Il Magistero dei Papi sull’elemosina
Laura De Luca – Città del Vaticano
“Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità”. Parole di Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima 2019.
Elemosina, uno dei fondamentali precetti della Quaresima
"Mettiamoci dunque tutti in cammino. Cercheremo sostegno ai buoni propositi nella preghiera, una preghiera convalidata da una più volenterosa disponibilità di sacrificio ed anche dalla rinuncia generosa a qualcosa di nostro per avere di che venire in soccorso ai poveri. È il consiglio antico di quello sperimentato maestro di vita spirituale, che fu Sant’Agostino: «Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio?», egli domanda. «Fac illi duas alas, ieiunium et eleemosynam», «Mettile due ali, il digiuno e l’elemosina» (S. Augustini Enarr. in Ps. 42, 8). Il programma è chiaro. Che il Signore ci conceda la generosità necessaria, per calarlo nella concretezza della nostra vita".
Così Paolo VI nella Messa del Mercoledi delle Ceneri del 1978, era l’8 febbraio
Ma chi sono veramente “i poveri”? Solo i barboni che incontriamo per strada? E che cosa significa davvero “elemosina”? Siamo sicuri che per praticarla sia sufficiente depositare un paio di monetine dentro una mano tesa e sgattaiolare via il prima possibile, con la coscienza a posto?
"La parola “elemosina” oggi non l’ascoltiamo volentieri. Sentiamo in essa qualcosa di umiliante. Questa parola sembra supporre un sistema sociale in cui regna l’ingiustizia, l’ineguale distribuzione dei beni, un sistema che dovrebbe essere cambiato con riforme adeguate. E se tali riforme non venissero compiute, si delineerebbe all’orizzonte della vita sociale la necessità di cambiamenti radicali, soprattutto nell’ambito dei rapporti tra gli uomini. (…)Possiamo non esser d’accordo con chi fa l’elemosina, per il modo in cui la fa. Possiamo anche non consentire con chi tende la mano chiedendo l’elemosina, in quanto non si sforza di guadagnarsi la vita da sé. Possiamo non approvare la società, il sistema sociale, in cui ci sia necessità di elemosina. Tuttavia il fatto stesso di prestare aiuto a chi ne ha bisogno, il fatto di condividere con gli altri i propri beni deve suscitare rispetto.”
E’ il 28 marzo 1979 quando Giovanni Paolo II pronuncia queste parole, in Udienza generale. In Italia sono gli anni di piombo, si è da poco concluso il processo per lo scandalo Lockeed , da pochi giorni è stato assassinato il giornalista Mino Pecorelli, mentre la magistratura Usa ha incriminato per bancarotta Michele Sindona. Da poche settimane è rientrato in Iran l’ayatollah Komeini dopo 15 anni di esilio… A Three Mile Island, negli Usa proprio mentre Giovanni Paolo II pronuncia queste parole, si verifica uno dei più gravi incidenti della storia dell'energia nucleare… Ai poveri sembra non pensarci nessuno.
"Spezza il tuo pane all'affamato e apri la tua casa ai poveri e ai raminghi; se vedi un ignudo, ricoprilo, non disprezzare la tua propria carne. Allora la tua luce spunterà come il mattino, e la tua salvezza germoglierà presto, la tua giustizia camminerà innanzi a te, e la gloria del Signore ti accoglierà. (Is. 58, 6-8)".
Giovanni XXIII, nel suo ultimo Mercoledi delle Ceneri, il 27 febbraio del 1963, aveva insistito sul precetto della carità come perfetta espressione dello spirito conciliare…
"È dunque il Concilio che dà il tono alla quaresima di quest'anno, battendo specialmente l'accento sull'impegno di ogni buon cristiano a vivere il precetto della carità, più che a soffermarsi a contemplare la novella fioritura di cui tutti vorranno allietarsi. È impegno di artefici, quindi, non di spettatori".
Artefici della carità in un mondo sempre più dilaniato da tensioni e da ferocia. Una sfida impegnativa. Anno 2011. Il nuovo millennio è appena iniziato e c’è chi parla di nuovo medioevo, di scontri di civiltà, di invasioni barbariche... Forse per questo Papa Benedetto XVI evoca un suo lontanissimo predecessore. Udienza generale del 9 marzo:
"San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: (…) A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di ‘misericordia’ abbraccia molte opere buone. Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l’elemosina, ma anche quelli di condizione modesta e povera. Così, disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell’anima” (Discorso 6 sulla Quaresima, 2: PL 54, 286). San Gregorio Magno ricordava, nella sua Regola Pastorale, che il digiuno è reso santo dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, da ogni gesto di generosità, che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una nostra privazione (cfr 19,10-11)".
Nulla dunque dev’essere fine a se stesso. Non il digiuno, che va finalizzato alla condivisione, all’elemosina, appunto, e non l’elemosina, che non può limitarsi a un fatto materiale, a quelle quattro monetine, alla frettolosa e asettica donazione a favore di un centro di accoglienza profughi o di una Onlus, per quanto gesti in sé apprezzabili…
"Ecco come, con la istituzione della Quaresima, la Chiesa non conduce i suoi figli a semplice esercizio di pratiche esteriori, ma ad impegno serio di amore e di generosità per il bene dei fratelli, alla luce dell'antico insegnamento dei profeti".
Lo ribadisce Giovanni XXIII nel suo già citato Radiomessaggio per la Quaresima 1963. E Giovanni Paolo II, nell’udienza del 28 marzo 1979, sottolinea la portata spirituale dell’offerta ai poveri…
"Nella Sacra Scrittura e secondo le categorie evangeliche, “elemosina” significa anzitutto dono interiore. Significa l’atteggiamento di apertura “verso l’altro”. Proprio tale atteggiamento è un fattore indispensabile della “metànoia”, cioè della conversione, così come sono anche indispensabili la preghiera e il digiuno". (…)
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. (Mt 25,35-40).
Ascolta la puntata di “Le voci dei Papi” andata in onda su Radio Vaticana Italia il 7 aprile dedicata al Magistero sull’elemosina.
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