Israele sospende gli aiuti a Gaza finché Hamas non accetta il piano
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Una decisione, quella di sospendere l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, da cui Israele tornerà indietro solo se Hamas accetterà il cosiddetto “piano Witkoff”, elaborato dall’inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, che prevede un’estensione della prima fase dell’accordo per la tregua a Gaza di circa 50 giorni, comprendente tutto il periodo del Ramadan – il mese sacro per l’Islam iniziato il primo marzo scorso – e la Pasqua ebraica. Durante questa fase il gruppo islamista dovrebbe liberare gli ostaggi ancora in vita – circa 24 – e consegnare i corpi di quelli deceduti.
Le posizioni internazionali
Dura la condanna dei Paesi arabi tra cui l’Egitto – tra i principali mediatori del cessate il fuoco – e anche delle Nazioni Unite, che attraverso il portavoce Tom Fletcher ha definito la decisione di Israele “allarmante”, osservando che il diritto umanitario internazionale stabilisce chiaramente che l’accesso degli aiuti deve essere consentito. La sospensione degli aiuti, invece, incassa il sostegno della presidenza americana Trump, che attraverso il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, ha affermato che “Israele ha negoziato in buona fede fin dall’inizio di questa amministrazione per garantire il rilascio degli ostaggi”. All’accusa di Hamas che Israele farebbe morire di fame la popolazione di Gaza, il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ribatte che durante le sei settimane di tregua sono entrate nella Striscia scorte sufficienti per circa 4 mesi.
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