Papa: il sigillo sacramentale salvaguarda la Confessione
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Ascoltare sempre con “grande generosità”, “pazienza”, “cuore aperto” e “spirito di padre” le confessioni dei fedeli, percorrere con loro “la via di santificazione che è il sacramento”, contemplate i “miracoli” di conversione che la “grazia” opera nel segreto del confessionale, miracoli di cui solo i sacerdoti e penitenzieri - assieme agli “angeli” - sono “testimoni”. Così il Papa ricevendo in Aula Paolo VI gli oltre 700 partecipanti al trentesimo Corso sul Foro interno, svoltosi in questi giorni al Palazzo della Cancelleria a Roma e organizzato dalla Penitenzieria Apostolica: essa è il “più antico Tribunale al servizio del Papa”, un “tribunale di misericordia”, spiega Francesco che nel pomeriggio presiede in Basilica Vaticana la Celebrazione Penitenziale di apertura dell’iniziativa di preghiera e riflessione “24 ore per il Signore” (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Il sigillo sacramentale
La Riconciliazione, chiarisce, “è un bene che la sapienza della Chiesa ha sempre salvaguardato con tutta la propria forza morale e giuridica con il sigillo sacramentale”.
Esso, anche se non sempre compreso dalla mentalità moderna, è indispensabile per la santità del sacramento e per la libertà di coscienza del penitente; il quale deve essere certo, in qualunque momento, che il colloquio sacramentale resterà nel segreto del confessionale, tra la propria coscienza che si apre alla grazia e Dio, con la mediazione necessaria del sacerdote. Il sigillo sacramentale è indispensabile e nessun potere umano ha giurisdizione, né può rivendicarla, su di esso.
Il senso di Foro interno
Ringraziando il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, per l’indirizzo di saluto introduttivo, assieme ai sacerdoti, ai futuri sacerdoti e a tutti i penitenzieri, il Pontefice evidenzia che l’importanza del ministero della misericordia “giustifica”, “esige” e quasi “impone” un’adeguata formazione, perché - auspica il Papa - l’incontro con i fedeli che domandano il perdono di Dio sia sempre un “reale incontro di salvezza”, nel quale “l’abbraccio del Signore sia percepito in tutta la sua forza, capace di cambiare, convertire, risanare e perdonare”. E, riallacciandosi al concetto di Foro interno, spiega quanto vada preso “sul serio”, raccomandando ancora il segreto del confessionale, senza echi “all’esterno” di esso.
Mi sono accorto che in alcuni gruppi nella Chiesa, gli incaricati, i superiori – diciamo così – mescolano le due cose e prendono dal foro interno per le decisioni in quello all’esterno, e viceversa. Per favore, questo è peccato! È un peccato contro la dignità della persona che si fida del sacerdote, manifesta la propria realtà per chiedere il perdono, e poi la si usa per sistemare le cose di un gruppo o di un movimento, forse – non so, invento –, forse persino di una nuova congregazione, non so. Ma foro interno è foro interno. È una cosa sacra.
Bisogno di formazione e sicurezza
In questa nostra epoca “che corre tanto velocemente”, nota Francesco, è possibile “fare riflessioni e bilanci” sui trent’anni del Corso sul Foro interno: il cardinale Piacenza poco prima aveva riferito di aver dovuto fermare le iscrizioni “per motivi logistici”, tanto che al Papa sembra “uno scherzo” che non ci sia stato “spazio in Vaticano”. Eppure, aggiunge, ciò denota che è “acuto” il “bisogno di formazione e sicurezza”, rispetto a materie “tanto importanti per la vita stessa della Chiesa e l’adempimento della missione che il Signore Gesù le ha affidato”.
Se da molte parti si sostiene che la Confessione, e con essa il senso del peccato, sia in crisi - e non possiamo non riconoscere una certa difficoltà dell’uomo contemporaneo al riguardo -, questa numerosa partecipazione di sacerdoti, neo-ordinati e ordinandi, testimonia il permanente interesse a lavorare insieme per affrontare e superare la crisi, anzitutto con le “armi della fede”, e offrendo un servizio sempre più qualificato e capace di manifestare realmente la bellezza della Misericordia divina.
Via di santificazione
Gesù, ricorda il Papa, è venuto “a salvarci rivelandoci il volto misericordioso di Dio e attirandoci a Lui con il suo Sacrificio d’amore”.
Il Sacramento della Riconciliazione è quindi una vera e propria via di santificazione; è il segno efficace che Gesù ha lasciato alla Chiesa perché la porta della casa del Padre restasse sempre aperta e fosse così sempre possibile il ritorno degli uomini a Lui.
Penitente e confessore
La Confessione sacramentale, aggiunge Francesco, è “via di santificazione” sia per il penitente sia per il confessore. Per il penitente perché l’assoluzione sacramentale, “validamente celebrata”, ridona “l’innocenza battesimale, la comunione piena con Dio”.
Quella comunione che Dio non interrompe mai verso l’uomo, ma alla quale l’uomo talvolta si sottrae usando male il dono stupendo della libertà.
Peccatori perdonati e ministri del perdono
Francesco ricorda poi l’incontro d’inizio marzo in Laterano con i sacerdoti della diocesi di Roma, che hanno riflettuto sul tema: “Riconciliazione, sorella del Battesimo”. Il sacramento della Penitenza, prosegue, è “fratello” del Battesimo. Per i sacerdoti, è via di santificazione innanzitutto quando, “umilmente, come tutti i peccatori”, si inginocchiano davanti al confessore ed implorano per sé stessi la “divina Misericordia”.
Ricordiamo sempre – e questo ci aiuterà tanto -, prima di andare al confessionale, di essere prima peccatori perdonati e, solo dopo, ministri del perdono. Inoltre – e questo è uno dei tanti doni che l’amore di predilezione di Cristo ci riserva – come confessori abbiamo il privilegio di contemplare costantemente i “miracoli” delle conversioni. Dobbiamo sempre riconoscere la potente azione della grazia, che è capace di trasformare il cuore di pietra in cuore di carne, di cambiare un peccatore fuggito lontano in figlio pentito che torna alla casa del padre.
Un abbraccio pieno di misericordia
Per tale ragione, osserva il Pontefice, il Corso sul Foro interno della Penitenzieria Apostolica è un “servizio ecclesiale importante”, che favorisce la necessaria formazione per una “celebrazione retta ed efficace” dell’“umile e fedele” sacramento della Riconciliazione, “presupposto indispensabile per la sua fruttuosità”.
Questo perché ogni singola Confessione sia sempre un nuovo e definitivo passo verso una più perfetta santificazione; un tenero abbraccio, pieno di misericordia, che contribuisce a dilatare il Regno di Dio, Regno d’amore, di verità e di pace.
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