Abate di San Miniato: fare delle nostre città simboli di pace, fraternità e accoglienza
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Prima meditazione per Papa Francesco e i membri della Curia romana riuniti da ieri pomeriggio ad Ariccia, presso la Casa del Divin Maestro, per la settimana di Esercizi Spirituali, che si concluderà venerdì 15 marzo. L’abate benedettino di San Miniato al Monte, Bernardo Francesco Maria Gianni, offre ancora una riflessione che richiama Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze costruttore di pace, che sognava e voleva una città simbolo di bellezza, fraternità, accoglienza universale e amore cristiano sul modello della Gerusalemme descritta dal profeta Isaia nel capitolo 60.
Il nostro Papa ce lo ha ricordato, sempre in quel bellissimo messaggio scritto per l’anniversario della Pontificia Accademia per la Vita, quando ci ha detto che la comunità umana è il sogno di Dio fin prima della creazione del mondo: ‘la comunità umana è il sogno di Dio’! Potremmo quasi dire che Giorgio la Pira ha sognato il sogno di Dio. E non per gioco di parole, perché in questo suo sogno, in questa sua passione, sovente incompresa anche da uomini di Chiesa del suo tempo, oltre che da ampi settori della sua cittadinanza, stava davvero un’altissima percezione del mistero che abita ogni città.
Spazi di riconciliazione e incontro
Un disegno che ieri come oggi non contemplava solo Firenze ma tutte le città del mondo intese come “spazio di riconciliazione, di pace, di incontro” per reagire ad un mondo troppe volte condannato, “per disperazione e rassegnazione, a tenebre che si credono ormai invincibili”. L’abate di San Miniato al Monte, parla anche di una “misterialità universale” che porta ogni città a riscoprire la sua vera vocazione: essere cioè il riflesso qui in terra della Gerusalemme celeste, dove la gente viva coesa, animata da desideri ardenti e da grandi speranze.
Un sogno, dice ancora l’abate, che lontano dall’essere una divagazione irrazionale, onirica e senza alcun significato è invece tanto concreto da aprire l’orizzonte all’azione di Dio. Rivisitare le città, rinnovarle alla base e al vertice come scriveva La Pira, diventa dunque fondamentale per il bene delle persone e delle strutture politiche, tecniche, economiche.
Ecco lo sguardo di fede, lo sguardo contemplativo… E’ il disegno che cerca di attuare nel corso di questa nuova storia santa, la storia di Cristo nel mondo, tentando nonostante tutte le resistenze, di rifrangere nella città dell’uomo le armonie, le bellezze, gli splendori della città di Dio: venga il tuo regno, come in cielo così in terra.”
L'agire della Chiesa
Riprendendo gli scritti di Giorgio La Pira e i versi del poeta Mario Luzi, che si fa interprete di questo straordinario sogno, il monaco benedettino chiede però che non vengano coinvolte solo le strutture civili, ma la Chiesa in primis si adoperi perché vinca e diventi concreto il desiderio di Dio per tutti gli uomini
Non possiamo tollerare che quello di Dio resti solo un tentativo. Come Chiesa dobbiamo fare in modo, senza esitazione, che questo tentativo di Dio si attui senza riserve, senza incontrare, soprattutto in noi, resistenza alcuna...E’ un ‘sogno’ che ha già avuto realizzazioni mirabili nel corso dei secoli passati; è un ‘sogno’ che avrà altre più ampie e più mirabili realizzazioni nel corso dei secoli futuri”. Lo sguardo di speranza radicato nella fede trinitaria. E si capisce; perché il disegno è sempre uno; uno è sempre il modello, il disegno che lo Spirito Santo ha costruito non per restare ideale, lontano e inefficace per la vita terrestre degli uomini, ma anzi, per operare in essa come lievito trasfiguratore.
Testimonianza, conversione, sguardo evangelico
Il richiamo è allora alla testimonianza che nasce dal fuoco dello Spirito Santo: l’unica fiamma capace di arrestare la “vampa devastatrice del mondo”. Testimonianza come gesto concreto, come fiducia in Dio, come dialogo di amore che restituisce ad ogni città la sua missione universale: “niente distruzione, niente guerra, ma solo orazione, progresso, bellezza, lavoro, pace! Le città sono storia resa visibile: un patrimonio sacro, che si edifica e si trasmette con tanto amore, di generazione in generazione: proprio come Gerusalemme!” Nella testimonianza ma anche nello sguardo evangelico, lucido e totale che ha guidato La Pira, e nella conversione del cuore, il monaco Bernardo Francesco Maria Gianni, ravvisa gli antidoti a tutti i gravi periodi di crisi e trapasso delle città in cui tutto sembra crollare. Ricostruire diventa allora la parola chiave suggerita dall’abate, come ha saputo fare l’architetto e urbanista Giovanni Michelucci, dopo le ferite inferte a Firenze e non solo dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale: città organiche, che vivono grazie al contributo di tutti, dal semplice operaio fino al sindaco, il vescovo, i presbiteri, gli artigiani.
E’ una prospettiva che di nuovo chiede quello stesso sguardo contemplativo che rende la città pur con tutte le sue contraddizioni, le sue fragilità, le sue ingiustizie, direi in questa visione organica, le sue ferite, una sorta di tabernacolo, che vogliamo tutti tornare a guardare come ci ha insegnato a farlo il nostro Papa nell’Evangelii gaudium.
Sguardo contemplativo sulle città
Abbiamo bisogno – conclude - di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. Egli vive fra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni in modo impreciso e diffuso.
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