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Etiopia, rifugiate sud sudanesi (Foto: Maheder Haileselassie/Oxfam) Etiopia, rifugiate sud sudanesi (Foto: Maheder Haileselassie/Oxfam)

Oxfam, meno acqua e più fame in Africa Orientale e meridonale

Nella Giornata mondiale dell'acqua, il portavoce dell'organizzazione umanitaria fa il punto sulle emergenze idriche più critiche, in particolare in Etiopia, Kenya, Malawi, Mozambico, Somalia, Sud Sudan, Zambia e Zimbabwe

Beatrice Guarrera - Città del Vaticano

Nel mondo una persona su quattro non ha accesso a fonti d’acqua pulita per bere o lavarsi, a causa dei conflitti o della crisi climatica. Si tratta di circa 2 miliardi bambini, uomini e donne dei Paesi più poveri, che non possono contare su servizi igienico sanitari e nemmeno sulla più basilare quantità d’acqua per sopravvivere. Da questo dato drammatico, alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua che ricorre il 22 marzo, parte la nostra riflessione sulla questione idrica, attraverso lo sguardo di Oxfam, organizzazione con oltre ottant’anni di esperienza in 79 Paesi del mondo, tra le più attive nel portare acqua e servizi igienico sanitari nelle situazioni di emergenza.  

Etipia e Gaza, due crisi emblematiche

In questa direzione va, per esempio, la campagna “Dona acqua, salva una vita”, lanciata il 9 marzo con l’obiettivo di raggiungere «più persone possibili nelle principali crisi umanitarie in questo momento presenti al mondo». Lo spiega Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam sulle crisi umanitarie: «Il focus quest’anno vuole essere dato ad Etiopia e a Gaza che presentano due crisi emblematiche sia per quanto riguarda le due principali cause e sia per i nostri principali interventi». A Gaza, le persone ridotte allo stremo dopo un anno e mezzo di guerra, «vivono con circa 6 litri al giorno di acqua che equivale a meno di uno sciacquone del nostro water o a meno di un minuto di doccia — continua Pezzati —. E con questa quantità, in teoria, si dovrebbe cucinare, bere, lavarsi, lavare i propri vestiti. È evidente che questo è impossibile. Le persone devono fare delle gravose rinunce per poter sopravvivere».

Ascolta l'intervista con Paolo Pezzati

L'impatto della siccità

 I conflitti in corso ma anche gli effetti del cambiamento climatico stanno avendo delle conseguenze preoccupanti. Si calcola, infatti, che entro il 2050 tre persone su quattro dovranno affrontare l’impatto della siccità e questo già avviene quotidianamente in Etiopia. «L’Etiopia  — spiega — è uno dei Paesi al mondo più colpiti dall’alternarsi di inondazioni e siccità. C’è un fenomeno atmosferico che si chiama La Niña che crea degli effetti devastanti in quella parte del mondo. Si protraggono i periodi di siccità che si alternano poi a improvvise e copiose inondazioni. Poiché il periodo di grande siccità secca la terra e la rende cotta (quasi impermeabile all’acqua), poi quando al periodo di siccità segue il periodo delle inondazioni, queste acque non riescono a a confluire nelle falde acquifere e andare in profondità, ma rimangono in superficie e portano via abitazioni, strutture chiave per la sopravvivenza delle persone». Il risultato di tutto questo è che «oltre la metà della popolazione in Etiopia, ovvero 60 milioni di persone, non ha accesso all’acqua potabile —  denuncia Pezzati — e moltissime persone fanno fatica inoltre ad avere una dieta soddisfacente». 

Interventi per l'accesso all'acqua

L’Etiopia ancora oggi è un Paese ferito da tanti fattori: guerra civile, aumento della migrazione interna, conflitti per le risorse. «L’Etiopia - prosegue il portavoce di Oxfam sulle crisi umanitarie - è un punto di raccolta per i rifugiati di tutta la regione orientale del Corno d’Africa e noi gestiamo dei campi profughi nella parte occidentale del Paese, dove vengono ospitati circa 380.000 rifugiati, essenzialmente del Sud Sudan, ma anche dalla Somalia, dall’Eritrea», sostiene Pezzati. L’intervento dell’organizzazione umanitaria consiste nel cercare di garantire l’acqua attraverso la costruzione dei sistemi idrici e viene poi portata avanti anche la costruzione dei sistemi di smaltimento delle acque e della gestione dei rifiuti, senza dimenticare l’attività di formazione agli stessi rifugiati che gestiscono la comunità. Ciò ha migliorato molto la vita delle persone perché ha permesso loro di avere «accesso diretto all’acqua pulita e a servizi igienico-sanitari che sono la chiave per prevenire le epidemie». 

Kenya, i campi essicati da cui dipende la vita di Diyaara e della sua famiglia (Foto: Khadija Farah/Oxfam)
Kenya, i campi essicati da cui dipende la vita di Diyaara e della sua famiglia (Foto: Khadija Farah/Oxfam)

Il rapporto sull'Africa orientale e meridionale

C’è ancora tanto da fare, però, in uno scenario come quello dell’Africa orientale e meridionale, dove oltre 116 milioni di persone sono senz’acqua. In quest’area eventi estremi come siccità, cicloni e inondazioni esauriscono o contaminano le riserve idriche, mettendo a rischio agricoltura, pesca e allevamento, settori vitali per la sopravvivenza. Lo rivela l’ultimo rapporto di Oxfam, diffuso ieri, in cui si prende in esame il nesso tra la scarsità d’acqua e l’aumento della fame in otto degli stati africani più colpiti dalla crisi idrica: Etiopia, Kenya, Malawi, Mozambico, Somalia, Sud Sudan, Zambia e Zimbabwe. Secondo il rapporto, negli ultimi cinque anni il numero di persone colpite da malnutrizione acuta è cresciuto dell’80%, passando da quasi 31 milioni nel 2019 a oltre 55 milioni nel 2024. In Etiopia l’insicurezza alimentare è aumentata del 175% dal 2020, con 22 milioni di persone che non sanno come e dove trovare acqua e cibo per sopravvivere; in Kenya, tra il 1980 e il 2020, oltre 136.000 chilometri quadrati di terreno sono diventati più aridi, decimando colture e bestiame; in Somalia, la mancanza di precipitazioni stagionali sta aggravando la fame estrema, sofferta dal 24% della sua popolazione. Negli otto Paesi presi in esame, si calcola che il 91% dei piccoli agricoltori dipenda quasi interamente dall’acqua piovana per bere e coltivare. Allo stesso tempo sono incalcolabili i danni prodotti da fenomeni naturali anomali, come le alluvioni improvvise che tra il 2000 e il 2022 sono diventate 20 volte più frequenti, mentre la durata della siccità è aumentata del 29%.

Al fianco di chi aiuta

«Gli effetti del cambiamento climatico si vedono anche in Iraq e in Siria — spiega Pezzati — dove purtroppo hanno portato a una deprivazione delle falde acquifere.  Interi torrenti, interi fiumi si sono asciugati» provocando anche danni a catene di produzione del cibo. Da lì la possibilità che si inneschino tensioni regionali derivanti da questi fattori è alta.  «In questo contesto è fondamentale stare a fianco delle organizzazioni che lavorano in queste regioni e attraverso il lavoro di queste organizzazioni sostenere la vita e la speranza di milioni di persone — conclude Pezzati —. Nel nostro caso abbiamo appunto promosso questa campagna che si chiama ““Dona acqua, salva una vita” e sostenerci è facilissimo, donando 2 euro con un sms, 5 o 10 euro  con una chiamata da telefono fisso al 45593». 

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