Turchia, monta la protesta per l'arresto del sindaco di Istanbul
Valerio Palombaro - Città del Vaticano
Le piazze turche gremite di sostenitori dell’opposizione mettono a nudo le spaccature esistenti nel Paese. Da una parte il fronte fedele al partito per la Giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente dal 2014, Recep Tayyip Erdoğan; dall’altra l’opposizione che appare ricompattata dall’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu.
İmamoğlu trionfa alle primarie del Chp
Il sindaco di Istanbul — formalmente accusato di “corruzione” e in custodia cautelare nel carcere di massima sicurezza di Marmara — trionfa nelle piazze e nelle primarie del Partito popolare repubblicano (Chp). Quasi 15 milioni di voti lo rendono il candidato alle presidenziali 2028 per il Chp, principale partito dell’opposizione di centro-sinistra, erede del kemalismo, e seconda maggiore forza parlamentare ad Ankara. İmamoğlu, colui nel 2019 ha scalzato l'Akp dalla guida di Istanbul dopo 25 anni, punta a sfidare il potere di Erdoğan alle prossime elezioni: "Non mi piegherò mai", ha assicurato ieri dal carcere.
Un arresto con tempistiche precise
«In Turchia c’è una grandissima polarizzazione “congenita”, ma 15 milioni di persone rappresentano un fronte netto contro Erdoğan », dichiara ai media vaticani Valeria Giannotta, direttrice scientifica dell’Osservatorio Turchia del CeSPI e docente universitaria a Istanbul, Gaziantep e Ankara. L’arresto di İmamoğlu avviene con tempistiche ben precise: il «momento storico» spinge a dire che Erdoğan «ha approfittato del favore che si stava consolidando con l’Ue e, a livello globale, di un’amministrazione negli Usa che non bada molto alla componente democratica per intessere relazioni» per arrestare İmamoğlu subito prima delle primarie.
L'opposizione riunita contro l'Akp
«L’arresto di İmamoğlu — prosegue Giannotta — ha paradossalmente prodotto il risultato di unire il Chp, partito da sempre caratterizzato da divisioni settarie, oltre che in generale il fronte anti Erdoğan». Ora ci si aspetta un’ulteriore repressione del dissenso. Le televisioni pubbliche hanno già ricevuto l’ordine di non mandare in onda i video delle proteste di piazza e nelle scorse ore almeno dieci giornalisti turchi che lavorano per testate internazionali sono stati arrestati. «In un sistema presidenziale, come quello disegnato in Turchia con le modifiche costituzionali del 2018, c’è un fragilissimo equilibrio tra i poteri e ciò rafforza i dubbi sulla genuinità di tali manovre perché la presidenza è in una posizione dominante», osserva l’analista italiana che vive da anni in Turchia.
Le ambizioni di Erdoğan
Uno scenario possibile, nel medio periodo, sembra essere quello delle elezioni anticipate. «Nell’agenda non dichiarata di Erdoğan l’obiettivo sarebbero le elezioni anticipate, perché così si allungherebbe il suo attuale mandato — afferma la docente —. Così facendo inoltre punterebbe a compattare il supporto elettorale per avere i numeri parlamentari per emendare la Costituzione: da quest’anno non è un mistero che Erdoğan vuole riscrivere la Carta fondamentale, già modificata più volte, da ultimo nel 2018, ma il cui corpo è ancora quello del colpo di stato militare del 1980». Giannotta evidenzia in tal senso un legame anche con il recente annuncio del leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) Abdullah Öcalan, che dal carcere ha proclamato la fine della lotta armata dopo oltre 40 anni. «Le trattative con i partiti politici per una riforma costituzionale di fatto sono già iniziati — sostiene —. E il partito curdo Dem, terza maggiore forza parlamentare, potrebbe offrire i numeri necessari a questa riforma». Ma queste “ambizioni” sembrano ora relegate al medio-lungo periodo. Le piazze piene di sostenitori dell’opposizione e la crisi economica che vede la lira turca ai minimi storici sul dollaro fanno da contrappeso alla congiuntura storica che vede Ankara forte e riabilitata nei consessi internazionali. «Anche le elezioni anticipate oggi appaiono una mossa suicidaria per l’Akp», conclude Giannotta, che ricorda l’ascesa del Chp già nelle ultime elezioni locali del 2024, senza però escludere che lo scenario possa ricambiare già tra qualche mese.
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