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Il Papa con i ragazzi rumeni Il Papa con i ragazzi rumeni

Il Papa: le fragilità degli adulti e i perché senza risposta

Pubblicato oggi dalla Sala stampa vaticana il testo del colloquio di Papa Francesco con trenta ragazzi rumeni, assistiti da un’associazione legata al carisma di don Giussani. Sei domande piene di “perché?” e risposte ricche di tenerezza e vicinanza. La denuncia di ingiustizie sociali “che schiacciano i piccoli e i poveri”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un dialogo ricco di “perché?” e di tenerezza, quello tra Papa Francesco e un gruppo di una trentina di ragazzi rumeni a rischio di esclusione sociale, assistiti dall’associazione Fdp-Protagonisti nell’educazione. Il testo dell’incontro, che si è svolto il 4 gennaio in Vaticano, sei domande di ragazzi e giovani e le risposte del Papa, è stato diffuso oggi dalla Sala stampa vaticana.

La mamma fragile che non accetta il figlio

Un giovane poco più che ventenne chiede a Francesco: “Perché mia mamma non mi accetta? Mi ha abbandonata in un orfanatrofio e l’ho ritrovata a 21 anni, ma no si comportava bene con me e me ne sono andato”. Il Papa confida di aver pianto, appena letta la domanda, perché “mi hai preso forse con le difese basse”, e spiega che non è questione di colpa degli adulti, ma delle loro grandi fragilità, “dovute nel vostro caso a tanta miseria, a tante ingiustizie sociali che schiacciano i piccoli e i poveri, e anche a tanta povertà spirituale”. Che indurisce i cuori  e provoca una cosa che sembra impossibile, che una madre abbandoni il proprio figlio. “Tua mamma ti ama ma non sa come esprimerlo” prosegue Francesco. “Non può perché la vita è dura, è ingiusta. Ti prometto di pregare perché un giorno possa farti vedere quell’amore. Non essere scettico, abbi speranza”.

Nel vostro dolore, Dio porta l’abbraccio della guarigione

E il Papa parla di “adulti fragili” anche a chi gli chiede dei genitori che amano solo i figli sani e non quelli malati o con problemi. Non sono stati aiutati, spiega, non hanno trovato un amico che insegnasse loro a crescere e farsi forti per vincere quella fragilità. Non rimproverare la vita perché ti ha dato genitori fragili e tu non sei tanto fragile ma ringrazia Dio perché “puoi aiutare la fragilità del tuo genitore”.

Ma ci sono anche “perché?” senza risposta, come quello di chi chiede al Papa “Perché noi abbiamo avuto questa sorte?”. “Noi possiamo soltanto guardare, sentire, soffrire e piangere,

solo Dio può dare una risposta”. Ed è quella di Gesù ai discepoli che chiedono di chi è la colpa se un bambino nasce cieco. “E’ così perché si manifestino in lui le opere di Dio”. Quindi Dio, spiega Francesco, “davanti a tante situazioni brutte in cui noi possiamo trovarci fin da piccoli, vuole guarirle, risanarle. Voi lo avete sperimentato. Il “perché” è un incontro che guarisce dal dolore, dalla malattia, dalla sofferenza, e dà l’abbraccio della guarigione. Ma è un “perché” per il dopo, all’inizio non si può sapere”.

In Chiesa ci lasciamo “lavorare” dall’amore di Dio

Al ragazzo che gli chiede perché andare in Chiesa, se quando usciamo poi sbagliamo e commettiamo peccati, come noi tra amici che litighiamo spesso, il Papa risponde che in Chiesa ci mettiamo davanti a Dio come siamo, senza trucco. Dobbiamo dire, entrando in Chiesa: “Eccomi Signore. Tu mi ami e io sono peccatore. Abbi pietà di noi. Gesù ci dice che se facciamo così, torniamo a casa perdonati. Non restiamo sempre uguali, ma veniamo “lavorati”. Dio ci lavora il cuore” e il Suo amore prende il posto del nostro egoismo.

Il Signore ci vuole portare tutti in Paradiso

Al ragazzo che chiede se il suo giovane amico morto l’anno scorso andrà in Paradiso, perché un prete ortodosso gli ha detto che è morto peccatore, Francesco risponde che “Dio vuole portarci tutti in Paradiso”. E’ sempre in cammino per trovare la pecorella smarrita, e non si spaventa “quando ci trova, anche se siamo in uno stato di grande fragilità, se siamo sporchi di peccati, se siamo abbandonati da tutto e dalla vita, Lui ci abbraccia  e ci bacia”. Infine il Papa consola la mamma che si sente sola e si chiede se ha fatto bene a lasciare la sua piccola in affido, anche se “ci vediamo spesso”. L’affido può essere un aiuto, concorda Francesco, in certe situazioni difficili. “Ti consiglio di non chiuderti, di cercare la compagnia della comunità cristiana: Gesù è venuto a formare una nuova famiglia, la sua famiglia, dove nessuno è solo e siamo tutti fratelli e sorelle, figli del nostro Padre del cielo e della Madre che Gesù ci ha dato, la Vergine Maria”.

Alla fine Papa Francesco ringrazia Simona Carobene, responsabile dell’iniziativa, nata in Romania grazie all’amicizia con i volontari dell’Avsi e cresciuta nel carisma di don Giussani. “Incontrarvi mi ha fatto tanto bene –conclude - Vi porto nelle mie preghiere. E mi raccomando, anche voi pregate per me perché ne ho bisogno”.

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19 febbraio 2018, 18:57