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 L'Aquila  a  10 anni dal sisma L'Aquila a 10 anni dal sisma 

Papa agli Aquilani: siate testimoni di legalità, sinergia e solidarietà

In una Lettera la preghiera e l'incoraggiamento di Francesco a quanti in questi giorni ricordano tra dolore e voglia di riscatto,la notte del 6 aprile del 2009, quando una violenta scossa di terremoto rase al suolo gran parte de L'Aquila e dei paesi limitrofi seminando morte e distruzione

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano 

Nel giorno del decimo anniversario del sisma che sconvolse il territorio dell' Aquila, seppellendo sotto le macerie 309 persone e ferendone oltre 1600, il Papa si unisce al ricordo e al dolore di tutta l'Italia scrivendo al popolo aquilano per assicurare la preghiera per le vittime e la vicinanza nel cammino di ricostruzione che si augura sia rapido e condiviso.

Preghiera e incoraggiamento del Papa

Nella lettera Francesco ricambia subito i "saluti cordiali" che tutti i cittadini hanno fatto giungere in Vaticano attraverso l'arcivescovo, il cardinale Giuseppe Petrocchi il quale, questa notte, ha presieduto nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio una Messa prima della veglia di preghiera con tutta la cittadinanza.

Nelle parole del pontefice il ricordo della "devastazione e della morte" seminate dal sisma: "prego - scrive - per le vittime di quella tragedia e per le loro famiglie. Vi assicuro che accompagno, con viva partecipazione, il faticoso cammino che vi impegna a ricostruire – bene, rapidamente e in maniera condivisa – gli edifici pubblici e privati, come anche le chiese e le strutture aggregative".

La comunità sia coesa e creativa

Infine Francesco invoca dal Signore Risorto "la luce e la forza per rendere sempre più coesa e creativa la vostra comunità ecclesiale e sociale, facendovi, così, coraggiosi testimoni di operosa legalità, di fattiva sinergia e di fraterna solidarietà".Le lettera si chiude con la preghiera alla Vergine perchè accompagni e bendica tutti con affetto". 

Mattarella: pensare al domani è un impegno

Le parole del Pontefice si uniscono a quelle del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che agli aquilani ha scritto un messaggio carico di fiducia e speranza pur senza nascondere che tanto va ancora fatto nella ricostruzione, una "sfida" per tutta l'Italia. Il tessuto urbano va "ricomposto e rivitalizzato", rimarca il presidente; la responsabilità è delle istituzioni, a tutti i livelli, e i cantieri devono diventare, nell'ottica del Capo dello Stato  "simbolo e incentivo alla speranza". Infine il pensiero al futuro delle giovani generazioni: "pensare al domani, e non soltanto all’oggi, è il nostro impegno davanti alle nuove generazioni. Lo dobbiamo ai giovani de L’Aquila anche ricordando quei ragazzi della Casa dello Studente, a cui il sisma spezzò i progetti di vita, e che nella memoria del Paese rappresentano ancora oggi il segno più penoso della tragedia del 6 aprile. Dare un degno futuro ai giovani è il traguardo più ambizioso del cammino di ricostruzione da percorrere".

La dolorosa testimonianza di un sopravvissuto

Purtroppo però nonostante gli sforzi, la realtà parla di ritardi gravi nella ricostruzione specie nelle frazioni. E' qui che Fabio Colagrande ha raccolto la testimonianza del giornalista Giustino Parisse da Onna, dove nel 2009 sotto le macerie perse i figli e il padre,tra quei quaranta che morirono. “Credo che nessuno di noi in questi anni abbia mai pensato di arrendersi” dice Parisse riflettendo sul significato di questo anniversario

Ascolta l'intervista a Giustino Parisse

Dalla disperazione alla reazione

“Potremmo dire che la forza non ci è mai mancata. A parte forse in quei primissimi istanti dopo la scossa delle 3.32 del 6 aprile 2009. Io mi guardavo intorno e vedevo la mia famiglia distrutta, la mia casa distrutta, il mio paese distrutto e tanti amici che se ne erano andati quella notte”. “È chiaro – continua Parisse – che in quelle ore la disperazione era totale. Poi, anche grazie a chi è venuto in quelle settimane, in quei mesi, a darci una mano e supportarci, abbiamo incominciato a riacquistare un po’ di fiducia, non dico nel futuro ma almeno nel presente. E poi, pian piano, il fatto di aver avuto presto un tetto sulla testa – e in questo la Protezione civile dell’epoca fu molto efficace – ci ha consentito di ricominciare a mettere insieme i ‘cocci’ che ci erano rimasti”.

Ricostruire noi stessi

“Man mano, ci rendevamo conto che qualcosa andava ricostruito, soprattutto in noi stessi”. “Ma alcune cose poi sono venute solo nel tempo. Per esempio, io e mia moglie abbiamo avuto il coraggio di andare a sfogliare le foto, che erano tantissime, dei miei figli, solo pochi mesi fa”. “E poi abbiamo cominciato progressivamente a ricostruire, non dico il futuro, ma almeno un po’ di spazio vitale. E dopo ancora abbiamo iniziato a pensare alla ricostruzione delle case, ma qui il discorso è ancora lungo”.

Solo un terzo del paese è rinato

In effetti, nelle frazioni de L’Aquila, come Onna, Paganica e Tempera, la ricostruzione stenta a decollare. Mente nel capoluogo la periferia è stata riscostruita almeno per il novanta per cento e anche il centro storico sembra avviato verso il rinnovamento, a Onna – dove si recò Benedetto XVI il 28 aprile del 2009 in visita a alle popolazioni terremotate – solo un terzo del paese è rinato e gran parte degli abitanti vivono ancora nelle casette prefabbricate della Croce Rossa.

Un programma non rispettato

“La ricostruzione nell’aquilano – spiega Parisse – si è svolta in tre tappe. Prima quella di emergenza: con la creazione di case provvisorie. Poi si è pensato alla periferia della città, dove c’erano case obbiettivamente meno danneggiate. E solo in un terzo tempo di è pensato ai centri storici. Quello de L’Aquila è stato ricostruito per il sessanta per cento, le frazioni purtroppo sono molto indietro”. “Ciò dipende – racconta il giornalista onnese – dal fatto che ai centri storici delle frazioni si è cominciato a pensare tardi, solo nel 2013. Il Comune aveva indicato delle aree prioritarie da ricostruire e Onna era tra queste. I soldi dovevano essere stanziati e i progetti approvati entro il 2015 e entro il 2019, cioè quest’anno, Onna avrebbe dovuto essere ricostruita completamente: questo era il cronoprogramma”. “I fatti sono andati diversamente – spiega ancora Parisse – all’inizio perché i soldi sono arrivati con leggero ritardo. Poi, perché obbiettivamente la progettazione della ricostruzione dei centri storici è più complicata. E questo per una serie di motivi: le proprietà sono parcellizzate e mettere d’accordo tante teste è difficile; i progetti tecnici sono tanti e non è facile decidere quale seguire; poi c’è la burocrazia che rallenta tutto. Insomma, una serie di fattori per cui dieci anni dopo, Onna è ricostruita solo per circa un terzo”.

Una fiaccolata in memoria

La notte del sei aprile, come ogni anno, Onna ha rivissuto quegli istanti tragici in preghiera. Una fiaccolata organizzata dai cittadini ha percorso i luoghi simbolo della tragedia di dieci anni fa. I cittadini avevano esposto di fronte alle abitazioni un lumino, accanto alle foto dei propri cari scomparsi sotto le macerie. “Durante la notte – ci confida Parisse – il mio pensiero è andato al fatto che fino alle 3.31 del 2009 la mia era una famiglia felice. Non era una famiglia particolare: stavamo bene, i ragazzi crescevano. Ma in pochi secondi è finito tutto. Così, anche quest’anno, ascoltando i rintocchi della campana che ricordavano i nostri quaranta morti e sentendo il loro nomi, sono tornato con la mente a quei momenti tragici. Erano tragici allora come oggi e il loro ricordo mi ha accompagnato per tutti questi dieci anni”. “Torno con difficoltà con la memoria a quegli eventi. Lo faccio solo perché credo che la memoria sia importante e per rispetto nei confronti dei colleghi che mi intervistano”.
“Un sogno ancora ce l’ho…”

“Oggi – conclude Giustino Parisse – la mia vita è molto complicata. Alcune parole, come serenità, felicità e gioia sono state abolite. Un piccolo sogno però ce l’ho. Quello di rivedere questo paese ricostruito, ma soprattutto di rivederci dentro le persone. Mi è capitato di scrivere che morirò sereno quando sentirò la voce dei bambini chiassosi all’interno di questo paese. Ecco, quello sarà il momento in cui me ne potrò andare senza rimpianti”.

 

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06 aprile 2019, 12:00