Gaza, liberati tre ostaggi israeliani. Tra loro il padre dei fratellini Bibas
Vatican News
«Il governo israeliano abbraccia gli ostaggi al loro ritorno. Le loro famiglie sono state informate che sono stati consegnati alle nostre forze. Il governo è impegnato per tutti gli altri ostaggi e i dispersi». È con una nota, diffusa oggi, che il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha salutato la liberazione, nella Striscia di Gaza, di altri tre ostaggi israeliani: Ofer Calderon, Yarden Bibas e Keith Siegel. Come contropartita, il Servizio carcerario israeliano ha rilasciato 183 prigionieri palestinesi. «La liberazione odierna dei sequestrati israeliani porta un raggio di luce in mezzo all’oscurità, offrendo speranza e dimostrando il trionfo dello spirito umano», ha fatto sapere il Forum delle famiglie degli ostaggi mentre le operazioni di rilascio si svolgevano in diretta tv e a Tel Aviv venivano seguite in piazza da una nutrita folla di persone.
I piccoli Kfir e Ariel
Uno degli israeliani liberati, Yarden Bibas, è il padre dei due ostaggi più giovani presi da Hamas il 7 ottobre durante l’assalto armato ai kibbutz del sud: sono i piccoli Kfir e Ariel, che allora avevano rispettivamente otto mesi e mezzo e quattro anni. Anche la moglie di Bibas, Shiri, è stata rapita e ora per loro si teme il peggio: lei e i suoi due figli non sono ancora rientrati in nessuno dei precedenti scambi che prevedevano proprio il rilascio di donne e bambini.
L’Unicef, la tragedia di chi torna
A Gaza le condizioni di chi ritorna sono sempre estremamente drammatiche, con un disperato bisogno di cibo, di vestiti invernali, di una casa, che ormai in molti non hanno più. A testimoniare scene strazianti è l’Unicef presente nella Striscia con Tess Ingram responsabile delle comunicazioni in Medio Oriente e Nord Africa. "Speravano di tornare in una casa che non esiste più, o di riunirsi a una persona cara che è stata uccisa" è il suo racconto, in cui descrive il tentativo di molti di rimuovere le macerie dei palazzi distrutti dai bombardamenti israeliani. L' Unicef sottolinea inoltre che "centinaia di bambini sarebbero stati separati dalle loro famiglie durante il viaggio verso nord” per rendere possibile il ricongiungimento quindi, i piccoli al di sotto dei quattro anni sono stati dati braccialetti identificativi.
La riapertura del valico di Rafah
Intanto, a Rafah, a sud della Striscia, la missione dell’Unione europea, Eubam, è tornata a schierarsi nei pressi del valico dopo la richiesta congiunta avanzata da israeliani e palestinesi. Si è così messo fine ad una chiusura durata molto tempo. L’obiettivo è quello di garantire il controllo del confine, coordinare l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e permettere l'evacuazione dei feriti. I primi ad attraversare il valico di Rafah dopo la riapertura sarebbero stati una cinquantina di bambini di Gaza, malati e feriti, trasportati in Egitto per essere curati. Nelle vicinanze del valico c’è però da registrare la protesta di centinaia di egiziani che si dicono contrari al piano rilanciato dal presidente statunitense, Donald Trump, per il trasferimento in Egitto e Giordania dei palestinesi di Gaza. Il presidente egiziano, Abdel-Fatah al-Sisi, nei giorni scorsi aveva bollato come «intollerabile ed ingiusta la deportazione dei palestinesi. Noi non possiamo partecipare».
Il Gruppo dell’Aja
E sempre oggi è giunta anche la decisione di nove Paesi di unirsi per sostenere l’arresto del premier israeliano richiesto dalla Corte penale internazionale (Cpi) e contemporaneamente mettere in atto l’embargo alla vendita di ami ad Israele. Belize, Bolivia, Cuba, Colombia, Honduras, Malesia, Namibia, Senegal e Sud Africa hanno infatti dato vita al “Gruppo dell’Aja” sostenendo, in una dichiarazione congiunta, che «non possiamo restare indifferenti di fronte alla perdita di vite umane per le azioni di Israele, la potenza occupante della Palestina. Invitiamo tutti gli altri Paesi ad adottare i provvedimenti necessari a porre fine all'occupazione israeliana».
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