Le Dieci parole. Il libro delle Catechesi del Papa sui comandamenti
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
"Quando si citano i Dieci Comandamenti tutti pensano ad un rigurgito di legalismo.....potrà mai Francesco fare un salto indietro nel legalismo?"
Non comandi ma parole
Parte da questo interrogativo nella sua prefazione alle catechesi del Papa sul Decalogo, don Fabio Rosini - responsabile del Servizio vocazioni della diocesi di Roma, che da oltre vent'anni incontra migliaia di giovani per parlare con loro proprio delle “Dieci Parole”- per chiarire subito ciò che le 17 udienze dedicate al tema non sono. Sferzate morali austere e salutari? Comandi? No, Parole. E la differenza tra parola e comando - spiega a Vatican News - è quella fra la relazione e l'estranietà: "la distinzione" sottolinea don Fabio "viene illuminata profondamente e cambia tutta la prospettiva della fede nel Dio di Gesù Cristo: un Padre, non un tiranno. E questa distinzione è il passaggio dal falso cristianesimo al cristianesimo autentico".
Non è un caso che è la parola figlio sia la più ripetuta probabilmente in tutte le catechesi. "Il poter ricondurre tutta la logica dell'obbedienza a Dio da una mentalità da sudditi"- dice don Fabio -" ad una fiducia da figli dipende dall'immagine che si ha di Dio". Non siamo sudditi dunque, ma figli e il Decalogo non è "l'istruzione fredda di quello che va fatto, ma sono il rapporto di un Padre col figlio, un Padre che istruisce il Figlio sulla vita e nel momento stesso in cui gli parla della vita, in realtà sta entrando in relazione con lui per crescerlo, per allevarlo".
Nel Decalogo si rivela il piano di Dio sulla vita umana
La vita dei figli di Dio prende dunque forma attraverso le udienze, attraverso le Dieci Parole, "gioiose scoperte" che suscitano, come motore interiore, l'attrazione verso il cambiamento e non i sensi di colpa e questo perchè - spiega ancora don Fabio- "il cristianesimo è propositivo molto più che contenitivo". "Non abbiamo tanto da fare ramanzine a questo mondo già abbastanza dolorante di suo, abbiamo da proporre una vita diversa: per questo quando uno legge la Parola di Dio è esortato a vivere non a negarsi. E' l'amore la nostra chiamata!".
"Quel che regolarmente appare nell'analisi di ogni comandamento, infatti - si legge nella prefazione del volume - non è la negazione della formulazione ma l'affermazione che gli è sottesa". "Papa Francesco - fa notare don Fabio - non legge il Decalogo per vedere quale sia il 'no' da dire, ma quale il 'sì' da annunciare".
Tuttavia ciò non significa che non ci siano impegni nè fatiche nei Comandamenti proposti dal Papa, però - distingue don Fabio -"da una parte esiste la fatica di chi deve compiere un dovere, dall'altra c'è la fatica di chi è innamorato: quando ad una cosa tengo veramente la faccio anche in mezzo a mille sacrifici e la faccio con piacere. Quando l'impostazione è quella dell'amore allora nulla mi è pesante!"
In conclusione quella proposta da Francesco nelle udienze sui Comandamenti è una nuova prospettiva, per noi, non nuova al magistero di questo pontefice e don Fabio lo mette bene in evidenza. E' la prospettiva della contemplazione di Cristo, dell'incontro che, come ha detto più volte il Papa, è la nostra fede. E' Lui che "vive l'esitenza tratteggiata da questo antico testo" e mentre capiamo meglio il contenuto del Decalogo, conosciamo meglio Cristo e vi siamo compresi, cioè ci ritroviamo in Lui come uomini e donne. "Come se tutto quel che viene detto ci risuonasse nostro, interiormente riconoscibile come vero". Conclude dunque don Fabio :"La legge scritta sulle tavole di pietra la ritroviamo scritta e risvegliata dentro di noi".
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