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Francesco in Romania: società è civile se include i deboli. Grazie ai vostri emigrati

Nel suo primo discorso a Bucarest, nel palazzo presidenziale, Papa Francesco invita le “forze politiche, economiche, sociali e spirituali” del Paese a “camminare insieme” per il bene comune del popolo, e ricorda che questo “richiede di rinunciare a qualcosa” del “proprio interesse" per "un disegno più ampio”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un invito a “camminare insieme” per il bene comune del popolo rumeno, ricordando che questo "richiede la nobiltà di rinunciare a qualcosa della propria visione o del proprio specifico interesse a favore di un disegno più ampio”, per “costruire una società inclusiva” dove “i più deboli, i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati”. Papa Francesco inizia così il suo viaggio apostolico in Romania, il 30esimo del suo pontificato, parlando, nel palazzo presidenziale di Bucarest, alle autorità del Paese, quelle “forze politiche, economiche, sociali e spirituali” che chiama a “far crescere la positiva collaborazione” per affrontare “i problemi di questa nuova fase storica”.

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Vent' anni dopo san Giovanni Paolo II

Nella sala Unirii del palazzo Cotroceni, dopo il benvenuto ufficiale nel cortile, lo scambio di doni e gli incontri privati con il presidente della Repubblica Klaus Werner Iohannis e il primo ministro, la signora Vasilica Viorica Dancila, il Papa prende la parola dopo il saluto del capo dello Stato. E saluta, con “fraterno amore il mio fratello Daniel”, il patriarca della Chiesa ortodossa rumena .

Sono lieto di trovarmi nella vostra ţară frumoasă (bella terra), a vent’anni dalla visita di San Giovanni Paolo II e mentre la Romania – per la prima volta da quando è entrata a far parte dell’Unione Europea – presiede in questo semestre il Consiglio Europeo.

Da Ceausescu alla presidenza del Consiglio Europeo

Francesco rivolge il suo sguardo ai trent’anni trascorsi dalla fine del regime di Ceausescu, che “opprimeva la libertà civile e religiosa” e isolava la Romania “rispetto agli altri Paesi europei, e che inoltre aveva portato alla stagnazione della sua economia e all’esaurirsi delle sue forze creative”.

Durante questo tempo la Romania si è impegnata nella costruzione di un progetto democratico attraverso il pluralismo delle forze politiche e sociali e il loro reciproco dialogo, per il fondamentale riconoscimento della libertà religiosa e per il pieno inserimento del Paese nel più ampio scenario internazionale. È importante riconoscere i molti passi avanti compiuti su questa strada, anche in mezzo a grandi difficoltà e privazioni.

Lo scoglio dell'emigrazione, lo spopolamento dei villaggi

Ma al tempo stesso, sottolinea il Pontefice, bisogna riconoscere “che le trasformazioni rese necessarie dall’apertura di una nuova era hanno comportato – insieme alle positive conquiste – il sorgere di inevitabili scogli da superare e di conseguenze non sempre facili da gestire per la stabilità sociale e per la stessa amministrazione del territorio”. Papa Francesco pensa in primo luogo “al fenomeno dell’emigrazione, che ha coinvolto diversi milioni di persone che hanno lasciato la casa e la Patria per cercare nuove opportunità di lavoro e di vita dignitosa”. Pensa “allo spopolamento di tanti villaggi”…

Penso alle conseguenze che tutto questo può avere sulla qualità della vita in quei territori e all’indebolimento delle forze più ricche e delle radici più grandi culturali vostre. E vi hanno sostenuto – queste radici – nei momenti più brutti, nelle avversità. Rendo omaggio ai sacrifici di tanti figli e figlie della Romania che, con la loro cultura, il loro patrimonio di valori e il loro lavoro, arricchiscono i Paesi in cui sono emigrati, e con il frutto del loro impegno aiutano le loro famiglie rimaste in patria. Pensare ai fratelli e alle sorelle che sono all’estero è un atto di patriottismo, è un atto di fratellanza, è un atto di giustizia. Continuate a farlo.

Camminare insieme per il bene comune del popolo

“Per affrontare i problemi di questa nuova fase storica”, prosegue il Papa “è necessario camminare insieme” per il “bene comune” del popolo.

“Camminare insieme, come modo di costruire la storia, richiede la nobiltà di rinunciare a qualcosa della propria visione o del proprio specifico interesse a favore di un disegno più ampio, in modo da creare un’armonia che consenta di procedere sicuri verso mete condivise”

In tal modo si può costruire una società inclusiva, nella quale ciascuno (…) diventi protagonista del bene comune; una società dove i più deboli, i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla “macchina” di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile.

Solo una società che ha cura degli ultimi è davvero civile

Anzi, aggiunge Francesco, “sono visti come la migliore verifica della reale bontà del modello di società che si viene costruendo. Quanto più infatti una società si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati, tanto più può dirsi veramente civile”. Per raggiungere questi obiettivi, osserva il Pontefice, occorre “un’anima e un cuore” liberi “dal dilagante potere dei centri dell’alta finanza”, nella “consapevolezza della centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili”. Si tratta quindi "di sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l’anima del vostro popolo, perché i popoli hanno un’anima; hanno un modo di capire la realtà, di vivere la realtà. Tornare sempre all’anima del proprio popolo: questo fa andare avanti il popolo".

Chiese cristiane unite per la costruzione della società

Questo, sottolinea Papa Francesco, è anche il contributo che possono offrire le Chiese cristiane, impegnandosi “a dare una testimonianza attraente dell’azione di Dio, promuovendo tra loro una vera amicizia e collaborazione”. Anche la Chiesa Cattolica “vuole portare il suo contributo alla costruzione della società, desidera essere segno di armonia, speranza di unità e mettersi al servizio della dignità umana e del bene comune” collaborando con le Autorità, con le altre Chiese e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

La Chiesa Cattolica non è estranea, ma pienamente partecipe dello spirito nazionale, come mostra la partecipazione dei suoi fedeli alla formazione del destino della nazione, alla creazione e allo sviluppo di strutture di educazione integrale e forme di assistenza proprie di uno Stato moderno.

Il Papa conclude il suo primo discorso augurando alla Romania “prosperità e pace” e invocando “sull’intera popolazione del Paese l’abbondanza delle Benedizioni divine e la protezione della Santa Madre di Dio”.

Il presidente: la fiducia di Wojtyla nel nostro destino europeo 

Prima del discorso di Francesco , il saluto del presidente Klaus Werner Iohannis, che prima dell'incontro privato ha ricevuto da Papa Francesco la formella della medaglia del viaggio apostolico. Al centro della medaglia la cartina della Romania e la lettera “M”, a rappresentare la Vergine Maria. Sopra la corona 12 stelle, simbolo del trionfo e della vittoria. La cornice di rose simboleggia la Romania come il “giardino della Madre di Dio”. E' con questo modo, ricorda il presidente, che Giovanni Paolo II ha chiamato questa terra, la terra di sant' Andrea apostolo, nel suo viaggio di 20 anni fa. Partendo, Papa Wojtyla, sottolinea Werner Iohannis, "ci ha lasciato un forte messaggio di fiducia nel futuro del nostro Paese, nel suo destino europeo, nel ruolo della nostra civiltà come ponte tra Occidente e Oriente". Oggi posso dirle, commenta, che questo messaggio ha fruttificato "e la Romania ha ritrovato il suo destino nella famiglia dell’Europa unita".

Nei nuovi beati di Blaj l'omaggio a chi ha dato la vita per libertà e fede

Il presidente della Romania ricorda le altre tappe dei tre giorni di Papa Francesco in Romania: Iaşi, Şumuleu Ciuc e Blaj, sicuro che "sarà accolto con il più grande calore". Sottolinea che "la beatificazione dei Vescovi martiri della Chiesa Romena unita con Roma, Greco-Cattolica", domenica mattina a Blaj, "è anche un grande omaggio a tutti coloro che si sono sacrificati durante il periodo comunista per la libertà e per la fede". E visto che oggi l'Europa ha bisogno di "modelli di convivenza pacifica", di "dialogo tra la maggioranza e le minoranze", porta la Romania come "esempio di 'buone pratiche', per il modo in cui ha assicurato e assicura il rispetto dei diritti delle persone appartenenti alle 20 minoranze nazionali storiche del suo territorio".

Grazie per l'ospitalità dei cattolici alla diaspora rumena in Europa

Klaus Werner Iohannis conclude il suo saluto sottolineando che la missione che Francesco "porta avanti nel mondo è ben conosciuta e apprezzata nel nostro Paese". L' amore al prossimo, al quale il Papa "fa ogni volta appello" è un dono condiviso che è fondamento, per il presidente rumeno "dei buoni rapporti tra i culti nel nostro Paese". In un Paese come la Romania a maggioranza ortodossa, "l’impegno dello Stato di garantire la libertà religiosa ha portato a un dialogo interconfessionale caratterizzato da un profondo rispetto reciproco". E questo clima "rispecchia anche l’ospitalità che la Chiesa Cattolica offre alla nostra diaspora in Europa, per la quale vorrei ringraziarvi moltissimo!". Gli appelli del Papa "all’empatia e all’azione di fronte alla povertà, alla violenza, alle migrazioni, all’indebolimento della comunione umana, all’aggressione nei confronti dell’ambiente e al consumismo", risuonano nella società romena. E noi, conclude "stiamo camminando con fiducia assieme a Vostra Santità su questo ponte per costruire un mondo di pace e di realizzazione umana, un giardino della Madre di Dio per tutti, verso il quale dobbiamo 'Camminare insieme!'".

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31 maggio 2019, 12:39