Papa: sposarsi non è celebrare il matrimonio, ma fare cammino da io a noi
Giada Aquilino - Città del Vaticano
La nostra “chiamata originaria” è “all’amore sponsale pieno e fedele”, che Gesù Cristo ci ha rivelato e donato. Papa Francesco lo ricorda all’udienza generale in Piazza San Pietro, completando la catechesi sul sesto comandamento: “Non commettere adulterio” (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Una rivoluzione
Il Pontefice riflette sulla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, definendola un brano “rivoluzionario” perché, con “l’antropologia di quel tempo”, afferma “che il marito deve amare la moglie come Cristo ama la Chiesa”.
Forse, in quel tempo, è la cosa più rivoluzionaria che è stata detta sul matrimonio. Sempre sulla strada dell’amore.
Il significato sponsale
Il Pontefice ricorda che “l’amore fedele di Cristo è la luce per vivere la bellezza dell’affettività umana”, nella fedeltà, nell’accoglienza e nella misericordia. Un comandamento che, ricorda il Papa, in quanto riferito “esplicitamente alla fedeltà matrimoniale”, porta a soffermarsi “sul suo significato sponsale”. Un “comando di fedeltà”, spiega Francesco, destinato non soltanto agli sposi ma a “tutti”, perché “è una Parola paterna di Dio rivolta ad ogni uomo e donna”.
Ricordiamoci che il cammino della maturazione umana è il percorso stesso dell’amore che va dal ricevere cura alla capacità di offrire cura, dal ricevere la vita alla capacità di dare la vita. Diventare uomini e donne adulti vuol dire arrivare a vivere l’attitudine sponsale e genitoriale, che si manifesta nelle varie situazioni della vita come la capacità di prendere su di sé il peso di qualcun altro e amarlo senza ambiguità. È quindi un’attitudine globale della persona che sa assumere la realtà e sa entrare in una relazione profonda con gli altri.
Imparare a decentrarsi
Il Pontefice spiega dunque come una persona adultera, lussuriosa, infedele sia “immatura”, tenendo “per sé la propria vita” e interpretando le situazioni “in base al proprio benessere e al proprio appagamento”.
Per sposarsi, non basta celebrare il matrimonio! Occorre fare un cammino dall’io al noi, da pensare da solo a pensare in due, da vivere da solo a vivere in due: è un bel cammino, è un cammino bello. Quando arriviamo a decentrarci, allora ogni atto è sponsale: lavoriamo, parliamo, decidiamo, incontriamo gli altri con atteggiamento accogliente e oblativo.
Sacerdozio e verginità consacrata
In tal senso, evidenzia il Papa, “ogni” vocazione cristiana è sponsale.
Il sacerdozio lo è perché è la chiamata, in Cristo e nella Chiesa, a servire la comunità con tutto l’affetto, la cura concreta e la sapienza che il Signore dona. Alla Chiesa non servono aspiranti al ruolo di preti - no, non servono, meglio che rimangano a casa - ma servono uomini ai quali lo Spirito Santo tocca il cuore con un amore senza riserve per la Sposa di Cristo. Nel sacerdozio si ama il popolo di Dio con tutta la paternità, la tenerezza e la forza di uno sposo e di un padre. Così anche la verginità consacrata in Cristo la si vive con fedeltà e con gioia come relazione sponsale e feconda di maternità e paternità.
Il senso pieno della sessualità
La vocazione cristiana, infatti, è “frutto del legame d’amore in cui tutti siamo rigenerati”, quello “con Cristo”.
A partire dalla sua fedeltà, dalla sua tenerezza, dalla sua generosità guardiamo con fede al matrimonio e ad ogni vocazione, e comprendiamo il senso pieno della sessualità. La creatura umana, nella sua inscindibile unità di spirito e corpo, e nella sua polarità maschile e femminile, è realtà molto buona, destinata ad amare ed essere amata. Il corpo umano non è uno strumento di piacere, ma il luogo della nostra chiamata all’amore, e nell’amore autentico non c’è spazio per la lussuria e per la sua superficialità. Gli uomini e le donne meritano di più di questo!
1 e 2 novembre
Nei saluti finali Francesco ricorda che domani si celebra la Solennità di Tutti i Santi e, il 2 novembre, si commemorano tutti i fedeli defunti.
La testimonianza di fede di quanti ci hanno preceduto, rafforzi in noi la certezza che Dio accompagna ciascuno nel cammino della vita, non abbandona mai nessuno a se stesso, e vuole che tutti siamo santi, come Lui è santo.
Visitando le tombe dei nostri cari, conclude, “abbiamo una moltitudine di Santi che davanti a Dio intercedono per le nostre necessità”, ma aggiunge pure che ci sono “tanti defunti che attendono il nostro appoggio spirituale”.
(Ultimo aggiornamento: mercoledì 31 ottobre 2018, ore 10:26)
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