Papa Francesco: tutti hanno diritto a essere felici
Sergio Centofanti – Città del Vaticano
C’è “una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”: così Papa Francesco nel discorso al Corpo diplomatico pronunciato all’inizio di quest’anno e dedicato al 70.mo anniversario di questo importante documento adottato dall’Assemblea generale dell’Onu il 10 dicembre 1948. Quel testo riconosce che la “dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.
Nuovi controversi diritti imposti dai più forti
Oggi la realtà è ben più complessa rispetto a sette decenni fa. Il Papa constata che, “nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del ‘Sessantotto’, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di ‘nuovi diritti’, non di rado in contrapposizione tra loro. Ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni, poiché si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare. Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli. In pari tempo, è bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018).
Molti diritti fondamentali continuano ad essere violati
Francesco afferma: “A settant’anni di distanza, duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitù. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertà e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018).
La vita è il primo diritto di ogni essere umano
Il primo diritto fondamentale è dunque quello alla vita. La Chiesa difende i diritti di ogni persona, ma in particolare si sente chiamata a difendere i diritti dei più deboli, di quelli che non possono difendersi: tra questi “ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo (Evangelii gaudium, 213) Il discorso del Papa sulla difesa della vita è a 360 gradi: "Il grado di progresso di una civiltà si misura proprio dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili, più che dalla diffusione di strumenti tecnologici. Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente”. (Discorso all’Associazione Scienza e Vita, 30 maggio 2015).
Diritto al cibo e all’acqua
Il Papa osserva che “oggi si parla molto di diritti, dimenticando spesso i doveri; forse ci siamo preoccupati troppo poco di quanti soffrono la fame. È inoltre doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla ‘priorità del mercato’ e dalla ‘preminenza del guadagno’, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria. E mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì, all’angolo della strada, e chiede diritto di cittadinanza, chiede di essere considerato nella sua condizione, di ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede dignità, non elemosina” (Discorso alla Fao, 20 novembre 2014). Il Papa ricorda poi che “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità” (Laudato si’, 30). Francesco si domanda “se, in mezzo a questa ‘terza guerra mondiale a pezzetti’ che stiamo vivendo, non stiamo andando verso la grande guerra mondiale per l’acqua”. (Discorso ai partecipanti al IV workshop organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, 24 febbraio 2017).
La salute non è un bene di consumo ma un diritto universale
C’è poi il diritto alla salute, il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche necessarie e un facile accesso ai trattamenti sanitari. Il Papa afferma: “La salute (…) non è un bene di consumo, ma un diritto universale per cui l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio. La salute, soprattutto quella di base, è di fatto negata – negata! – in diverse parti del mondo e in molte regioni dell’Africa. Non è un diritto per tutti, ma piuttosto è ancora un privilegio per pochi, quelli che possono permettersela. L’accessibilità ai servizi sanitari, alle cure e ai farmaci rimane ancora un miraggio. I più poveri non riescono a pagare e sono esclusi dai servizi ospedalieri, anche dai più essenziali e primari” (Discorso ai medici con l'Africa-Cuamm, 7 maggio 2016).
Il diritto alla pace e il disarmo integrale
“Difendere il diritto alla vita implica pure adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere. Eppure gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie Regioni della terra”. Il Papa auspica il “disarmo integrale”: “la ricerca della pace come precondizione per lo sviluppo implica combattere l’ingiustizia e sradicare, in modo non violento, le cause della discordia che portano alle guerre. La proliferazione di armi aggrava chiaramente le situazioni di conflitto e comporta enormi costi umani e materiali che minano lo sviluppo e la ricerca di una pace duratura” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018).
Libertà di pensiero e di religione: i cristiani sono i più perseguitati
Nel Terzo Millennio continuano ad essere calpestati “il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che include - afferma il Papa - la libertà di cambiare religione. Purtroppo è noto come il diritto alla libertà di religione sia sovente disatteso e non di rado la religione divenga o l’occasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per l’emarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di società inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che può sentirsi davvero accolta quando è riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identità, compresa quella religiosa” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018). Oggi, secondo gli ultimi rapporti, i cristiani sono il gruppo religioso più sottoposto a violenze, detenzioni, violazioni di diritti umani: nel mondo quasi 300 milioni di cristiani, uno su sette, vivono in un Paese di persecuzione. Il Papa lo ripete: “Oggi ci sono più martiri che nei primi tempi della Chiesa” (Messa a Santa Marta, 4 marzo 2014).
Diritto a proprietà privata non è assoluto, Dio ha creato il mondo per tutti
Siamo ancora lontani dalla giustizia. Lo gridano in silenzio centinaia di milioni di poveri. Ancora troppo grande è l’egoismo. “Oggi, credenti e non credenti - spiega Francesco - sono d’accordo sul fatto che la terra è essenzialmente una eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti. Per i credenti questo diventa una questione di fedeltà al Creatore, perché Dio ha creato il mondo per tutti. Di conseguenza, ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati. Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una ‘regola d’oro’ del comportamento sociale, e il «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale». La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata. San Giovanni Paolo II ha ricordato con molta enfasi questa dottrina, dicendo che «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno». (…) Con grande chiarezza ha spiegato che «la Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato». Pertanto afferma che «non è secondo il disegno di Dio gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi». Questo mette seriamente in discussione le abitudini ingiuste di una parte dell’umanità” (Laudato si’, 93).
Diritto al lavoro
Il Papa cita spesso il principio delle tre T: “Tierra, techo y trabajo para todos” (terra, casa, lavoro per tutti). Il lavoro non permette solo di vivere e creare una famiglia, ma dà dignità: “Non vi è pace né sviluppo se l’uomo è privato della possibilità di contribuire personalmente tramite la propria opera all’edificazione del bene comune” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018).
Diritti dei popoli: ascoltare il grido dei poveri
Il Papa allarga lo sguardo dal singolo alle comunità: “A volte si tratta di ascoltare il grido di interi popoli, dei popoli più poveri della terra, perché «la pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell’uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli». Deplorevolmente, persino i diritti umani possono essere utilizzati come giustificazione di una difesa esacerbata dei diritti individuali o dei diritti dei popoli più ricchi. Rispettando l’indipendenza e la cultura di ciascuna Nazione, bisogna ricordare sempre che il pianeta è di tutta l’umanità e per tutta l’umanità, e che il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o minor sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minore dignità. Bisogna ripetere che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri». Per parlare in modo appropriato dei nostri diritti dobbiamo ampliare maggiormente lo sguardo e aprire le orecchie al grido di altri popoli o di altre regioni del nostro Paese. Abbiamo bisogno di crescere in una solidarietà che «deve permettere a tutti i popoli di giungere con le loro forze ad essere artefici del loro destino», così come «ciascun essere umano è chiamato a svilupparsi»" (Evangelii gaudium, 190).
I diritti senza doveri sono fasulli
Francesco esorta a “non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali - sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una ‘monade’, sempre più insensibile alle altre ‘monadi’ intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa (…) Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze” (Discorso al Parlamento europeo, 25 novembre 2014).
I diritti individualisti portano alla globalizzazione dell’indifferenza
Il Papa tocca la questione scomoda della “verità”: senza la ricerca della verità, “ciascuno diventa misura di sé stesso e del proprio agire, aprendo la strada dell'affermazione soggettivistica dei diritti, così che al concetto di diritto umano, che ha di per sé valenza universale, si sostituisce l'idea di diritto individualista. Ciò porta ad essere sostanzialmente incuranti degli altri e a favorire quella globalizzazione dell'indifferenza che nasce dall'egoismo, frutto di una concezione dell'uomo incapace di accogliere la verità e di vivere un'autentica dimensione sociale. Un tale individualismo rende umanamente poveri e culturalmente sterili, perché recide di fatto quelle feconde radici su cui si innesta l'albero. Dall'individualismo indifferente nasce il culto dell'opulenza, cui corrisponde la cultura dello scarto nella quale siamo immersi” (Consiglio d’Europa, 25 novembre 2014).
Diritto di migrare: davanti a noi ci sono persone
“Ero forestiero e mi avete ospitato”. Il Papa cita spesso il Vangelo del Giudizio finale, il capitolo 25 di Matteo, e affronta il tema in modo molto concreto: “Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza è essenzialmente storia di migrazioni. Né bisogna dimenticare che la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull’argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018).
Il diritto a formare una famiglia
Papa Francesco sottolinea con forza il diritto a formare una famiglia, quale “nucleo naturale e fondamentale della società [che] ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”, un diritto riconosciuto dalla stessa Dichiarazione del 1948. “Purtroppo è noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna”. Dalla famiglia “dipende l’avvenire e lo sviluppo degli Stati” (Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2018). Eppure, la famiglia non è mai stata tanto attaccata come oggi, anche da nuovi modelli di matrimonio che non sono matrimonio, sono solo associazioni (Incontro con il Movimento di Schoenstatt, 25 ottobre 2014).
Diritto dei bambini al papà e alla mamma, diritto educativo dei genitori
E sull’argomento aggiunge: “Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva. Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico”. E citando un grande educatore, afferma: “A volte, non si sa se con questi progetti - riferendosi a progetti concreti di educazione - si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione” (Discorso al Bice, Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia, 11 aprile 2014).
Il diritto a non essere colonizzati: gender, sbaglio della mente umana
E’ un concetto ribadito spesso da Francesco: il diritto alla libertà dei popoli è il diritto a non essere schiavizzati dai potenti. Il Papa non si riferisce solo al neocolonialismo politico ed economico, ma anche alle colonizzazioni ideologiche. Una di queste - ha affermato con forza più volte - è l’imposizione della teoria del gender, che definisce uno “sbaglio della mente umana” (Incontro con i giovani a Napoli, 21 marzo 2015). “Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti”. (Discorso ai vescovi polacchi a Cracovia, 27 luglio 2016). La teoria del gender “crea tanta confusione” è un attacco alla famiglia. “Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche” (Incontro con sacerdoti, religiosi e agenti di pastorale a Tbilisi, in Georgia, 1 ottobre 2016).
Obiezione di coscienza attaccata dal pensiero unico
Il pensiero unico dei potenti oggi passa all’attacco di un altro diritto, quello all’obiezione di coscienza: “Il pensiero dominante propone a volte una ‘falsa compassione’: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che ‘vede’, ‘ha compassione’, si avvicina e offre aiuto concreto”. “La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza” (Discorso ai medici cattolici 15 novembre 2014). Eppure, denuncia il Papa, “vediamo tutti i giorni che le potenze fanno leggi che obbligano” a compiere atti contro le proprie convinzioni: è una persecuzione “educata, travestita di cultura, modernità e progresso”, che “toglie all’uomo la libertà, anche della obiezione di coscienza (…) e se tu non fai questo, tu sarai punito: perderai il lavoro e tante cose o sarai messo da parte” (Messa a Santa Marta, 12 aprile 2016).
La Chiesa ha il diritto di parlare
La "dittatura del relativismo", espressione cara a Benedetto XVI ripresa da Francesco, cerca di rinchiudere la Chiesa nelle sacrestie. Il Papa respinge con forza questo tentativo: “I Pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. Sappiamo che Dio desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra, benché siano chiamati alla pienezza eterna, perché Egli ha creato tutte le cose «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), perché tutti possano goderne. Ne deriva che la conversione cristiana esige di riconsiderare «specialmente tutto ciò che concerne l’ordine sociale ed il conseguimento del bene comune»” (Evangelii gaudium, 182).
Il diritto di ricevere l’annuncio del Vangelo
Il Vicario di Cristo ricorda che “l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato. Molti di loro cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione»” (Evangelii gaudium, 14).
Il diritto di essere felici
Infine, Papa Francesco sottolinea un diritto che è un’aspirazione di tutti: “L’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e ad essere felice” (Laudato si’, 44). I cristiani desiderano realizzare questo diritto alla felicità portando a tutti la gioia del Vangelo: “Dio desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra, benché siano chiamati alla pienezza eterna, perché Egli ha creato tutte le cose «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), perché tutti possano goderne (…) Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri (…) Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita” (Evangelii gaudium, 182).
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