Papa Francesco: Chiamati individualmente ma parte di un gruppo
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Immensa la gioia con cui Papa Francesco è stato accolto nella Cattedrale di Santiago per l’incontro con i sacerdoti, i consacrati e i seminaristi. Un’“alegria”, come si dice in spagnolo, espressa da quel “L’abbiamo aspettata tanto” del cardinale arcivescovo di Santiago, Ricardo Ezzati, nel Saluto d’inizio.
Pietro - Comunità
E’ con il binomio “Pietro - Comunità” declinato secondo tre esperienze fondamentali, che Papa Francesco inizia il suo discorso ai sacerdoti, consacrati e seminaristi: Gioco con questo binomio Pietro-comunità poiché l’esperienza degli apostoli ha sempre questo duplice aspetto, quello personale e quello comunitario. Vanno insieme e non li possiamo separare. Siamo, sì, chiamati individualmente, ma sempre ad esser parte di un gruppo più grande. Non esiste il “selfie vocazionale”. La vocazione esige che la foto te la scatti un altro: che possiamo farci?
Pietro abbattuto - la Comunità abbattuta
Il Papa ricompone la scena, presentata dai Vangeli, in cui i discepoli ancora non sono consapevoli della Resurrezione di Gesù: I discepoli ritornano alla loro terra. Vanno a fare quello che sapevano fare: pescare. Non c’erano tutti, solo alcuni. Divisi? Frammentati? Non lo sappiamo. Quello che ci dice la Scrittura è che quelli che c’erano non hanno pescato niente. Hanno le reti vuote.
Il turbamento per la morte di Gesù
Parallelamente, spiega il Papa, c’è il grande turbamento interiore dei discepoli per “la morte del loro Maestro”: Pietro lo aveva rinnegato, Giuda lo aveva tradito, gli altri erano fuggiti o si erano nascosti. Solo un pugno di donne e il discepolo amato erano rimasti. Sono le ore dello smarrimento e del turbamento nella vita del discepolo.
La zizzania del male
Da qui e citando le parole dell’Arcivescovo di Santiago del Cile, Francesco fa riferimento agli scandali di cui si sono macchiati alcuni presbiteri e si cala nella sofferenza delle vittime, delle loro famiglie e nel dolore di quella parte di comunità ecclesiale sempre fedele: Conosco il dolore che hanno significato i casi di abusi contro minori e seguo con attenzione quanto fate per superare questo grave e doloroso male. Dolore per il danno e la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie, che hanno visto tradita la fiducia che avevano posto nei ministri della Chiesa. Dolore per la sofferenza delle comunità ecclesiali; e dolore anche per voi, fratelli, che oltre alla fatica della dedizione, avete vissuto il danno provocato dal sospetto e dalla messa in discussione, che in alcuni o in molti può aver insinuato il dubbio, la paura e la sfiducia.
Il cambiamento delle società
Lo sguardo del Papa si apre a questo punto anche alla realtà del Cile, ai cambiamenti del Paese e alle sfide di fronte alle quali a volte ci si chiude, incapaci di affrontarle e dimenticando che il Vangelo è un cammino di conversione per tutti: Ci dimentichiamo che la terra promessa sta davanti. Che la promessa è di ieri, ma per domani. E possiamo cadere nella tentazione di chiuderci e isolarci per difendere le nostre posizioni che finiscono per essere nient’altro che bei monologhi. E’ a questo punto che Francesco chiude la prima riflessione con una domanda: Cosa è rimasto di quei discepoli forti, coraggiosi, vivaci, che si sentivano scelti e avevano lasciato tutto per seguire Gesù?
Pietro perdonato - La Comunità perdonata
Il Papa, ripercorrendo la vicenda di Pietro, "il leader" "tanto peccatore quanto gli altri" e che “deluse Colui al quale aveva giurato protezione”, spiega come e perché viene interrogato da Cristo “con una domanda di amore”: Mi ami? Gesù non usa né il rimprovero né la condanna. L’unica cosa che vuole fare è salvare Pietro. Lo vuole salvare dal pericolo di restare rinchiuso nel suo peccato, di restare a ‘masticare’ la desolazione frutto del suo limite.
Fare memoria della misericordia di Dio
Gesù, prosegue Papa Francesco, con quella domanda vuole aiutare l’apostolo a discernere e a trovare quella “risposta realistica” che “lo fa diventare definitivamente suo apostolo”. Citando le Scritture: “Un cosa sola: ci è stata usata misericordia”, l’invito è dunque quello di fare memoria: Siamo inviati con la consapevolezza di essere uomini e donne perdonati. E questa è la fonte della nostra gioia. Siamo consacrati, pastori nello stile di Gesù ferito, morto e risorto. Il consacrato è colui e colei che incontra nelle proprie ferite i segni della Risurrezione; che riesce a vedere nelle ferite del mondo la forza della Risurrezione; che, come Gesù, non va incontro ai fratelli con il rimprovero e la condanna.
Non nascondere le piaghe
Ed è proprio nella consapevolezza di essere piagati che, sottolinea Papa Francesco, “ci si libera dal diventare autoreferenziali, di credersi superiori”: Ci libera da quella tendenza 'prometeica di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato'. “In Gesù - aggiunge - le nostre piaghe sono risorte. Ci rendono solidali; ci aiutano a distruggere i muri che ci imprigionano”. Proseguendo con una frase di San Alberto Hurtado, chiosa concludendo la seconda riflessione: Il Popolo di Dio non aspetta né ha bisogno di supereroi, aspetta pastori, consacrati, che conoscano la compassione, che sappiano tendere una mano, che sappiano fermarsi davanti a chi è caduto e, come Gesù, aiutino ad uscire da quel giro vizioso di “masticare” la desolazione che avvelena l’anima.
Pietro trasfigurato - La Comunità trasfigurata
Conoscere Pietro abbattuto per conoscere Pietro trasfigurato è l’invito a passare dall’essere una Chiesa di abbattuti desolati a una Chiesa servitrice di tanti abbattuti che vivono accanto a noi. Ma perché il Regno di Dio sia presente, prosegue il Papa, è necessario “che il povero, il denudato, il malato, il carcerato, il senzatetto” abbiano “la dignità di sedersi alle nostre tavole, di sentirsi ‘a casa’ tra noi, di sentirsi in famiglia. “Rinnovare la profezia”, dunque, “è rinnovare il nostro impegno a non aspettare un mondo ideale” perché “non si amano le situazioni, né le comunità ideali, si amano le persone”.
Il riconoscimento dei propri errori
Prima di salutare i presenti, Francesco ribadisce come nel riconoscimento dei propri errori e limiti, il Signore rinnovi i cuori e le comunità ecclesiastiche anche quando attraversano tempi oscuri. Tornare alla fonte del Vangelo, aggiunge, è quindi la via maestra per rinascere. Sul modello del Cardinal Raúl Silva Henríquez, e con le parole di una preghiera molto amata, il Papa conclude invitando l’intera assemblea a preparare nel cuore “una specie di testamento spirituale” e a rinnovare il proprio sì a Dio: Vogliamo rinnovare il nostro “sì”, ma in modo realistico, perché basato sullo sguardo di Gesù. Vi invito quando tornate a casa a preparare nel vostro cuore una specie di testamento spirituale, sul modello di quello del Cardinal Raúl Silva Henríquez. Quella bella preghiera che inizia dicendo: ‘La Chiesa che io amo è la Santa Chiesa di tutti i giorni… la tua, la mia, la Santa Chiesa di tutti i giorni…’
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