Le forme del tempo, la mostra del designer David Dolcini
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
Il silenzio della materia, la perfezione delle geometrie, unita al calore del legno, fanno degli oggetti di David Dolcini un percorso, Le forme del tempo, dentro i misteri dell'armonia. Il curatore della mostra, Marco Sammicheli, che tra l'altro è direttore del settore design, moda e artigianato di Triennale Milano e del Museo del design italiano, chiarisce ai nostri microfoni che quello raccontato da David Dolcini nella Chiesa di Sant'Agostino a Piacenza, sede di Volumnia, è "un tempo umano, che si pone come antidoto alla frenesia, non solo della vita quotidiana ma anche della vita produttiva e creativa dei designer". "Dolcini è un progettista che lavora per grandi e importanti aziende del made in italy, ma da tempo si cimenta in una sorta di palestra, dove le forme che elabora non hanno un'immediata spinta verso una soluzione, un esito o un risultato, ma sono delle continue sperimentazioni. In questo il tempo è un balsamo che forgia e definisce le geometrie".
La matematica delle forme
Le creazioni di Dolcini sono pensieri plastici che il designer raggruppa in famiglie - gli innesti, le sovrapposizioni, i tralci, i conversi - guidando l'osservatore tra la monumentalità degli spazi della galleria e portandolo all'essenza delle cose. La mostra è, in realtà, il secondo atto della riflessione di Dolcini sulla forma e sul tempo. Già nel dicembre 2024, infatti, vi era stata un'installazione sul sagrato della chiesa, per stabilire una prima relazione con la cittadinanza. In questo secondo momento il visitatore entra nel vivo della ricerca del progettista, nel suo rapporto con l'armonia. "In Dolcini - spiega Sammicheli - c'è un'attenzione alla matematica delle forme tipica della natura. Tutto ciò che ci appare così spontaneo è in verità normato da regole che sviluppano le armonie di quello che vediamo. Anche ciò che sembra organico ha alla base un rigore geometrico".
Lo sguardo sulla natura
Nella dimensione materica degli oggetti di Dolcini, il cui elemento d'elezione è il legno, c'è un evidente richiamo alla natura: "David Dolcini frequenta boschi, campi, la sua famiglia è legata anche al mondo dell'agricoltura", precisa Sammicheli. La curiosità per il mondo degli innesti, che lui porta nel design, viene dalla consuetudine con questa realtà. "In più - aggiunge il curatore - c'è in lui un grande rispetto per la longevità, l'idea che qualcosa debba durare nel tempo, trascendere le vanità delle cose e resistere, perché il rispetto dell'ambiente e del creato si debba evincere anche da oggetti che mettiamo in casa e devono aiutarci a focalizzare temi importanti". Una visione consonante con l'attenzione che Papa Francesco ha espresso in moltissimi interventi, prime fra tutti l'enciclica Laudato si' e l'esortazione apostolica postsinodale Querida Amazonia.
Pensare con le mani
La materia e il processo artigianale della creazione ci portano indietro nel tempo, ma c'è anche una dimensione trascendente negli oggetti di Dolcini. "Enzo Mari, un grande maestro del design italiano - afferma Sammicheli - diceva che si può pensare con le mani. Io credo che David Dolcini appartenga a questa tradizione e che, pur con un atteggiamento laico, ci sia in lui il desiderio di accompagnare, nel rispetto del silenzio, l'essere umano con oggetti che, a mio avviso, aiutano tantissimo a pregare". Secondo il curatore, il viaggio tra le opere del progettista, negli spazi della chiesa di Sant'Agostino, aiuta l'osservatore a percepire l'alterità, che si trova spesso in una dimensione verticale. L'attenzione all'altro è testimoniata anche da un impegno attivo del designer in progetti di volontariato legati all'etica del lavoro e alla gioia della creatività.
La montagna e il divino
Dolcini ama la montagna, i boschi, azioni antiche e immortali come il camminare nel silenzio e nella contemplazione in luoghi solitari, dove pure non ci si sente mai soli. "È un luogo di ispirazione e di guida e spesso anche un rifugio. Credo che alcuni degli oggetti presentati da Dolcini nella galleria Volumnia - conclude Sammicheli - siano stati assorbiti dalla frequentazione della montagna. Come curatore, ho visto in questi oggetti una grande tensione a offrire un'idea di relazione con il divino".
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