Il Papa: donazione di organi gesto di fraternità e dono a Dio
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La donazione di organi non è solo un “atto di responsabilità sociale”, ma anche un “espressione della fraternità universale che lega tra loro tutti gli uomini e le donne”. Per i credenti, poi, “è un dono fatto al Signore sofferente”, un gesto di amore generoso che contrasta le minacce contro la vita “dell’aborto e dell’eutanasia”. Papa Francesco parla così ai 400 volontari dell’Associazione italiana donatori di organi, l’Aido, accolti nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, in rappresentanza, ricorda, “di migliaia di persone che hanno scelto di testimoniare e diffondere i valori della condivisione e della donazione, senza nulla chiedere in cambio”.
Donare gli organi è una necessità sociale
Dopo il saluto della presidente Aido Flavia Petrin, il Pontefice ricorda che “gli sviluppi della medicina dei trapianti hanno reso possibile donare dopo la morte, e in certi casi anche in vita (come ad esempio nel caso del rene), degli organi per salvare altre vite umane”. Ma anche “per conservare, recuperare e migliorare lo stato di salute di tante persone malate che non hanno altra alternativa”. Quindi, sottolinea il Papa, la donazione degli organi “risponde ad una necessità sociale perché, nonostante lo sviluppo di molte cure mediche, il fabbisogno di organi rimane ancora grande”.
Esperienza profondamente umana e carica di amore
Non si tratta però solo di un gesto “utile”, ma, chiarisce Francesco, “di esperienze profondamente umane e cariche di amore e di altruismo”.
La donazione significa guardare e andare oltre sé stessi, oltre i bisogni individuali e aprirsi con generosità verso un bene più ampio. In questa prospettiva, la donazione di organi si pone non solo come atto di responsabilità sociale, bensì quale espressione della fraternità universale che lega tra loro tutti gli uomini e le donne.
Il Catechismo: "atto di generosa solidarietà da incoraggiare"
Quindi Papa Francesco cita il Catechismo della Chiesa Cattolica, quando sottolinea che “La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà”. L’uomo vive di relazioni, spiega il Papa, e quindi “ciascuno di noi realizza sé stesso anche attraverso la partecipazione alla realizzazione del bene altrui”.
Atto gratuito e non retribuito: il corpo non è merce
Francesco ricorda quindi che San Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Evangelium vitae”, chiarisce che “tra i gesti che concorrono ad alimentare un’autentica cultura della vita ‘merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili – questo va sottolineato – per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza’”.
E’ importante mantenere la donazione degli organi come atto gratuito non retribuito. Infatti, ogni forma di mercificazione del corpo o di una sua parte è contraria alla dignità umana. Nel donare il sangue o un organo del corpo, è necessario rispettare la prospettiva etica e religiosa.
I credenti vivano la donazione come un'offerta al Signore
Per quanti non hanno una fede religiosa, sottolinea ancora il Pontefice, il gesto verso i fratelli bisognosi è compiuto “sulla base di un ideale di disinteressata solidarietà umana”.
I credenti sono chiamati a viverlo come un’offerta al Signore, il quale si è identificato con quanti soffrono a causa della malattia, di incidenti stradali o di infortuni sul lavoro. È bello, per i discepoli di Gesù, offrire i propri organi, nei termini consentiti dalla legge e dalla morale, perché si tratta di un dono fatto al Signore sofferente.
Promuovere una cultura della donazione
Gesù infatti ha detto, ricorda Papa Francesco, “che ogni cosa che abbiamo fatto a un fratello nel bisogno l’abbiamo fatta a Lui”. È importante, quindi, conclude il Papa “promuovere una cultura della donazione che, attraverso l’informazione, la sensibilizzazione e il vostro costante e apprezzato impegno, favorisca questa offerta di una parte del proprio corpo, senza rischio o conseguenze sproporzionate, nella donazione da vivente, e di tutti gli organi dopo la propria morte”.
Dalla nostra stessa morte e dal nostro dono possono sorgere vita e salute di altri, malati e sofferenti, contribuendo a rafforzare una cultura dell’aiuto, del dono, della speranza, della vita. Di fronte alle minacce contro la vita, cui dobbiamo purtroppo assistere quasi quotidianamente, come nel caso dell’aborto e dell’eutanasia - per menzionare soltanto l’inizio e la fine della vita -, la società ha bisogno di questi gesti concreti di solidarietà e di amore generoso, per fare capire che la vita è una cosa sacra.
Continuate a difendere e promuovere la vita
Prima di congedarsi, Francesco incoraggia i volontari dell’Aido a proseguire nei loro sforzi “di difendere e promuovere la vita, attraverso i mezzi meravigliosi della donazione degli organi”. E conclude con le parole di Gesù: “Date e vi sarà dato: una buona misura, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo”. Riceveremo la nostra ricompensa da Dio, commenta il Pontefice, “secondo l’amore sincero e concreto che abbiamo mostrato verso il nostro prossimo”.
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