Frère Alois da Papa Francesco: al cuore di Taizé i giovani e l'ecumenismo
Marie Duhamel e Adriana Masotti - Città del Vaticano
A distanza di due giorni dalla pubblicazione dell’Esortazione apostolica “Christus vivit”, frutto del Sinodo dell'ottobre scorso sui giovani, Papa Francesco ha ricevuto stamattina, frère Alois Löser, priore di Taizé, con un piccolo gruppo di accompagnatori.
Lo stretto rapporto tra la Comunità e i giovani
Monaco cattolico tedesco con cittadinanza francese, frère Alois è succeduto nel 2005 al fondatore della Comunità, frère Roger Schutz. Tra i due eventi, l'udienza e l'uscita del documento sui giovani, il legame è probabilmente solo di semplice coincidenza, ma è vero che pensare a Taizé significa, quasi immediatamente, pensare all’attenzione che questa Comunità ecumenica rivolge all’universo giovanile. Basti ricordare l'Incontro europeo organizzato da Taizé, da oltre 40 anni, in diverse città d’Europa, tappa annuale del Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra, iniziato da frére Roger.
L'incontro con il Papa, un dono per Taizé
Al termine dell'udienza di stamattina con Francesco, abbiamo intervistato frère Alois, per sapere qualcosa dei temi affrontati durante il colloquio:
R. - Sì, ogni anno ho l'opportunità di incontrare Papa Francesco e questo è un grande dono per noi di Taizé, perché questo esprime la comunione che noi viviamo con lui. Taizé non è un Paese extraterrestre: siamo parte della Chiesa. Questa mattina abbiamo parlato ancora del Sinodo sui giovani al quale ho partecipato. Ho ringraziato il Santo Padre per la presenza dei giovani durante quell’incontro, perché la loro presenza, come quella dei rappresentanti delle altre Chiese, ne ha cambiato il clima. Spero che per gli altri Sinodi, in futuro, la presenza delle altre Chiese possa essere ancora più importante.
Ha avuto l’opportunità di leggere un po’ in anteprima – o comunque da martedì – l’Esortazione apostolica “Cristus vivit”? Qual è la sua impressione?
R. - Ancora non l’ho potuta leggere per intero, ma sono contento che il Santo Padre abbia scritto questo documento. Ho letto un po’ e un punto importante che il Papa sottolinea è quello di non avere paura: non avere paura del fatto che i giovani criticano la Chiesa, che fanno proposte che forse per noi sono un po’ nuove o strane, ma non dobbiamo rispondere subito dicendo che questo non è possibile, dobbiamo accogliere queste proposte. Nell’Esortazione il Papa dice una Chiesa giovane può accogliere queste proposte senza paura, poi vedremo dove andare.
Francesco invita ad una pastorale più flessibile, meno rigida e che possa anche permettere ai giovani di incontrarsi nella gioia. Questo a Taizé lo fate già …
R. - Sì, è molto importante per noi a Taizé accogliere i giovani con la loro piccola fede. Non possiamo aspettarci sempre testimonianze meravigliose sulla fede, no. Spesso, molto spesso, è una piccola fede, ma dobbiamo accogliere, rendere grazie per questo e accompagnare i giovani per avanzare nella fede.
É sempre lo spirito dell’ecumenismo quello che giustamente esprime il Papa quando sollecita nell’Esortazione ad aprire le porte …
R. - Certo. Lui sa che a Taizé non vengono solo cattolici, ma anche protestanti, anglicani, ortodossi. Lui sa anche che nella Comunità siamo fratelli appartenenti a diverse Chiese, ma non vogliamo vivere un ecumenismo che sia un parallelismo con argomenti teologici che ripetono sempre la divisione, no: vogliamo anticipare l’unità nella preghiera. Nella preghiera comune Cristo già ci unisce.
Ogni tanto il Papa viene perfino criticato perché, qualche volta, non va a far visita ai cattolici, ma, ad esempio, va all’incontro dei luterani, degli ortodossi … Quindi sentiamo questa sua necessità di lavorare per l’ecumenismo e anche per il dialogo, come abbiamo visto in Marocco. Come vede questo impegno personale di Papa Francesco?
R. - È molto importante. Questo dialogo con gli altri cristiani, con gli altri credenti, con il mondo, è un impegno che risale al Concilio Vaticano II. Ma oggi il mondo è cambiato e dobbiamo dare di nuovo vitalità a questo dialogo con le religioni, con gli altri cristiani, ma anche con il mondo della scienza e con il mondo moderno. Questo non è soltanto un dovere che si aggiunge alla nostra fede, ma il cuore del Vangelo è proprio il dialogo con tutti gli uomini, perché Cristo è morto per tutti, per tutta l’umanità. Cosa significa questo? A Taizé, ad esempio, accogliamo rifugiati e tra di loro ci sono anche musulmani; siamo amici adesso, c’è un’amicizia tra noi molto profonda. Ho detto ai miei confratelli che forse Cristo ci dice: “Io sono morto anche per loro, dunque prendeteli come amici e poi vedremo”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui