Nuova giornata del Papa in Bangladesh
Di Cecilia Seppia
Un altro fuori programma di questo viaggio apostolico è arrivato al termine dell’incontro interreligioso ed ecumenico presso l’Arcivescovado di Dhaka quando il Papa ha chiamato intorno a sé un gruppo di profughi Rohingya fuggiti dal Myanmar. Parlando a braccio Francesco ha ricordato la grande tragedia che vivono questi fratelli e sorelle e ha chiesto perdono per il male loro arrecato e per l’indifferenza cieca del mondo. Continuiamo ad aiutarli e a muoverci perché siano riconosciuti i loro diritti è stato il suo monito mentre ha affermato con dolore che “la presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya”.
Ai leader religiosi poco prima l’invito a vivere nel rispetto delle reciproche differenze, cooperando al bene comune. La cooperazione tra i credenti – ha spiegato infatti Bergoglio - è il cuore pulsante di una cultura di armonia e di pace: “Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili!”.
Questa quinta giornata di Francesco in terra asiatica è iniziata con la messa nel Suhrawardy Udyan Park di Dhaka davanti a 100 mila persone durante la quale il Papa ha ordinato 16 nuovi sacerdoti, regalando una festa alla piccola ma vivace Chiesa del Bangladesh, 31 anni dopo le ultime ordinazioni sacerdotali fatte da Giovanni Paolo II. Ai presbiteri l’invito a seguire sempre l’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito ma per servire; mentre ai fedeli presenti la raccomandazione a sostenere con generosità e soprattutto con la preghiera il loro difficile ministero.
Terminata la messa il Pontefice ha avuto un colloquio con il Primo Ministro del Paese la signora Shekh Hasina, ha visitato la cattedrale di Dhaka sostando in preghiera nella Cappella del Santissimo. Altro incontro importante avvenuto nel pomeriggio quello con i vescovi del Paese ai quali il Papa ha chiesto di unirsi contro il terrorismo, pronunciandosi pubblicamente ad una sola voce per rifiutare la violenza ammantata di religiosità e sostituendo la cultura del conflitto con quella dell’incontro. La Chiesa in Bangladesh, fatta anche dai laici, in particolare dai catechisti, ha ribadito, si distingue per zelo missionario, spirito di collegialità e mutuo sostegno: da qui ha riaffermato l’importanza di coltivare l’apostolato verso i poveri e i bisognosi, senza mai dimenticare lo spirito ecumenico.
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