Nuove regole per la vita religiosa di comunità in caso di assenze illegittime
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
“La vita in comunità è un elemento essenziale della vita religiosa”, premette il Papa nella sua Lettera apostolica, promulgata in forma di Motu Proprio, che apporta alcune modifiche sulle procedure da adottare da parte dei Superiori per la dismissione dagli Istituti di confratelli nei casi di assenza illegittima e prolungata. “I religiosi – come recita il Codice di Diritto canonico - devono abitare nella propria casa religiosa osservando la vita comune e non possono assentarsene senza licenza del proprio Superiore”.
E' doverso ricercare il religioso assente per aiutarlo a tornare
“L’esperienza degli ultimi anni ha, però, dimostrato, - osserva Francesco - che si verificano situazioni legate ad assenze illegittime dalla casa religiosa, durante le quali i religiosi si sottraggono alla potestà del legittimo Superiore e a volte non possono essere rintracciati”. “In questi casi il Codice di Diritto canonico impone al Superiore di ricercare il religioso illegittimamente assente per aiutarlo a ritornare e a perseverare nella propria vocazione. Non poche volte, però, accade – prosegue il Papa - che il Superiore non sia in grado di rintracciare il religioso assente” e quindi possa “trascorsi almeno sei mesi di assenza illegittima” “iniziare il processo di dimissione dall’istituto”. E, “tuttavia, - aggiunge Francesco - quando si ignora il luogo dove il religioso risiede, diventa difficile dare certezza giuridica alla situazione di fatto”.
Dopo 12 mesi di assenza continuata la dismissione è d'obbligo
Da qui l’esigenza di “aggiungere tra i motivi di dismissione ipso facto dall’istituto anche l’assenza illegittima prolungata dalla casa religiosa, protratta per almeno dodici mesi continui”, “tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso”, modificando l’art. 1 del can 694 del Codice di Diritto canonico, che già prevede la dismissione per il religioso “che abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica” o “abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente”. “In tali casi – ricorda il Papa - il Superiore maggiore con il proprio consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente”. Nel caso specifico dell’assenza illegittima prolungata, la dichiarazione di dismissione emessa dal Superiore “per constare giuridicamente – dispone il Motu Proprio – deve essere confermata dalla Santa Sede” mentre “per gli istituti di diritto diocesano la conferma spetta al vescovo della sede principale”. La variazione apportata dal Motu Proprio Communis Vita comporta di conseguenza la modifica del can. 729 dello stesso Codice di Diritto canonico, che regola la vita degli Istituti Secolari, per i cui membri non si applica la dismissione per assenza legittima.
Tutelare il bene comune che si esprime nella vita di comunità
La responsabilità dei Superiori verso il religioso illegittimamente assente e irreperibile, spiega - in una nota di presentazione al Motu Proprio - l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, “rende credibile la loro sollecitudine nel far rispettare una ‘regola’ fondamentale della vita religiosa: la tutela del bene comune che si esprime nella vita in comune. Allo stesso tempo, - osserva il presule - richiama l’impegno a custodire il senso di una vita comune ‘costruita da persone che Cristo ha liberato e ha rese capaci di amare alla maniera sua, attraverso il dono del suo Amore liberante e l'accettazione cordiale delle sue guide’. Responsabilità condivisa che ‘spinge ad amare i fratelli e le sorelle fino ad assumersi le loro debolezze, i loro problemi, le loro difficoltà’, come indica l’istruzione “La vita fraterna in comunità”, pubblicata dal dicastero competente nel 1994.
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