San Paolo, a Palazzo Venezia esposto per la prima volta un frammento della Porta
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La basilica di San Paolo e quella di San Pietro sono le prime giubilari, fin da quel lontano 23 febbraio del 1300, quando Papa Bonifacio VIII indisse il primo Anno Santo nella bolla che prometteva un perdono totale a quei pellegrini che a Roma si fossero recati sulle tombe dei due apostoli. Giubileo e Porta Santa formano un binomio inscindibile e quindi è particolarmente significativa l’iniziativa del Museo Nazionale di Palazzo Venezia che espone per la prima volta al pubblico, nella Sala Altoviti, un frammento della porta bizantina appartenente alla basilica di San Paolo fuori le Mura.
La direttrice di "Vive - Vittoriano e Palazzo Venezia", Edith Gabrielli, osserva che l’occasione dell'anno giubilare in corso ha reso opportuno iniziare con questo frammento il ciclo di esposizioni “Reintegrazioni. Dai depositi al percorso di visita”, anche per offrire al visitatore un’idea complessiva della sua collocazione originaria e quindi invitare ad andare a San Paolo “per completare questo circuito di conoscenza”. L’evento inaugura un ciclo di esposizioni che rappresenterà nel tempo i passi compiuti dal grande progetto di catalogazione sistematica delle collezioni dell’Istituto, ideato e diretto dalla stessa direttrice.
Testimone di un disastro
La Porta di San Paolo fuori le mura è databile al 1070, grazie ai molti strumenti che “permettono di collocarla molto bene nel tempo e nello spazio”, puntualizza Edith Gabrielli, aggiungendo che si conoscono anche i nomi dei due artefici, Theodoros e Staurakios, grazie alle iscrizioni. La porta è stata coinvolta dal famoso incendio del 1823 che distrusse la Basilica di San Paolo e "il frammento è testimone del gravissimo evento”, chiosa la direttrice di Vive. Si tratta di parte di una delle formelle con la scena che rappresenta la Pentecoste. Misura 22,9 x 12 cm. Si possono distinguere i busti e i volti di due apostoli e la sommità della testa di un terzo, tutti circondati da aureola, e le lingue di fuoco che piovono a raggiera. Inoltre è leggibile la parte finale dell’iscrizione, che è stata integrata, [H Πεντη]kocth, Pentecoste. La piastra era fissata con le altre a un supporto di legno ed era in oricalco, ovvero una lega a base di rame, zinco e piombo. Era decorata ad agemina in argento. L’azione del fuoco ha lasciato evidenti resti di bruciature e l’ha ossidata, così da farle perdere il suo luminoso colore dorato.
“Il pezzo ha una storia collezionistica complicata” osserva la direttrice. Infatti, fu acquisito dalle collezioni del Museo Kircheriano, poi trasferito al Museo di Castel Sant’Angelo e nel 1916 nel grande museo di Stato di Palazzo Venezia, nato in seguito alla rivendicazione dell’Italia all’Austria che aveva lì la sede dell’ambasciata, poi soppressa.
La Porta Santa della basilica di San Paolo
La porta, a due battenti, è costituita da 54 formelle con scene dei cicli cristologico, apostolico e profetico, probabilmente ispirate dall’arcidiacono Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII (1073-85), ed è di grandi dimensioni, 5 x 3,42 m. Fu commissionata dal console amalfitano Pantaleone de Comite Maurone come voto di “remissione dei suoi peccati” e importata da Costantinopoli. Chiudeva originariamente l’ingresso centrale della basilica medievale ma nel 1967 è stata spostata e rimontata sulla controfacciata della Porta Santa. Mancano alcuni frammenti che sono andati dispersi mentre, oltre a quello del Museo di Palazzo Venezia, ve n’è uno raffigurante il profeta Abacuc che è oggi si trova a Parigi, presso il Gabinetto delle Medaglie della Bibliothèque nationale de France.
Creare una piazza comune di conoscenza
L'esposizione del frammento è il punto di avvio di un progetto molto più ampio di singoli pezzi delle collezioni che sono stati letteralmente riscoperti grazie al lavoro di catalogazione. Catalogare è un termine tecnico che forse al grande pubblico non dice molto, ma per chi si occupa di beni culturali riveste un significato ben preciso: "significa conoscere un'opera d'arte e quindi essere in grado di conservarla nel modo migliore e di valorizzarla. È lo strumento principe della tutela e della valorizzazione", spiega Edith Gabrielli. In questo progetto sono coinvolti oltre ottanta studiosi dei principali istituti di ricerca italiani e stranieri, "ma il patrimonio deve essere di tutti, non solo degli specialisti e per questo il catalogo è stato messo online, consultabile sul sito di Vive, con l'obiettivo di essere rivolto agli altri studiosi che possono, consultandolo, conoscere le nuove attribuzioni e le nuove datazioni e dare anche il loro contributo. Allo stesso tempo però, "il catalogo online permette di parlare al grande pubblico, a chi vuole preparare la propria visita e vuole conoscere in anticipo quello che può trovare e anche a chi magari non ha la possibilità di venire fisicamente nel Museo ma vuole comunque conoscere il patrimonio custodito nei due edifici", spiega ancora la studiosa.
Immagini fruibili
Il catalogo è corredato da foto e disegni, frutto di una campagna fotografica ad hoc di oltre 2200 nuovi scatti che sono stati realizzati con l'obiettivo di presentare le opere anche da tutti i punti di vista. Quindi sarà possibile avere non solo una semplice veduta di prospetto, ma più vedute nel caso della scultura e del retro nel caso dei dipinti.
Un programma serrato
Il periodo di avvio della mostra “Reintegrazioni” è partito dal medioevo, periodo fondamentale per Roma tanto che nell'avviare le "mostre - dossier" del Vittoriano la direttrice ha scelto la cosiddetta lunetta della nicchia dei Palli, che proviene dalla confessio di San Pietro, per sottolineare una fase fondamentale nella storia di Roma e dell'umanità. "Reintegrazioni" nei prossimi mesi passerà al Quattrocento per poi risalire nel tempo e arrivare al Novecento. La placchetta con la Pentecoste sarà visitabile fino al 24 marzo, poi toccherà alla medaglia di Filarete raffigurante Faustina Maggiore e il suo patto nuziale con l’imperatore Antonino Pio, alla Madonna della Noce di Saturnino Gatti, al modello della Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini a piazza Navona fino al cosiddetto Scudo di Giuseppe Garibaldi di Antonio Ximenes.
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