Nicaragua, non si ferma la repressione. Il Papa invita al dialogo
Si è concluso con un bilancio di due morti e diversi feriti l’assedio alla Chiesa della Divina Misericordia di Managua, dove circa 200 studenti si erano rifugiati dopo le violenze scoppiate all’Universidad Nacional Autónoma de Nicaragua. Questo episodio, conclusosi grazie anche alla mediazione del nunzio, è solo l’ultimo di una lunga serie nel segno delle proteste contro il governo del presidente Daniel Ortega. Solo ieri altre 2 persone sono state uccise nella città di Masaya, dove la polizia ha usato armi pesanti contro i manifestanti.
Oltre 350 morti
Dall’inizio della repressione governativa, il 18 aprile scorso, sarebbero oltre 350 i morti secondo le agenzie umanitarie. Le opposizioni chiedono le dimissioni di Ortega che è al potere dal 2007 per il terzo mandato consecutivo e governa insieme alla moglie Rosario Murillo, che è vicepresidente.
Il Papa: i vescovi siano vicini alla popolazione
In questa situazione drammatica, il Papa incoraggia i vescovi del Nicaragua “a continuare con il lavoro del dialogo” per arrivare ad una pacificazione e “a stare vicini alla popolazione nella sua sofferenza”: lo ha detto in una intervista a TV2000 il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, che lunedì scorso è stato aggredito, insieme al nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag e al vescovo ausiliare di Managua Silvio Báez, da attivisti vicini al governo Ortega, mentre stavano andando a esprimere la vicinanza della comunità ecclesiale nicaraguense a una parrocchia che negli scontri aveva subìto quattro vittime.
Il card. Brenes: il Papa ci chiede di continuare la nostra missione
“Il dialogo - ha detto il card. Brenes - è l’unica forma per arrivare alla pacificazione del Paese”, il Papa ci esorta “a mantenere l’unità della Conferenza episcopale” e offre “la sua preghiera perché noi possiamo continuare la nostra missione”. In questa situazione “umanamente - ha aggiunto il porporato - ci sta avere paura ma l’accompagnamento dei nostri sacerdoti per mezzo della preghiera è per noi una forza costante”. I presuli nicaraguensi in una riunione straordinaria hanno deciso all’unanimità, nonostante la repressione e le aggressioni anti-cattoliche, di continuare a svolgere il servizio di mediatori e testimoni del dialogo nazionale, come chiesto da Papa Francesco.
Parolin: gruppi paramilitari seminano violenza
In questi giorni è intervenuto sulla situazione in Nicaragua anche il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, esprimendo la propria preoccupazione per il terrore e la violenza seminati dai gruppi paramilitari: come Chiesa – ha detto – “cerchiamo un dialogo che per il momento sembra poter riprendere, ma bisogna che ci sia la volontà di raggiungere un compromesso da entrambe le parti”.
Il nunzio: il Papa chiede il rispetto dei diritti umani
Da parte sua, il nunzio in Nicaragua Waldemar Stanislaw Sommertag ha sottolineato che il Papa è “molto preoccupato” per l’aggressione subita dai vescovi lunedì scorso e chiede “che si rispettino i diritti umani” di tutti. "Noi - ha detto - mettiamo da parte le minacce e confidiamo in Dio, che è il Signore della storia, della vita di ognuno di noi”.
Ortega: non mi dimetto
Intanto, Argentina, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Perù e Stati Uniti hanno elaborato una bozza di risoluzione in otto punti da far approvare all’Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani, per invitare Ortega a stabilire un calendario per tenere nuove elezioni. Ortega ha tuttavia già ribadito che non intendono dimettersi né lui né la moglie e che resterà in carica fino al 2021.
Ultimo aggiornamento 20:00
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