parola “perdonami!”. Per me perdono è quando ti metti davanti a te stesso, comprendi di aver sbagliato e ti penti. Solo chiedendo perdono così, si può trovare la pace interiore. Dire “perdonami, ma non ho fatto niente”, non è chiedere perdono. Nel caso di mio figlio i colpevoli possono anche non chiedere perdono alla nostra famiglia, ma auspico che lo facciano intimamente, quando sono da soli, perché il silenzio del cuore è il linguaggio del luogo dove ora si trova Willy. Finora non è successo, e io spero che accada», in attesa che la luce della speranza vinca sulle tenebre.

Lucia Maria Duarte Monteiro insieme ad Alicia Lopes Araújo
Lucia Maria Duarte Monteiro insieme ad Alicia Lopes Araújo

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17 dicembre 2024, 15:45