Motu Proprio del Papa sulla rinuncia: "Non un atto automatico ma di governo"
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Porta la data del 12 febbraio, il Motu Proprio di Papa Francesco “Imparare a congedarsi” con il quale si regola la rinuncia a 75 anni ad un ufficio ecclesiale “che – scrive il Pontefice - deve essere considerata parte integrante del servizio stesso, in quanto richiede una nuova forma di disponibilità”.
Un nuovo atteggiamento interiore
Francesco sottolinea l’importanza di prepararsi alla rinuncia “spogliandosi dei desideri di potere e della pretesa di essere indispensabile”, affrontando tale momento con “pace e fiducia” perché altrimenti potrebbe risultare “doloroso e conflittuale”. E’ nella preghiera che si avvia il discernimento per una nuova fase della vita, segnata per quanto possibile da “austerità, umiltà, preghiera di intercessione, tempo dedicato alla lettura e disponibilità a fornire semplici servizi pastorali”.
Continuare nell’ufficio non è un trionfo personale
Il proseguimento del proprio compito va considerato nell’ambito del “bene comune ecclesiale” e non deve essere considerato “un privilegio, o un trionfo personale, o un favore dovuto a presunti obblighi derivati dall’amicizia o dalla vicinanza, né come gratitudine per l’efficacia dei servizi forniti”. “Questa decisione pontificia – evidenzia il Papa - non è un atto automatico ma un atto di governo; di conseguenza implica la virtù della prudenza che aiuterà, attraverso un adeguato discernimento, a prendere la decisione appropriata”.
A 75 anni il compito non cessa ipso facto
Con questo Motu Proprio, che integra l’articolo 2 del “Rescriptum ex audentia” sulla rinuncia dei vescovi diocesani e dei titolari di uffici di nomina pontificia del 3 novembre 2014 (art. 2 “La rinuncia ai predetti uffici pastorali produce effetti soltanto dal momento in cui sia accettata da parte della legittima autorità), il Papa stabilisce dunque che al compimento dei 75 anni, i vescovi diocesani ed eparchiali come pure i vescovi coadiutori e ausiliari o titolari con speciali incarichi pastorali, sono invitati a presentare la rinuncia al loro ufficio pastorale. Lo stesso vale per i capi dicastero della Curia Romana non cardinali, i prelati superiori della Curia Romana e i vescovi che svolgono altri uffici alle dipendenze della Santa Sede, i rappresentanti pontifici che però così non cessano ipso facto dal loro ufficio.
Il Papa decide sulla rinuncia anche oltre i tre mesi dalla sua presentazione
Papa Francesco dunque stabilisce che la rinuncia va accettata e che “l’ufficio è considerato prorogato fino a quando non sia comunicata all’interessato l’accettazione della rinuncia o la proroga, per un tempo determinato o indeterminato”. Vengono così modificati i canoni 189 § 3 CIC e 970 § 1 CCEO che recitavano: “la rinuncia che necessita di accettazione, se non sia accettata entro tre mesi, manca di ogni valore; quella che non ha bisogno di accettazione sortisce l'effetto con la comunicazione del rinunciante fatta a norma del diritto”.
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