RD Congo, centinaia di vittime in una settimana di violenza a Goma
Roberta Barbi – Città del Vaticano
“Non siamo a Goma per restare, ma per proseguire la marcia di liberazione fino a Kinshasa”: così ha dichiarato Corneille Nangaa, leader dell’Alleanza del fiume Congo di cui fa parte il gruppo M23 che da domenica sta mettendo a ferro e fuoco l’est della Repubblica Democratica del Congo e che ora minaccia di marciare verso ovest, dove si trova la capitale Kinshasa e dove ha intenzione di rovesciare il presidente in carica, Felix Tshisekedi, accusato di “essere un bugiardo” e di “non aver vinto le elezioni”.
Il messaggio politico dei miliziani
Il capo dei ribelli, Corneille Nangaa, è il leader dell’Alleanza del fiume Congo di cui il gruppo M23 fa parte. Ex presidente della commissione elettorale congolese riconvertitosi alla lotta armata, sul quale dall’estate scorsa pende una condanna capitale emessa a Kinshasa per condotta sovversiva, Nangaa difende la matrice congolese del movimento dalle accuse dell’Onu che i ribelli siano appoggiati da un gruppo di almeno 3500 soldati dell’esercito regolare del confinante Rwanda.
La situazione a Goma
Sebbene l’offensiva ribelle si stia spostando verso lo Stato del Kivu meridionale, con combattimenti in corso a circa 30 km dalla città di Kavumu, è sulla situazione di Goma che l’Organizzazione Mondiale della sanità lancia l’allarme: da domenica scorsa, con la ripresa delle violenze, si segnalano esecuzioni sommarie e stupri, oltre a una stima di almeno 700 morti e 2800 feriti, destinata inesorabilmente a salire. Questa nuova escalation è solo l’ultima, tuttavia, di un conflitto che dura da tre decenni, che vede coinvolti decine di gruppi armati e ha già causato sei milioni di morti e centinaia di migliaia di sfollati, con la complicità – denunciata dalle Nazioni Unite – del Rwanda, che sarebbe interessato alle materie prime di cui la regione del Nord Kivu e tutta la parte est della Repubblica Democratica del Congo sono ricche.
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