Quando in Marocco, Giovanni Paolo II parlò a 80 mila giovani musulmani
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Giovanni Paolo II visitò il Marocco nel 1985. Francesco sarà dunque il secondo Papa a visitare il Paese, dopo ben 34 anni da quell’evento: visiterà le città di Rabat e Casablanca. Quella di Giovanni Paolo II in Marocco era l’ultima tappa di un viaggio apostolico che comprendeva diversi Paesi africani: Togo, Costa d'Avorio, Camerun, Repubblica Centro-africana, Zaire, Kenya. A Casablanca, il 19 agosto, papa Wojtyla parlò ai giovani musulmani, rivolgendo un caldo invito alla costruzione di un mondo più fraterno, in dialogo con i loro coetanei cristiani, e le sue appaiono parole di estrema attualità.
Un incontro inedito tra credenti
"È la prima volta che mi trovo con dei giovani musulmani", aveva esordito Papa Wojtyla.nel suo discorso. E subito aveva riconosciuto:
Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. (…) Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione.
Giovanni Paolo II testimone della fede in Dio
Giovanni Paolo II si proponeva come testimone della fede cristiana, rappresentante della Chiesa cattolica, successore di Pietro, vescovo di Roma, chiamato ad essere “garante dell’unità di tutti i membri della Chiesa”. Come credente, con semplicità intendeva condividere “quello in cui credo, quello che auspico per la felicità degli uomini miei fratelli”, cioè la fede in Dio. Un Dio che “orienta il nostro destino”, ci fa “capaci di amare” e che chiede agli uomini che ascoltino la sua voce, che facciano la sua volontà “in una libera adesione dell’intelligenza e del cuore. Per questo, davanti a lui, siamo responsabili”. E proseguiva:
In un mondo che desidera l’unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l’amicizia e l’unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità? Sappiamo che essi hanno una stessa origine e uno stesso ultimo fine: il Dio che li ha fatti e che li attende, perché egli li riunirà.
Un dialogo più che mai necessario
Papa Wojtyla comunicava poi ai giovani l’impegno della Chiesa cattolica, a partire dal Vaticano II, “a cercare la collaborazione tra i credenti”, manifestando “particolare attenzione per i credenti musulmani, data la loro fede nell’unico Dio, il loro senso della preghiera e la loro stima della vita morale”. E concludeva:
Il dialogo tra cristiani e musulmani oggi è più necessario che mai. Esso deriva dalla nostra fedeltà verso Dio e suppone che sappiamo riconoscere Dio con la fede e testimoniarlo con la parola e con l’azione in un mondo sempre più secolarizzato e, a volte, anche ateo.
Il doveroso rispetto per tutte le tradizioni religiose
L’appello rivolto ai giovani è quello di costruire un avvenire migliore impegnandosi “ad edificare questo nuovo mondo secondo il piano di Dio”. E ancora di testimoniare al mondo che “Dio è fonte di ogni gioia”. E questa testimonianza sottolineava “si fa nel rispetto delle altre tradizioni religiose, perché ogni uomo attende di essere rispettato per quello che egli è, di fatto, e per quello che in coscienza egli crede”. C’è bisogno della libera adesione della coscienza nei confronti di Dio ed è “questo il vero senso della libertà religiosa, che rispetta sia Dio che l’uomo”. Se Dio è Padre, dobbiamo trattarci come fratelli, sottolineava ancora:
Perciò, questa obbedienza a Dio e questo amore per l’uomo devono condurci a rispettare i diritti dell’uomo, questi diritti che sono l’espressione della volontà di Dio e l’esigenza della natura umana come Dio l’ha creata.
E' necessaria, ricordava, la reciprocità in tutti gli ambiti, soprattutto riguardo alle libertà fondamentali e in particolare alla libertà religiosa.
Nessuno deve disprezzare il suo fratello anche se diverso
Dio non vuole che l’uomo resti passivo, affermava Giovanni Paolo II, lui ha affidato la terra per farla fruttificare e i giovani che, naturalmente, guardano al futuro e “aspirano ad un mondo più giusto e più umano”, sono i “responsabili del mondo del domani”. E a questi giovani raccomandava di lavorare insieme agli adulti, al servizio degli altri:
In questo lavoro d’insieme, la persona umana, uomo o donna, non deve mai essere sacrificata. Ogni persona è unica agli occhi di Dio, è insostituibile in quest’opera di sviluppo. Ciascuno deve essere riconosciuto per quello che è, e poi rispettato come tale. Nessuno deve utilizzare il suo simile; nessuno deve sfruttare il suo uguale; nessuno deve disprezzare un suo fratello.
Su queste basi “potrà nascere un mondo più umano, più giusto e più fraterno” in cui ciascuno “potrà trovare il suo posto nella dignità e nella libertà”. Il mondo oggi conosce conflitti e ingiustizie, osservava, e questo perché “gli uomini non accettano le loro differenze: non si conoscono abbastanza” e rifiutano ciò che è diverso.
La tradizione di apertura del Marocco
Papa Wojtyla riconosce davanti ai giovani musulmani che l'ascoltano, la tradizione di apertura e di tolleranza del Marocco, da sempre luogo di studio e d’incontro delle civiltà. Voi giovani marocchini, dice, siete preparati a dialogare con tutti i giovani del mondo per costruire la pace, la giustizia, l’equa distribuzione delle ricchezze, ma anche per la crescita della vita spirituale e interiore delle persone.
L’uomo è un essere spirituale. Noi, credenti, sappiamo che non viviamo in un mondo chiuso. Noi crediamo in Dio. Siamo degli adoratori di Dio. Siamo dei ricercatori di Dio. La Chiesa cattolica guarda con rispetto e riconosce la qualità del vostro cammino religioso, la ricchezza della vostra tradizione spirituale. Anche noi, cristiani, siamo fieri della nostra tradizione religiosa.
Valori comuni ma anche differenze da accettare con rispetto
Tanti valori ci accomunano, proseguiva, ma dobbiamo anche riconoscere e rispettare le nostre differenze, prima di tutto per quanto riguarda la persona di Gesù:
Cristiani e musulmani, generalmente ci siamo malcompresi, e qualche volta, in passato, ci siamo opposti e anche persi in polemiche e in guerre. Io credo che Dio c’inviti oggi, a cambiare le nostre vecchie abitudini. Dobbiamo rispettarci e anche stimolarci gli uni gli altri nelle opere di bene sul cammino di Dio.
E in questo impegno, concludeva Giovanni Paolo II, “siate certi della stima e della collaborazione dei vostri fratelli e sorelle cattolici, che io rappresento tra voi questa sera”.
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