Trump e Zelensky pronti a un nuovo incontro
Guglielmo Gallone - Città del Vaticano
"Ho ricevuto oggi dal presidente dell’Ucraina, Zelensky, una lettera in cui dice che l’Ucraina è pronta a venire al tavolo dei negoziati prima possibile per una pace duratura": con queste parole, pronunciate ieri durante il discorso alla nazione, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’ultimo sviluppo sui negoziati per porre fine al conflitto che, da oltre tre anni, imperversa nel cuore dell’Europa. "Nessuno vuole la pace più degli ucraini e sono pronto a lavorare con la forte leadership del presidente Trump per aiutare l’Ucraina a mantenere l’indipendenza", ha aggiunto il presidente citando Zelensky.
La crisi sembra alle spalle
E anche se stamane il portavoce del presidente ucraino, Serhiy Nikiforov, ha precisato che le parole di Zelensky citate da Trump non sono contenute in una lettera ma tratte da un post su un social network, sembra sbloccarsi l’impasse tra i due capi di Stato scoppiata lo scorso venerdì nello Studio Ovale. Uno scontro al quale ieri era seguita la decisione americana di interrompere gli aiuti militari a Kyiv, creando preoccupazioni non solo per l’importanza degli aiuti militari ma anche per i sistemi di intelligence, di comunicazione satellitare come Starlink.
Perché Zelensky apre agli Usa
A convincere il presidente ucraino dell’urgenza di scendere a trattative potrebbero essere stati due fattori. Il primo: le reazioni, piuttosto frammentate, all’annuncio del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che, ieri, ha lanciato un piano di riarmo dei 27 dal valore di almeno 800 miliardi di euro, di cui una parte sarà destinata proprio alla resistenza ucraina. Se in un primo momento sperava di poter sostituire gli aiuti statunitensi con quelli europei, Kyiv ha presto capito che la qualità e l’efficacia di quel supporto è difficilmente sostituibile in poco tempo, specie da parte di un’Unione europea che stenta a trovare coesione e coordinamento interno. Senza supporto americano, l’unica alternativa al negoziato sarebbe dunque la sconfitta del Paese.
La situazione sul terreno
Anche perché, ed è questo il secondo fattore che potrebbe aver spinto Zelensky alla trattativa, la guerra sul terreno va avanti: nella notte la Russia ha lanciato, tra le regioni di Kharkhiv, Poltava, Sumy, Chernihiv, Kyiv, Odessa e Donetsk, 4 missili — di cui tre balistici Iskander-M/KN-23 e uno antiaereo S-300 — e 181 droni — inclusi i kamikaze Shahed. Mentre il numero due del consiglio di Sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha dichiarato che l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe del Cremlino "continua" e Mosca intende "infliggere al nemico il massimo della sconfitta sul terreno", Zelensky vuole coinvolgere tutte le parti interessate per trovare una soluzione: "Potremmo iniziare dal rilascio dei prigionieri e dal cessate-il-fuoco contro fonti di energia e infrastrutture civili" ma "la Russia deve fare lo stesso e l’Unione europea dev’essere al tavolo con noi". Secondo Zelensky, "è tempo di sistemare le cose". Anche con gli Usa, con cui la presidenza ucraina ha in programma di firmare l’accordo sui minerali che era saltato dopo l’incontro di venerdì.
La reazione russa
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, giudica "positivamente" la disponibilità di Zelensky ai negoziati, ma ha aggiunto che "la questione è con chi sedersi" e "per ora il divieto legale del presidente ucraino di tenere negoziati con la parte russa rimane in vigore". A proposito dei negoziati, Peskov ha detto di apprezzare la disponibilità del presidente della Belarus, Alexander Lukashenko: per la Russia Minsk "è il posto migliore" perché "è il nostro principale alleato".
Il ruolo di Francia e Regno Unito
Nel frattempo l’Eliseo ha smentito le dichiarazioni rilasciate in precedenza dalla portavoce del governo Sophie Primas, secondo cui una visita del presidente francese negli Stati Uniti era in "fase di valutazione". "Non è previsto un viaggio a Washington di Emmanuel Macron con il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky e il primo ministro britannico Keir Starmer", si legge nella nota dell’Eliseo. Macron parlerà invece alle 20 alla nazione perché "in questo momento di grande incertezza, il mondo si trova ad affrontare le sue sfide più grandi".
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