Giornata contro test nucleari: le condanne del Papa
Salvatore Tropea – Città del Vaticano
Ricorre oggi la 9.a Giornata Internazionale contro i test nucleari, istituita dalle Nazioni Unite il 2 dicembre 2009 e celebrata per la prima volta nell’agosto del 2010. Durante il suo pontificato, soprattutto negli ultimi anni, sono state molte le condanne di Papa Francesco per l’uso delle armi nucleari e di distruzione di massa.
Il nucleare: un ingannevole senso di sicurezza
Nel 2017, durante il convegno dal tema Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale, svoltosi in Vaticano, il Pontefice rivolse un accorato discorso ai partecipanti sulle “catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto – sottolineò il Papa in quell’occasione – anche considerando il rischio di una detonazione accidentali di tali armi nucleari per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso”. Il Pontefice, inoltre, ribadì come “le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non posso costituire la base della pacifica convivenza” tra le nazioni.
Con le armi atomiche si è arrivati al limite
Con l’utilizzo e il possesso degli arsenali nucleari il mondo è arrivato “al limite della liceità di avere e usare” queste armi. Sono le parole che Papa Francesco utilizzò il 2 dicembre 2017, durante il volo papale di ritorno dal suo viaggio in Bangladesh. “Oggi – affermò – l’arsenale nucleare è così sofisticato che si rischia la distruzione dell’umanità, o almeno di gran parte dell’umanità”. In quell’occasione non mancò quindi un collegamento con la Laudato Si’, poiché la scienza e l’intelletto a disposizione dell’uomo possono essere usati tanto per avere cura del creato e far progredire l’umanità, quanto per distruggerli.
La foto simbolo dell’orrore nucleare
Una condanna per l’uso delle bombe atomiche venne dal Papa durante il volo diretto verso il Cile, il 15 gennaio del 2018, quando il Pontefice consegnò a tutti i giornalisti presenti una foto che ritraeva due bambini a Nagasaki, dopo lo sgancio della seconda bomba atomica. Nello scatto, dello statunitense Joseph Roger O’Donnell, si vede un bambino che tiene sulle spalle il suo fratellino più piccolo, che sembra dormire. In realtà è morto e il fratello sta aspettando che venga cremato. Una foto “che mi ha commosso – spiegò il Papa – e per questo ho osato scrivere soltanto ‘il frutto della guerra’. E ho pensato di farla stampare e darla, perché un’immagine del genere commuove più di mille parole”.
La preghiera per il disarmo coreano
Uno degli ultimi discorsi del Santo Padre in riferimento al nucleare risale invece allo scorso 29 aprile, quando dopo la preghiera del Regina Coeli in Piazza San Pietro, pregò per l’esito positivo del summit Inter-coreano e “il coraggioso impegno dei leader delle due parti a realizzare un percorso di dialogo sincero per una Penisola Coreana libera dalle armi nucleari”. La speranza del Pontefice fu per una collaborazione continua e duratura per il bene “dell’amato popolo coreano e per il mondo intero”.
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