Papa: ogni giorno prego, mondo asciughi lacrime dei bimbi di Siria e Iraq
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Non dimenticare i “tanti bisogni” delle vittime della crisi in Iraq, Siria e nei Paesi vicini e superare la “logica degli interessi”, mettendosi “al servizio della pace” e “ponendo fine alla guerra”. Questa l’esortazione del Papa, espressa “con forza”, alla comunità internazionale ricevendo in Sala del Concistoro i partecipanti al sesto incontro di lavoro sulla crisi in Siria e nei Paesi limitrofi, 150 persone, organizzato in questi giorni in Vaticano dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, col coinvolgimento della Sezione Migranti e Rifugiati, in collaborazione con la Segreteria di Stato e la Congregazione per le Chiese Orientali. Presenti rappresentanti di Chiese locali, nunzi apostolici, delegati di istituti cattolici e oltre 50 organismi caritativi (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Non possiamo chiudere gli occhi sulle cause che hanno costretto milioni di persone a lasciare, con dolore, la propria terra. Nello stesso tempo incoraggio tutti gli attori coinvolti e la Comunità internazionale a un rinnovato impegno in favore del rientro sicuro degli sfollati alle loro case. Assicurare loro protezione e il loro futuro è un dovere di civiltà. È asciugando le lacrime dei fanciulli che non hanno visto altro che macerie, morte e distruzione che il mondo ritroverà la dignità.
La preghiera quotidiana del Papa
Nel ribadire l’apprezzamento per i “grandi sforzi a favore dei rifugiati” compiuti dai Paesi della regione e dalle organizzazioni internazionali, Francesco saluta e ringrazia assieme al cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero vaticano, anche Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i Rifugiati. Quindi evidenzia che da “troppi anni” i conflitti insanguinano la zona e la “situazione delle popolazioni in Siria e in Iraq e nei Paesi vicini continua a destare grande preoccupazione”.
Ogni giorno, nella preghiera, porto davanti al Signore le sofferenze e le necessità delle Chiese e dei popoli di quelle amate terre, come pure di coloro che si prodigano per dare loro aiuto. E questo è vero: ogni giorno!
Garantire futuro alle comunità cristiane
Il Pontefice ricorda come con l’indagine sull’aiuto umanitario delle entità ecclesiali, la terza di questo tipo, si stia apportando “un importante contributo per meglio comprendere le necessità e meglio coordinare gli aiuti” in favore di tali popolazioni.
Esiste il rischio che la presenza cristiana sia cancellata proprio nella terra da cui si è propagata nel mondo la luce del Vangelo. In collaborazione con le Chiese sorelle, la Santa Sede lavora assiduamente per garantire un futuro a queste comunità cristiane. La Chiesa intera guarda a questi nostri fratelli e sorelle nella fede e li incoraggia con la vicinanza nella preghiera e la carità concreta a non rassegnarsi alle tenebre della violenza e a tenere accesa la lampada della speranza.
Il rientro dei cristiani nella Piana di Ninive
Proprio la “testimonianza d’amore” con cui la Chiesa ascolta e risponde al “grido di aiuto di tutti, a partire dai più deboli e poveri”, è - assicura il Papa - “un luminoso segno per il presente e un seme di speranza che germoglierà nel futuro”. Si tratta, ricorda, di un’opera “squisitamente cristiana” che richiama alla mente la cosiddetta Preghiera semplice attribuita a San Francesco d’Assisi: di fronte all’odio si porti l’amore, di fronte alla disperazione ci sia la speranza, di fronte alla tristezza prevalga la gioia. Tra le “lodevoli” iniziative promosse come risposta della Chiesa alle crisi in corso, il Pontefice cita il “grande lavoro per sostenere il rientro delle comunità cristiane nella piana di Ninive” in Iraq e le cure sanitarie assicurate a tanti malati poveri in Siria, “in particolare attraverso il progetto Ospedali Aperti” fortemente voluto dal nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari. L’auspicio è dunque ad essere “strumenti di pace e di luce”.
Cari fratelli, insieme, con la grazia di Dio, guardiamo al futuro. Incoraggio voi, che operate a nome della Chiesa, a continuare a prendervi cura dell’educazione dei bambini, del lavoro dei giovani, della vicinanza agli anziani, della cura delle ferite psicologiche; senza dimenticare quelle dei cuori, che la Chiesa è chiamata a lenire: “Dov’è offesa, che io porti il perdono. Dov’è discordia, che io porti l’unione”.
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