La grande valenza della messa del Papa, domani, per i migranti
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Ricordando il primo viaggio di Papa Francesco a Lampedusa, cinque anni fa, e alla vigilia della Messa che domani il Papa celebrerà nella Basilica Vaticana per i Migranti, don Gianni De Robertis, direttore della Fondazione Migrantes (CEI), sottolinea la valenza anche politica, per l’Italia e l’Europa, dell’iniziativa del Pontefice.
Guardare il volto dei migranti
“I migranti forzati non sono dei numeri – spiega ai nostri microfoni don De Robertis – e finché non si guarderà il volto di queste persone, nessuna soluzione sarà giusta: né dire ‘restate a casa’ né ‘sbarrate le porte’. Se una casa brucia, bisogna fare in modo che il fuoco venga spento e che le persone non rimangano intrappolate. Ci sono persone che incontrano solo i loro omologhi. Bisogna fermarsi, invece, come fa il Papa. Come fece il Papa a Lesbo. Spero che chi ci governa – è l’auspicio di Migrantes – si prenda del tempo per ascoltare, senza fretta, queste persone. Penso che ne uscirebbe cambiato”.
Una narrazione sbagliata che fomenta la paura
E torna a ribadire che i migranti non sono numeri, ma persone. E che “Non c’è nessuna invasione. C’è una narrazione sbagliata che prevale e che è molto distante dalla realtà. Sono più gli italiani che sono usciti dal nostro Paese, anche se nessuno ci fa vedere questo esodo, che gli immigrati”. De Robertis si mostra inoltre d’accordo con le dichiarazioni del presidente dell’Inps, Boeri, sul fatto che i migranti sono necessari all’Italia, pena il suo tracollo, anche se precisa che “non si tratta solo di una questione di convenienza economica ma di umanità”.
No a una catena di egoismi nazionali
E conclude condividendo le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella a Tallinn capitale dell'Estonia, sulla irresponsabilità di chiudere i confini: “L’Unione Europea è nata – ricorda don De Robertis – dopo tante sofferenze dal desiderio di pace e riconciliazione. Questo ha regalato al nostro continente più di settanta anni di pace. Purtroppo questa consapevolezza sembra smarrita. Siamo di fronte al rischio che si inneschi una reazione a catena di egoismi nazionali: se diciamo: ‘Italia first, Austria first… l’Ue si disintegra. E’ davvero un momento decisivo”.
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