Al Bano, i colori della musica per dipingere il mondo di speranza
Gianmarco Murroni - Città del Vaticano
Quando un albero ha radici forti e profonde cresce bene e dà frutti gustosi. Lo sa bene Al Bano, nome d’arte di Albano Carrisi, tra i più popolari cantautori italiani, che ha voluto cogliere questo insegnamento della natura e farlo suo, nella vita e nella musica: “Senza fare nessuna fatica ho fatto ciò che ho fatto, quando mi guardo indietro qualche difetto c’è stato, ma non c’è mai stata voglia di difetti”. La natura e la campagna pugliese, terra d’origine di Al Bano, hanno dato un’impronta significativa alla carriera dell’artista, ma il suo viaggio musicale è caratterizzato da tante tappe che lo hanno reso uno dei cantanti italiani più celebrati a livello internazionale, con oltre 25 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e la conquista di 26 dischi d'oro e 24 dischi di platino: “Mi mancano solo Polo Nord e Polo Sud - scherza il cantautore - ma non ci andrò mai, a me piace il sole, il caldo”. D’altronde, ‘Il sole dentro’ è anche il titolo del suo ultimo libro, pubblicato a ottobre 2024: un volume diviso in quattro parti, quante sono le vite che lui sente di aver vissuto. “Il sole non poteva mancare, lo amo talmente tanto che lo cerco ogni giorno. Mi sveglio insieme a lui e me lo godo per quello che è: un miracolo quotidiano. Un sole che sorge, va in alto, illumina, ci dà calore. Anche quando ci sono le nuvole, c’è sempre”.
Successo internazionale
Al Bano racconta di aver cantato e inciso in tantissime lingue: dal russo al catalano, dallo spagnolo al francese. Addirittura in giapponese: “Qualche anno fa a Budapest, durante una festa, ho dedicato una canzone in giapponese alla figlia dell’imperatore del Giappone. Lei rimase stupita e mi accompagnò cantando con me. Fu un momento fantastico”. Tante sono state le collaborazioni con artisti internazionali e tanti sono gli aneddoti che tornano alla mente di Al Bano: Mi è rimasto impresso un incontro con Paco de Lucía: lo chiamai per incidere ‘Un sasso nel cuore’, il mio direttore d’orchestra gli portò la musica per l’esecuzione della canzone e lui gli rispose ‘Io non so leggere la musica, io sono la musica’. Di fronte a un’espressione del genere non abbiamo potuto fare altro che rimanere in silenzio e ascoltarlo suonare”. Un altro ricordo riguarda Montserrat Caballé, una delle più grandi voci della storia dell'opera: “Ogni volta che finivamo di cantare mi diceva che ero stato rubato alla lirica, io le rispondevo di aver voluto fare la lirica alla mia maniera”.
Sanremo
Nei giorni in cui il Festival di Sanremo celebra la canzone italiana, Al Bano ricorda le sue prime esperienze: “Da bambini si aspettavano tre cose durante l’anno: il Natale, la festa del Santo Patrono e Sanremo. In quella parte di Puglia era nato Domenico Modugno, viveva a pochi chilometri da Cellino San Marco, lui ha influenzato la mia voglia di diventare cantante. Ricordo quel 28 gennaio 1958, quando Modugno spalancò le mani al cielo cantando il ritornello di ‘Volare’: a Cellino San Marco c’erano solo due televisori, noi ragazzini andavamo dove c’era posto. Quando Modugno quella sera vinse, dentro di me sentii un’esplosione: io dovevo fare quel mestiere”. Sul palcoscenico di Sanremo, poi, Al Bano è diventato di casa: record di presenze, condiviso con pochi altri artisti, con 15 partecipazioni all’attivo; sei decenni consecutivi come concorrente, un altro record; la vittoria nell’edizione del 1984 con il brano ‘Ci sarà’, cantato insieme a Romina Power.
Musica e impegno sociale
Per Al Bano, “la musica è un elemento che da sempre ha accompagnato i popoli nella loro esistenza. Nel corso dei secoli la musica ha rappresentato lo spirito di chi scriveva. Se pensiamo che gli elementi per fare musica sono le sette note, è incredibile immaginare cosa sia uscito dalla mente dei grandi artisti con sole sette note. La musica nasce dalle mani che la compongono. Ma secondo i tempi, la musica cambia: oggi è il tempo del computer, un tempo in cui fare musica è diventato un processo rapido e impeccabile, ma finto. Questo vuol dire che il computer sta ammazzando la creatività”. Ma la musica ha anche una responsabilità: comunicare un messaggio che sia di vita e di pace. “Oggi tanti giovani si perdono, intraprendono strade pericolose. Quanta gente muore per cercare quello che è un paradiso artificiale, un paradiso squallido, che in realtà si rivela essere un inferno. Bisogna insegnare ai ragazzi a difendersi da questo. La musica può essere un’arma per combattere tutto ciò. Spesso si ricerca la fuga dalla normalità, ma conservare la normalità costa fatica e impegno. Alcuni artisti, oggi, propongono questa seduzione del fuggire, ma può essere un viaggio senza ritorno”.
Le esibizioni in Vaticano
Nei ricordi di Al Bano, anche i tanti concerti in Vaticano: “Ho cantato 7 volte davanti a Giovanni Paolo II. Nei suoi occhi vedevo uno sguardo di accoglimento, come se mi stesse aspettando. Ricordo tanti momenti con lui, memorabile è stato quello in Brasile, allo stadio Maracanã di fronte a 150mila persone. In quell’occasione cantai ‘Volare’ di Modugno, il pubblico mi accompagnò durante tutto il ritornello. Fu un momento fantastico, non lo dimenticherò mai”. Oltre a San Giovanni Paolo II, Al Bano racconta con emozione anche l’incontro con altri due santi: “Il primo è stato Padre Pio: avevo 14 anni, ero a San Giovanni Rotondo, presi da lui l’Eucaristia. Ricordo benissimo quel momento, come se fosse ieri. Poi Madre Teresa di Calcutta. Incontrarli ha arricchito il mio percorso di vita: la spiritualità fa bene all’essere umano”. Tra i tanti incontri, anche quello con Papa Francesco, che Al Bano saluterà nuovamente il prossimo 17 febbraio, durante il Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura: “Non è la prima volta, ho avuto la fortuna di incontrarlo in altre tre occasioni, ma ogni circostanza è sempre meravigliosa. Sarà un evento emozionante in un contesto inedito: la prima volta che si incontrerà un Papa a Cinecittà”.
Fede e spiritualità
Nella vita di Al Bano tanti successi e soddisfazioni, ma anche alcuni momenti difficili, superati grazie all’aiuto della Fede. “Ho avuto due momenti importanti nel mio percorso. La Fede ha sempre fatto parte della mia vita. Poi ho avuto la disgrazia di perdere una figlia, un matrimonio che finiva. Quelli sono stati anni difficili, tante ferite che ancora non sono del tutto guarite. In quel momento andai contro le mie certezze: avevo fatto bene il mio dovere di cristiano, di padre, di marito, ma non accettavo quello che mi stava capitando. Col passare del tempo, però, ho scoperto che vivevo male quel momento di allontanamento dalla Fede. Ho iniziato a interrogarmi: chi pensi di essere tu per reagire così nei confronti della Fede? Persino Dio ha perso suo figlio in croce. Da quel tipo di riflessione è nata una nuova Fede dentro di me, più forte di quella che avevo prima. La Fede è una grande fortuna: è acqua nel deserto, è certezza, è uno strumento contro le malvagità del mondo”.
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