Lampedusa ricorda la visita del Papa: il Vangelo è spesso scomodo, ma sempre attuale
Adriana Masotti - Città del Vaticano
E’ stato il primo viaggio del suo pontificato quello a Lampedusa. L’8 luglio di 5 anni fa, Papa Francesco visitava l’isola del Mediterraneo più coinvolta dall’arrivo, allora massiccio, di migranti, luogo simbolo della sofferenza di uomini, donne e bambini scomparsi in mare, ma anche luogo di accoglienza. A Lampedusa quel gesto di attenzione viene ricordato in questi giorni con diverse iniziative con al centro, questa sera, una celebrazione eucaristica di ringraziamento per quell'evento, con la presenza dell'arcivescovo della diocesi di Agrigento, il card. Francesco Montenegro.
Il ricordo e l'oggi dell'isola nelle parole del parroco
Parroco di Lampedusa dal 2016 è don Carmelo La Magra: cinque anni fa, dunque non svolgeva il suo ministero nell'isola, ma conosce l’importanza di quel momento per Lampedusa e per i migranti. Ai nostri microfoni ne sottolinea alcuni aspetti: (Ascolta l'intervista a don Carmelo La Magra)
R. - E' stato sicuramente un momento importante: il fatto che il Papa venisse a far visita ad una piccola isola come la nostra, già questo ha giustamente segnato la vita della comunità lampedusana. E poi le sue parole che hanno incoraggiato l’accoglienza, hanno riconosciuto Lampedusa come un luogo di salvezza e di umanità facendo sentire anche la piccola comunità lampedusana meno sola.
Il tema dei migranti è diventato sempre più centrale nella politica e nei discorsi della gente, anche se in Italia e in Europa non si sta vivendo l’emergenza di qualche anno fa. Come si vive oggi a Lampedusa l’arrivo e la presenza degli immigrati?
R. - Attualmente la situazione è poco diversa da quella di qualche mese fa; ci sono piccoli sbarchi per lo più dalla Tunisia o qualche soccorso dalla Libia di persone che arrivano qui e rimangono poco tempo per una prima accoglienza. La comunità lampedusana forse non è esente da quello che si respira al di fuori della nostra isola, però i lampedusani sanno che in mare si muore e che il mare restituisce i corpi. Allora pur trovandosi a volte divisa sulle questioni politiche, la comunità lampedusana, proprio per la sua esperienza diretta, non può certo dire di trovarsi davanti a fatti inesistenti, ma, al contrario, davanti a fatti concreti che segnano la vita di persone che qui vediamo, tocchiamo, ascoltiamo. Abbiamo visto persone gioiose o tremanti arrivare qui.
Immagino che non sia facile neanche il suo compito di pastore in mezzo a tante voci, alle esigenze della politica e ad alcune esigenze anche giuste della popolazione e di fronte al messaggio del Vangelo che è sempre attuale. Qual è il suo impegno?
R. - Il mio compito di pastore è quello di annunciare il Vangelo, anche quando questo risulta scomodo da accogliere o molto impegnativo. Il Papa con la sua visita non ha fatto altro che annunciare la Parola di Dio e dirci che dobbiamo prenderci cura del fratello. Purtroppo questa Parola, a volte, l’abbiamo dimenticata; abbiamo dimenticato che essere cristiani ci porta a giocare in perdita, a mettere da parte anche qualche nostro privilegio o qualche nostro diritto per il bene del fratello. Non sempre le posizioni del Vangelo o di un parroco che prova ad annunciarlo o quelle della Chiesa, del Papa stesso, sono ben accette da tutti. Però, credo che la sfida della comunità parrocchiale come quella di Lampedusa sia quella di rimanere una lampada accesa anche quando altri interessi come quelli dell’economia, del benessere, del commercio possono far sottolineare altre priorità. Quindi ci proviamo, tenendo conto che in un posto piccolo, molto concentrato su se stesso come l’isola di Lampedusa, ma allo stesso tempo con una visibilità estrema, ogni parola, ogni gesto ha un peso. Sappiamo che quello che accade a Lampedusa è di monito, di esempio, di ricordo per il resto dell’Italia, ma anche del mondo. Di questo ne sentiamo anche la responsabilità e non manca un gruppo di persone sensibili, credenti e non, credenti di diverse chiese cristiane che, insieme, si sforza di agire in senso solidale più che di parlare.
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