Alla Filmoteca vaticana, "Mario Verdone, il critico viaggiatore"
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
Una curiosità quasi leggendaria, un eclettismo intelligente e mai dispersivo hanno caratterizzato il profilo intellettuale di Mario Verdone. Le molte sfaccettature della sua personalità sono al centro di un evento organizzato dalla Fondazione ente dello spettacolo, presieduta da monsignor Davide Milani, direttore della Rivista del Cinematografo, che dichiara: "Mario Verdone è stata una figura di spicco, capace di lasciare un segno persistente e caratteristico nel campo dello studio delle arti visive, in particolare del cinema e della sua critica". L'appuntamento è introdotto da don Milani e da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione. Interviene il critico cinematografico Federico Pontiggia.
Il documentario
All'incontro sono presenti anche i tre figli di Mario: Carlo, Silvia e Luca. Quest'ultimo è autore di un documentario, Mario Verdone, il critico viaggiatore, in grado di raccontare con sguardo delicato e attento un uomo e un intellettuale, che è stato prima di tutto un educatore: "Pensando al progetto di realizzare un ritratto di mio padre, mi sono posto il problema dell'eterogeneità dei suoi interessi, della sua apertura verso prospettive contemporanee avanguardistiche. Non frequentava solo cineasti, ma anche grandi artisti come Scialoja, Sadun, Stradone". Nella pellicola è lo stesso Luca a condurre lo spettatore nella vita di Mario: la formazione a Siena, dove è stato partigiano e dove si è formato, vivendo un forte legame con il territorio, in particolare la contrada della Selva, la passione per il cinema, cui ha dato apporti decisivi, non ultima la prima cattedra di Storia e critica del film riconosciuta dall'ordinamento universitario italiano, l'amore per il Futurismo e per il circo, i viaggi. Un coro di voci si leva insieme a quelle dei tre figli riuniti a Cantalupo, in Sabina, dove si trova l'archivio fotografico di Mario. Vediamo sfilare molti volti a lui vicini: il genero, figlio d'arte, Christian De Sica, il sociologo Franco Ferrarotti, il poeta Elio Pecora. Ricordi d'infanzia, filmati d'epoca e interviste collaborano alla definizione di un ritratto nitido e asciutto.
L'attività critica
Fu anche grazie a Mario Verdone se, dopo una sua presentazione a Parigi, un film come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica ebbe fama internazionale e conquistò l'Oscar: "Quella è stata una sua grande iniziativa", commenta Luca. Come critico collaborò, tra l'altro, con La rivista del Cinematografo, per la quale scrisse per vent'anni, e con Bianco e Nero. Nei suoi scritti diede spazio e dignità al cinema per i più piccoli, convinto che la settima arte dovesse entrare nelle scuole e fosse un formidabile strumento di crescita. Spiega Luca: "Nella sua critica cinematografica e non solo si preoccupava di avere uno sguardo sincretico su tutte le forme d'arte. La sua grande cultura non era ad uso personale, ma doveva essere condivisa con il massimo rispetto delle persone che avvicinava. Era un uomo molto attento all'umanità".
Quel dispiacere legato a "La dolce vita"
Nel 1960 Mario Verdone scrisse una critica positiva al film di Fellini La dolce vita su Il Quotidiano, giornale dell'Azione cattolica: "si tratta di un'opera nuova e moderna, che si affianca ai pochi veri capolavori della storia del cinema". Allora l'opera era però considerata scandalosa in certi ambienti cattolici e lui fu addirittura licenziato. "La vicenda della dolce vita fu un dispiacere per lui", afferma Luca.
Per un cinema cristiano
Come ha ricordato monsignor Davide Milani su L'Osservatore romano, Verdone ha avuto attenzione anche verso il cinema religioso. Don Milani ha riportato un passaggio di un'analisi, Per un cinema realista, cristiano apparsa nel novembre 1947 su La rivista del cinematografo: “Il cinema cristiano non si deve identificare con sacre rappresentazioni cinematografiche o vite di santi che si fondano su preesistenti e inconfutabili verità. Il film cristiano deve potersi rivolgere a tutti, anche senza simboli religiosi e costumi sacerdotali, alla stessa insaputa degli spettatori. Deve descrivere la vita di tutti; ma più propriamente quella di coloro che sono lontani dalla Chiesa e credono di poterci rimanere per sempre, e da ciò trarre il proprio significato".
Un padre esemplare
Racconta Luca, soffermandosi sulla dimensione umana di Mario: "Era un padre esemplare, perché non educava dalla cattedra, ma con la vita. Ci portava con sé nei suoi viaggi a condividere esperienze culturali. Era un compagno di giochi, di dialoghi, di letture. Era un uomo molto aperto verso il prossimo".
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