In Italia oltre 600 mila imprenditori migranti, diffusi i dati del rapporto Idos
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Negli ultimi dieci anni, mentre il numero complessivo di imprese italiane è diminuito dell'1,7%, le aziende guidate da imprenditori nati all'estero sono aumentate del 32,7%, superando quota 659mila nel 2023 e rappresentando oltre l'11% del totale. E' quanto emerge dal Rapporto "Immigrazione e Imprenditoria 2024", realizzato dal Centro studi e ricerche Idos in collaborazione con Cna, presentato stamane a Roma.
Un salto di qualità
Le imprese individuali restano prevalenti (482.918, pari al 73% del totale), ma il vero cambiamento sta nella crescita esponenziale delle società di capitale, quasi triplicate in dieci anni (+160%). A fronte di un calo generalizzato delle imprese giovanili, quelle a conduzione immigrata dimostrano una maggiore resilienza, mantenendo una quota del 19% sul totale. Un segnale chiaro del ruolo sempre più rilevante della nuova generazione di imprenditori stranieri nel tessuto economico nazionale. “Abbiamo scoperto – fa notare Antonio Ricci, vicepresidente di Idos – che è una foresta di piccole imprese, ma negli ultimi dieci anni le società di capitale, a prevalenza di soci stranieri immigrati sono addirittura triplicate. Questi imprenditori sono stati capaci di fare quel grande salto di qualità strutturandosi da ditta individuale a una vera e propria realtà aziendale”.
Stranieri sempre più specializzati
Pur restando fortemente radicati nei settori tradizionali, come commercio ed edilizia - segnala il Rapporto - gli imprenditori immigrati stanno progressivamente investendo in ambiti più dinamici e in crescita, contribuendo alla vitalità economica del Paese. In particolare, alloggio e ristorazione e servizi alla persona (+101,6%), ma anche settori più specializzati, come le attività professionali, scientifiche e tecniche (+56,0%), hanno visto un ingresso di immigrati con maggiore qualificazione. Infine, anche la sanità e l'assistenza sociale risultano in espansione (+77,6%).
Scardinare i pregiudizi
Dal punto di vista territoriale, le imprese immigrate si diffondono in tutto il Paese, con una crescita marcata anche nelle aree meno dinamiche. Il Nord rimane il principale polo attrattivo, con Lombardia, Emilia Romagna e Veneto in testa. Tuttavia, anche il Sud registra aumenti significativi, in particolare Campania (+72,8%) e Puglia (+33,8%). Le grandi citta' come Roma e Milano restano i centri nevralgici dell'imprenditoria immigrata, ma la crescita di Napoli e Caserta conferma una tendenza di espansione su scala nazionale. “E’ un segnale molto forte - spiega Luca Di Sciullo, presidente del Centro studi Idos parlando con i media vaticani - soprattutto perché svela una serie di pregiudizi e di contraddizioni che appartengono alla visione che soggiace al nostro modo di guardare all'immigrazione in Italia.”
Il ruolo delle donne
Negli ultimi dieci anni, mentre il numero complessivo di imprese femminili in Italia è diminuito del 7,3%, quelle guidate da donne nate all'estero sono aumentate del 37,8%, raggiungendo quota 162.245 nel 2023. Non sono solo lavoratrici, ma vere e proprie "creatrici di valore, capaci di rafforzare il tessuto economico e sociale", sottolinea Di Sciullo. Le imprenditrici immigrate non si limitano a creare occupazione, ma introducono nuovi modelli di business e contribuiscono alla diversificazione economica. Un caso emblematico è quello delle imprenditrici ucraine, il cui numero di imprese è aumentato di oltre il 60% tra il 2013 e il 2023. Un dato che dimostra come "anche le emergenze migratorie – si legge nel rapporto - possano trasformarsi in opportunità imprenditoriali, alimentando nuove dinamiche di crescita e integrazione". “Questo vitalismo degli imprenditori stranieri – conclude Luca di Sciullo - esige che si pianifichi che si concepisca anche un protagonismo molto più spiccato e attivo nella creazione di ricchezza nella creazione di benessere collettivo”.
Crescita economica e inclusione
A livello territoriale, il Nord Italia si conferma il principale polo di sviluppo, con la Lombardia in testa (+47,7%), seguita da Emilia-Romagna (+46,4%) e Piemonte (+41,8%). Ma anche il Sud registra dinamiche interessanti: la Campania (+54,1%) conosce una crescita significativa, segno di un fenomeno diffuso e trasversale. “Andrebbe fatto molto di più – auspica Antonio Ricci - per rafforzare il legame con il territorio soprattutto lungo la filiera del made in Italy. Tutto questo chiaramente lo si può leggere sotto due lenti: quello della crescita economica quindi del futuro dello sviluppo nel Paese; e quella della costruzione per il nostro futuro di una società più solida e più inclusiva”.
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