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Le “mamme di vocazione”, anima di Nomadelfia

Il Papa che sarà nella comunità vicino a Grosseto giovedi prossimo, incontrerà le “mamme di vocazione”, donne non sposate che si donano totalmente ai ragazzi provenienti da situazioni di disagio

Alessandro Guarasci - Città del Vaticano

La “mamma di vocazione” è una donna non sposata che si dona integralmente ai ragazzi provenienti da una situazione di disagio, i “figli dell’abbandono”. Si tratta di una delle figure storicamente e spiritualmente più importanti di Nomadelfia, perché è grazie alle “mamme di vocazione” che Nomadelfia ha potuto muovere i primi passi.

Alda Benzi, ora 80enne, è una di loro e ha cominciato questa esperienza da giovane. Quello che la colpì fu “questo unire la maternità e la verginità, quindi una maternità aperta a tutti: ai bambini, d’accordo, soprattutto, ma poi a tutti, quindi anche all’anziano, alla persona bisognosa … E mi aveva colpito una frase di don Zeno che diceva: ‘Voi donne dovete voler bene ai bambini, senz’altro – e questo non è molto difficile – ma soprattutto alle mamme di questi bambini’: si parlava di ragazze madri o comunque persone adulte in difficoltà con questi bimbi piccoli, che noi accoglievamo e continuiamo ad accogliere ancora”.

Poi, quali rimangono i rapporti con questi ragazzi?

R. - I più svariati. Io non ho avuto tanti ragazzi: un po’ per le loro difficoltà particolari ... Ho avuto un bambino malato che poi è morto a 11 anni; all’inizio ho avuto una ragazzina tossicodipendente, quindi con molti problemi che non si conciliavano con la nostra comunità familiare: per lei sarebbe stata necessaria una comunità terapeutica. Comunque, per il tempo che è stata qui con noi, ho dovuto affrontare diversi problemi. Il rapporto è il più vario, perché c’è chi continua ad avere un rapporto, anche facendo una scelta di vita come fanno in molti, fuori dalla comunità: lei sa bene che Nomadelfia è un po’ una vocazione. Però, la famiglia è sempre questa, quindi anche chi fa altre scelte ha un rapporto molto sereno e molto, se non costante, abbastanza frequente per un incontro con noi.

Sicuramente voi avete dato molto a questi ragazzi e continuate a dare loro molto. Ma loro, che cosa danno a voi?

R. – Ragazzi, bambini e anche i grandicelli, 12-15 anni, che hanno sofferto moltissimo, che hanno avuto dagli adulti veramente quello che sarebbe incredibilmente ingiusto … Quindi, anche se a volte rimane in loro un senso di avversione verso l’adulto, loro riconoscono però di essere stati accolti, di essere stati amati, non giudicati … quindi noi accettiamo anche certe loro ribellioni nei nostri confronti.

Ascolta l'intervista a d Alda Benzi

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08 maggio 2018, 08:07