Il Papa: il ministero è un dono, non una funzione o un patto di lavoro
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Il ministero ordinato è un dono del Signore, “che ci ha guardati e ci ha detto ‘Seguimi’”, prima che un servizio, e non certo “una funzione” o “un patto di lavoro”. Papa Francesco ha davanti a sé molti vescovi e sacerdoti, che concelebrano nella Messa del mattino a Casa Santa Marta, e nell’omelia ricorda anche chi festeggia il 25esimo dell’ordinazione e il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona, che è sulla soglia degli 80 anni. Invita tutti, e anche sé stesso, a riflettere sulla prima Lettera di san Paolo a Timoteo, proposta dalla liturgia, centrandola sulla parola “dono”, sul ministero come dono da contemplare, seguendo il consiglio di Paolo al giovane discepolo: “Non trascurare il dono che è in te”.
Non è un patto di lavoro: “Io devo fare”, il fare è in secondo piano; io devo ricevere il dono e custodirlo come dono e da lì scaturisce tutto, nella contemplazione del dono. Quando noi dimentichiamo questo, ci appropriamo del dono e lo trasformiamo in funzione, si perde il cuore del ministero, si perde lo sguardo di Gesù che ha guardato tutti noi e ci ha detto: “Seguimi”, si perde la gratuità.
Il rischio di centrare il ministero in noi stessi
Il Papa mette quindi in guardia da un rischio:
Da questa mancanza di contemplazione del dono, del ministero come dono, scaturiscono tutte quelle deviazioni che noi conosciamo, dalle più brutte, che sono terribili, a quelle più quotidiane, che ci fanno centrare il nostro ministero in noi stessi e non nella gratitudine del dono e nell’amore verso Colui che ci ha dato il dono, il dono del ministero.
E' importante fare, ma prima contemplare e custodire
Un dono, ricorda Francesco citando l’apostolo Paolo “conferito mediante una parola profetica con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri” e che vale per i vescovi ma anche “per tutti i sacerdoti”. Papa Francesco sottolinea quindi “l’importanza della contemplazione del ministero come dono e non come funzione”. Facciamo quello che possiamo, chiarisce, con buona volontà, intelligenza, “anche con furbizia”, ma sempre per custodire questo dono.
Il fariseo che dimentica i doni di cortesia e accoglienza
Dimenticare la centralità di un dono, aggiunge il Papa, è una cosa umana, e porta l’esempio del fariseo che nel Vangelo di Luca ospita Gesù nella sua casa, trascurando “tante regole di accoglienza”, trascurando i doni. Gesù glielo fa notare, indicano la donna che dona tutto quello che l’ospite ha dimenticato: l’acqua per i piedi, il bacio di accoglienza e l’unzione del capo con l’olio.
C’è quest’uomo che era buono, un fariseo buono ma aveva dimenticato il dono della cortesia, il dono della convivenza, che pure è un dono. Sempre si dimenticano i doni quando c’è qualche interesse dietro, quando io voglio fare questo, fare, fare … Sì, dobbiamo, i sacerdoti, tutti noi dobbiamo fare cose e il primo compito è annunciare il Vangelo, ma occorre custodire il centro, la fonte, da dove scaturisce questa missione, che è proprio il dono che abbiamo ricevuto gratuitamente dal Signore.
Il Signore ci aiuti a non diventare ministri imprenditori
La preghiera finale di Francesco al Signore è perché “ci aiuti a custodire il dono, a vedere il nostro ministero primariamente come un dono, poi un servizio”, per non rovinarlo “e non diventare ministri imprenditori, faccendieri”, e tante cose che allontanano dalla contemplazione del dono e dal Signore, “che ci ha dato il dono del ministero”. Una grazia che il Pontefice chiede per tutti, ma specialmente per coloro che festeggiano il 25.mo anniversario di ordinazione.
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