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Il Papa bacia i piedi per la pace in Sud Sudan

A Casa Santa Marta, il Papa bacia i piedi al presidente della Repubblica del Sud Sudan Salva Kiir Mayardit, e ai vice presidenti designati presenti, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio. Un gesto per chiedere la pace nel Paese al termine dei due giorni di ritiro spirituale per le autorità civili ed ecclesiastiche

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

La richiesta del cuore è un gesto che spezza il protocollo, che arriva in modo spontaneo, che non risponde ad alcun testo scritto ma solo a quel sentire forte che la riconciliazione è l’unica strada da seguire. In ginocchio, chino sui piedi dei leader sud sudanesi, Francesco chiede “con sentimenti più profondi” la pace per il piccolo Paese africano. Nel calore della sua Casa, che ha offerto per il ritiro spirituale di due giorni, il Papa non nasconde – dialogando spontaneamente - le future difficoltà ma insiste nella richiesta. Lo fa come “fratello”, lo fa lasciando parlare il suo cuore, lo fa chiedendo ai leader di raccogliere la sfida per diventare “da semplici cittadini”, “padri della Nazione”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

E a voi tre, che avete firmato l’Accordo di pace, vi chiedo come fratello, rimanete nella pace. Ve lo chiedo con il cuore. Andiamo avanti. Ci saranno tanti problemi, ma non spaventatevi, andate avanti, risolvete i problemi. Voi avete avviato un processo: che finisca bene. Ci saranno lotte fra voi due: sì. Anche queste siano dentro l’ufficio; davanti al popolo, le mani unite. Così da semplici cittadini diventerete Padri della Nazione. Permettetemi di chiederlo con il cuore, con i miei sentimenti più profondi.

Giorni di grazia

“Imploro che il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre”, che si guardi a ciò che unisce e non a ciò che divide, che il futuro del Sud Sudan sia nel segno della pace e della riconciliazione. Francesco, con il cuore “riconoscente ed esultante”, leggendo un testo che aveva preparato, si fa voce di speranza ringraziando i presenti, le autorità civili ed ecclesiastiche del Paese africano, che hanno animato il ritiro spirituale tenuto a Casa Santa Marta, “due giorni di grazia” per “invocare e ricevere” la pace. Un’iniziativa ideata dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e del Moderatore della Chiesa presbiteriana di Scozia rev. John Chalmers.

Pace, condizione per il rispetto dei diritti umani

“Pace” è la parola che Francesco ripete più volte, evocando il saluto “incoraggiante e consolante” del Signore risorto apparso nel Cenacolo. “Il primo dono – afferma il Papa - offerto agli Apostoli dopo la sua dolorosa passione e dopo aver vinto la morte”. Ma la pace è anche “il primo compito che i capi delle Nazioni devono perseguire”, “condizione fondamentale per il rispetto dei diritti di ogni uomo e per lo sviluppo integrale dell’intero popolo”.

Anch’io rivolgo lo stesso saluto a voi, che siete venuti da un contesto di grande tribolazione per voi e per il vostro popolo, un popolo molto provato per le conseguenze dei conflitti. Che tali parole risuonino nel cenacolo di questa Casa come quelle del Maestro, in modo che tutti e ciascuno possano ricevere nuova forza per portare avanti il desiderato progresso della vostra giovane Nazione e, come il fuoco della Pentecoste per la giovane comunità dei cristiani, si possa accendere una nuova luce di speranza per tutto il popolo sud sudanese. È pertanto con tutto questo nel mio cuore che vi dico: «Pace a voi!».

Chi guida il popolo rende conto a Dio

Francesco, nel suo discorso, mette in luce la singolare esperienza fatta. Ricorda che il ritiro spirituale implica “un allontanamento volontario verso un luogo appartato” ed è caratterizzato “dal raccoglimento interiore, dalla preghiera fiduciosa, dalla riflessione ponderata e dagli incontri riconcilianti, per poter portare buoni frutti”. E’ stare insieme davanti a Dio, essere consapevoli “dell’enorme corresponsabilità per il presente e per il futuro del popolo sud sudanese”; “è impegnarsi, rinvigoriti e riconciliati, per la costruzione- dice Francesco - della vostra Nazione”. E’ anche sapere che a Lui bisogna rendere conto, che il servizio che si compie è ascolto del “gemito dei poveri che hanno fame e sete di giustizia”.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo che a noi, leader politici e religiosi, Dio ha affidato il compito di essere guide del suo popolo: ci ha affidato molto, e proprio per questo richiederà da noi molto di più! Ci domanderà conto del nostro servizio e della nostra amministrazione, del nostro impegno in favore della pace e del bene compiuto per i membri delle nostre comunità, in particolare i più bisognosi ed emarginati, in altre parole ci chiederà conto della nostra vita ma anche della vita degli altri.

Lo sguardo di Dio

Il Papa ricorda che il ritiro spirituale è anche un modo per mettersi davanti agli occhi di Gesù. E’ lo sguardo che cambia la direzione della vita come accaduto a Pietro, chiamato insieme al fratello Andrea. “Il primo sguardo – spiega il Pontefice - è lo sguardo dell’elezione che ha suscitato l’entusiasmo per una missione speciale”. C’è poi lo sguardo che tocca il cuore di Pietro, pentito dopo il tradimento di Gesù e che provoca la sua conversione. Infine lo sguardo dopo la Risurrezione, sul lago di Tiberiade, quando gli viene di nuovo affidata la missione di pastore del gregge; missione culminata con il sacrificio della vita. “Qual è oggi lo sguardo di Gesù su di me?”: si chiede Francesco. 

Siamo certi, cari fratelli, che tutti noi siamo sotto lo sguardo di Gesù: Lui ci guarda con amore, ci chiede qualcosa, ci perdona qualcosa e ci dà una missione. Lui ci mostra grande fiducia, scegliendoci per essere suoi collaboratori nella costruzione di un mondo più giusto. Siamo sicuri che il suo sguardo ci conosce a fondo, ci ama e ci trasforma, ci riconcilia e ci unisce. Il suo sguardo benevolo e misericordioso ci incoraggia a rinunciare alla strada che porta al peccato e alla morte e ci sostiene nel proseguire il cammino della pace e del bene

Il popolo aspetta la pace

Lo sguardo di Dio è uno sguardo di pace, “che esprime il desiderio ardente di giustizia, di riconciliazione”. Francesco si fa interprete di chi è in Sud Sudan e nutre “grandi aspettative” per “l’esito di questo giorno storico”. Un popolo che attende il ritorno, sperando nella “riconciliazione di tutti i suoi membri e una nuova era di pace e prosperità per tutti”. Il pensiero del Papa va a chi ha perso tutto nella guerra e nelle violenze che hanno seminato “morte, fame, dolore e pianto”.

Questo grido dei poveri e dei bisognosi lo abbiamo sentito fortemente, esso penetra i cieli fino al cuore di Dio Padre che vuole dar loro giustizia e donare loro la pace. A queste anime sofferenti penso incessantemente e imploro che il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre, che possano tornare nelle loro case e vivere in serenità. Supplico Dio onnipotente che la pace venga nella vostra terra, e mi rivolgo anche agli uomini di buona volontà affinché la pace venga nel vostro popolo.

La pace è possibile

Francesco è fermo e fiducioso nel ripetere che “la pace è possibile”, che è “un grande dono di Dio” ma anche un forte impegno degli uomini verso il popolo “nel dialogo, nel negoziato e nel perdono”. E’ il continuare ad essere “artigiani di pace, in uno spirito di fraternità e solidarietà”.

“Vi esorto pertanto a cercare ciò che vi unisce, a partire dall’appartenenza allo stesso popolo, e superare tutto ciò che vi divide. La gente è stanca ed esausta ormai per le guerre passate: ricordatevi che con la guerra si perde tutto! La vostra gente oggi brama un futuro migliore, che passa attraverso la riconciliazione e la pace”

Ricordando l’accordo di pace sottoscritto nel settembre scorso, il Papa si congratula per la determinazione mostrata, la prontezza nel riconciliarsi. L’invito è che “cessino le ostilità”, “che sia rispettato l’armistizio”, che si superino “le divisioni politiche ed etniche” e che si cominci a “costruire la Nazione”.

Il desiderio del Papa

L’auspicio del Papa è che i cristiani in Sud Sudan siano operatori di pace “con la preghiera e la testimonianza, con la guida spirituale e l’assistenza umana”.

Confermo il mio desiderio e la mia speranza di potermi recare prossimamente, con la grazia di Dio, nella vostra amata Nazione, insieme ai miei cari fratelli qui presenti, l’Arcivescovo di Canterbury e già Moderatore della Chiesa Presbiteriana.

La preghiera del Papa per il Sud Sudan

Nel concludere l’incontro prima di un gesto che entra nella storia, Francesco prega insieme per la riconciliazione: 

Padre santo, Dio di infinita bontà, Tu ci chiami a rinnovarci nel tuo Spirito e manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella grazia del perdono. Riconosciamo il tuo amore di Padre quando pieghi la durezza dell’uomo e in un mondo lacerato da lotte e discordie lo rendi disponibile alla riconciliazione. Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza e Tu, invece di abbandonarli, hai stretto con loro un vincolo nuovo per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore: un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzarlo.

Ti preghiamo di agire, con la forza dello Spirito, nell’intimo dei cuori, perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia. Per tuo dono, o Padre, la ricerca sincera della pace estingua le contese, l’amore vinca l’odio e la vendetta sia disarmata dal perdono, perché affidandoci unicamente alla tua misericordia ritroviamo la via del ritorno a Te, e aprendoci all’azione dello Spirito Santo viviamo in Cristo la vita nuova, nella lode perenne del tuo nome e nel servizio dei fratelli. Amen 

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11 aprile 2019, 17:40