Papa al convegno di Napoli: al centro la teologia di Francesco
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
"Una teologia che, a partire dalla profondità della fede cristiana, si proietti e si focalizzi sulla realtà che ci circonda: è l'obiettivo che ci spinge a coltivare il Papa e che rappresenta un vero ribaltamento in ambito teologico e in generale nella vita della Chiesa". Così Fabrizio Mandreoli docente di Teologia fondamentale e Storia del pensiero teologico alla Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna sintetizza quella che definisce "la proposta teologica di Francesco".
La teologia del contesto
Sicuramente il rinnovamento degli studi e delle facoltà teologiche in questo senso è il messaggio contenuto nella Costituzione apostolica Veritatis gaudium, che fa parlare di una "teologia del contesto" cioè che discerna i segni dei tempi per cogliere l’attualità della Parola di Dio nel contesto in cui viviamo. Ed è da qui che prenderà corpo il Convegno di Napoli - dal titolo "La Teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo" - a cui lo stesso Papa ha accettato di partecipare con una riflessione conclusiva, prevista venerdì prossimo intorno alle ore 12, alla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale a Posillipo. Il Convegno che inizierà giovedì prossimo delineerà prima le sfide che caratterizzano la nuova frontiera del Mare nostrum - migrazioni, intercultura, dialogo - per poi proporre possibili soluzioni nell'ambito dell'arte come luogo di incontro, del dialogo interreligioso, del discernimento come metodo di risoluzione delle tensioni.
Ma come si applica la nuova teologia proposta dal Papa, cioè "compromessa" con la realtà al Mediterraneo? Cosa c'è all'origine del messaggio che il Papa ha affidato alla Veritatis gaudium e che tanto si lega a tutto il suo magistero, basato sulla missionarietà, sull'incontro, sul dialogo a tutto campo, sulle mani tese e non sull'isolamento? A Vatican News parla il professor Fabrizio Mandreoli che, interverrà al Convegno con una relazione dal titolo: "Quale teologia nel contesto del Mediterraneo?". Il professore parte col delineare la proposta teologica di Francesco :
R. – Credo che la grande proposta che viene fatta da Papa Francesco sia proprio quella di riflettere dentro la tradizione e dentro la vita della Chiesa ma cercando di lasciarsi interpellare dalle domande che la realtà ci pone. Lui dice: la teologia per rinnovarsi ha bisogno di ascoltare e osservare attentamente tutte quelle esperienze che il popolo di Dio già sta facendo e in cui sta avvenendo una sintesi tra le culture delle persone, le loro complesse biografie e l’annuncio del Vangelo; e proprio nell’ascolto di queste esperienze in cui il Vangelo tocca davvero il vissuto umano, noi troveremo i criteri, le prospettive, gli impulsi che ci aiuteranno a rinnovare la teologia.
E questo farebbe bene, più in generale, anche alla vita della Chiesa?
R. – Tantissimo. Vi è da questo espediente la possibilità che entrino dentro il vissuto della Chiesa, dentro la questione del Magistero, dentro la vita della comunità, dentro la vita delle facoltà di teologia criteri, punti di vista, problemi che possano davvero aiutare a rinnovare il vissuto, le strutture, non solo internamente alla Chiesa ma nella vita della società dove spesso si ha l’impressione si faccia l’opposto di quello che dice Papa Francesco. Lui dice: la realtà viene prima dell’idea mentre spesso si ha l’impressione che l’idea 'ruspi'via tutte le realtà.
Questo ha a che fare in un certo senso anche con quelle espressioni che il Papa usa spesso, quel "farsi carico", quel "compromettersi"?
R. – Tantissimo. A me è piaciuta moltissimo l’espressione che il Papa ha utilizzato quando ha parlato alla diocesi di Roma: “La cosa importante per noi" ha detto "è avere una spiritualità, una vita ecclesiale, una teologia capace di reggere e sostenere il disordine della vita dell’uomo in maniera non spaventata.: il coraggio del disordine dell’uomo, perché il Vangelo poi è fatto per entrare lì.
E ad un contesto come quello del Mediterraneo di oggi, la teologia dopo la Veritatis gaudium per così dire "compromessa con la realtà", che apporto dovrebbe dare?
R. – Penso che la prima sfida sia riappropriarsi delle ricchezze di una teologia che è sempre stata unitaria nella fede ma plurale nelle situazioni, nelle sensibilità. Un secondo punto che sento molto forte è tutto il tema del chi fa teologia. Le nostre istituzioni hanno bisogno di teologi di studenti di professori, ricercatori che sono seduti in mezzo a questi contesti. E’ chiaro che nello stesso Mediterraneo, dentro questa grande pluralità c’è un bisogno di una pluralizzazione dei soggetti che fanno teologia: de-clericalizzare la teologia. Altro elemento dal punto di vista teologico: abbiamo bisogno di un approccio che permetta quello che il Papa chiama il “dialogo a tutto campo”.
Quindi radicati nel Vangelo e attenti al mondo e all’opzione per gli ultimi?
R. – Attenzione per gli ultimi, ascoltare cosa hanno da dire. Penso che la cosa importante sia questa, un’opzione per gli ultimi che, mi sembra molto bello, non ha niente di paternalistico.
Quindi questo, rivolto alle facoltà di Teologia, significa: apritevi, fate rete ma sempre tenendo il timone dritto e le radici innestate su Cristo?
R. – Sì, è così. Fate rete, interdisciplinarietà, apritevi, transdisciplinarietà, dialogo a tutto campo e soprattutto uscire un po’ dalle nicchie dell’autoreferenzialità e dell’autosufficienza.
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