Visita del Papa al Centro penitenziario femminile di Santiago Visita del Papa al Centro penitenziario femminile di Santiago 

Papa alle detenute di Santiago: generate un domani migliore

Perdono, giustizia, speranza, futuro. Queste le parole che risuonano nel carcere femminile di Santiago durante la visita del Papa che alle detenute chiede di generare un domani migliore, come donne e madri.

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

Benvenuto Padre, “amico dei poveri e della giustizia”, “uomo di bene e di pace”. E’ gioiosa e colma di speranza l’accoglienza del Papa al penitenziario di Santiago intitolato a "San Joaquìn", dove Francesco arriva in macchina dopo il pranzo e qualche ora di riposo, preceduto dalla presidente Michelle Bachelet.

Un’accoglienza colorata e gioiosa

Colori e suoni scandiscono il suo ingresso: ci sono i fiori ad accogliere Francesco, le mamme detenute con i loro bambini e poi i canti che riempiono lo spazio della palestra dove si svolge l’incontro. Centinaia di strisce di carta colorata, opera delle detenute, riempiono il soffitto con incise le parole del Papa sulle donne e sul carcere, mentre sulle pareti appaiono volti e immagini che provengono dalle varie prigioni del Paese.

La vita trionfa sulla morte, il bene sul male

Da qui “testimoniamo la certezza che la vita trionfa sulla morte, il bene sul male, la rettitudine del cuore sull’aridità dell’egoismo”, dice nel suo saluto la responsabile della Pastorale carceraria, suor Nelly Leòn. Davanti al Papa sono più di 600 in rappresentanza dei quasi 50 mila detenuti nelle affollate carceri del Cile. “Siamo privati della libertà, ma non di sogni e speranze”, testimonia commossa Janeth Zurita che al Papa chiede di intercedere per un sistema giudiziario più attento alle mamme detenute e separate dai loro figli. Quindi a Dio eleva l’invocazione di misericordia per i figli innocenti e alla società la richiesta di perdono per le ferite causate dai delitti commessi.

Come madri, date alla luce il futuro e fatelo crescere

Francesco accoglie il grido di queste donne, rilanciain un ampio discorso, la necessità espressa di chiedere perdono che , dice, “ci umanizza” e quindi le incoraggia. ”Molte di voi sono madri”, rimarca Francesco, sapete “cosa significa dare la vita”. "Oggi siete di fronte ad una sfida molto simile: si tratta ancora di generare vita”.

Oggi vi è chiesto di dare alla luce il futuro. Di farlo crescere, di aiutarlo a svilupparsi. Non solo per voi, ma per i vostri figli e per tutta la società. Voi, donne, avete una capacità incredibile di adattarvi alle situazioni e di andare avanti. Vorrei oggi fare appello alla vostra capacità di generare futuro, capacità che vive in ognuna di voi.

Lottate contro chi vuole trasformarvi in cose

Grazie a questa capacità, lottate, ribadisce Francesco, ”contro i determinismi 'cosificatori' che trasformano le persone in cose e che finiscono per uccidere la speranza”:

Nessuno di noi è una cosa: siamo tutti persone, e come persone abbiamo questa dimensione della speranza. Non lasciamoci “cosificare”: non siamo un numero. Io non sono il detenuto numero tale: sono Tizio o Caio, e questo genera speranza, perché questo genera, fa nascere la speranza

La dignità non si tocca, si deve custodire

Essere private della libertà non significa smettere di sognare, né dover perdere la dignità: “ la dignità non si tocca”, afferma Francesco, bisogna invece "custodirla, curarla e accarezzarla". E non credete ai “cliché” e alle “etichette” per le quali nulla può cambiare:

Care sorelle, no! Non è vero che il risultato è sempre lo stesso. Ogni sforzo fatto lottando per un domani migliore – anche se tante volte potrebbe sembrare che cada nel vuoto – darà sempre frutto e vi verrà ricompensato.

Guardate al reinserimento: dovete esigerlo dalla società

I “figli”, che sono "forza", "speranza", "stimolo", prosegue Francesco, vi facciano "guardare avanti” perché è cosi che si costruisce la vita. “Oggi siete private della libertà, ma ciò non vuol dire che questa situazione sia definitiva”, afferma il Papa, e l’obiettivo a cui puntare è il reinserimento nella vita ordinaria della società:

Una pena senza futuro, una condanna senza futuro non è una condanna umana: è una tortura. Ogni pena che una persona si trova a scontare per pagare un debito con la società, deve avere un orizzonte, l’orizzonte del reinserimento, e quindi devo prepararmi per il reinserimento. Questo dovete esigerlo, da voi stesse e dalla società.

La sottolineatura del Papa va quindi alla pena del carcere ridotta molte volte al solo "castigo". La sicurezza pubblica, sottolinea, "non va ridotta solo a misure di maggior controllo ma soprattutto va costruita con misure di prevenzione, col lavoro, l’educazione e più vita comunitaria" . 

Dignità a chi lavora e vive in carcere

L’ultimo pensiero del Papa prima di lasciare il carcere va infine a chi vi lavora per garantire proprio quella dignità così preziosa di cui ha parlato. A volontari, operatori pastorali e gendarmi, dice:

Voi avete un compito delicato e complesso, e per questo auspico che le autorità possano assicurarvi anche le condizioni necessarie per svolgere il vostro lavoro con dignità. Dignità che genera dignità. La dignità si contagia, si contagia più dell’influenza; la dignità si contagia. La dignità genera dignità.

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Il Papa in visita al penitenziario femminile di Santiago
16 gennaio 2018, 20:30