Yemen, i ribelli Houthi rispondono agli attacchi Usa
Roberta Barbi – Città del Vaticano
In Medio Oriente c’è il rischio concreto che si apra un nuovo fronte: sabato scorso gli Stati Uniti hanno effettuato massicci raid sullo Yemen, a partire dalla capitale Sana’a, che hanno portato alla morte in totale di 53 persone e al ferimento di altre 98, per la maggior parte donne e bambini. I raid, secondo gli Usa, erano mirati a eliminare figure di spicco dei ribelli Houthi, le milizie sciite alleate dell’Iran. E infatti la reazione dei Pasdaran non si è fatta attendere: “Siamo pronti a rispondere a ogni attacco”.
La rappresaglia degli Houthi
Come rappresaglia gli Houthi hanno poi attaccato la portaerei americana Truman, di stanza nel Mar Rosso a protezione dei mercantili, con numerosi missili balistici e da crociera nonché con droni. “Gli americani saranno ora soggetti al divieto di navigazione finché continueranno la loro aggressione – ha detto in un discorso televisivo il leader dei ribelli Abdumalik al-Houthi –. La nostra decisione riguardava solo il nemico israeliano, ma ora sono inclusi anche gli Stati Uniti”.
La strategia americana
Nelle scorse ore si sono nuovamente intensificati i raid americani che hanno colpito anche una fabbrica nella regione occidentale yemenita di Hodeida e la cabina di pilotaggio della Galaxy Leader, nave catturata dai ribelli un anno fa. “Un’aggressione militare che costituisce una flagrante violazione dei principi fondamentali dell’Onu e del diritto internazionale”, è il commento ufficiale dell’Iran che è probabilmente il principale destinatario del messaggio americano. Le tensioni nel Mar Rosso sono stasti al centro anche dell’ultima telefonata tra il segretario di Stato americano Rubio e il ministro degli Esteri russo Lavrov. “Moderazione e la cessazione di tutte le attività militari”, è, infine, l’appello lanciato a fine giornata, ieri, dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, rivolto sia agli Stati Uniti che ai ribelli yemeniti.
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