Papa a giovani e famiglie: la fede non è quotata in borsa, ma è certezza di amore
Barbara Castelli – Città del Vaticano
“Il maligno divide, disperde, separa e crea discordia, semina diffidenza”, “lo Spirito, al contrario, ci ricorda che non siamo esseri anonimi, astratti, esseri senza volto, senza storia, senza identità”. In un mosaico straordinario di generazioni ed etnie, Papa Francesco si rivolge a giovani e famiglie per mettere a fuoco l’importanza delle “radici”, quella “connessione” che ci rammenta che “la vita di ciascuno è ancorata alla vita degli altri”. Nel piazzale antistante il Palazzo della cultura di Iaşi, durante l’incontro mariano, il Pontefice ribadisce che la fede “non è quotata in borsa, non si vende”, apparentemente “può sembrare che non serva a niente”, ma “è un dono che mantiene viva una certezza profonda e bella: la nostra appartenenza di figli, e figli amati da Dio”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Lo Spirito Santo apre percorsi di speranza
Partendo dalla testimonianza resa precedentemente dai nonni Elisabetta e Ioan, oltre che dalla giovane coppia Alexandra e Gabriel e dal giovane studente Eduard, Papa Bergoglio ringrazia per il caloroso benvenuto e per l’atmosfera di “casa”. “In questa piazza – sottolinea – si trova il volto della famiglia di Dio che abbraccia bambini, giovani, coniugi, consacrati, anziani rumeni di diverse regioni e tradizioni, come pure della Moldavia, e anche quelli che sono venuti dall’altra sponda del fiume Prut, i fedeli di lingua csango, polacca e russa”.
Lo Spirito Santo ci convoca tutti e ci aiuta a scoprire la bellezza di stare insieme, di poterci incontrare per camminare insieme. Ognuno con la propria lingua e tradizione, ma felice di incontrarsi tra fratelli.
Nel solco dell’esperienza inaugurata dagli Apostoli, oggi i fedeli sono chiamati a “seminare” la gioia del Vangelo, sospinti dallo Spirito, che “abbraccia le nostre differenze e ci dona la forza per aprire percorsi di speranza tirando fuori il meglio da ciascuno”. Certo, riconosce, “camminare insieme” non è facile, ma è un dono da chiedere, “un’opera artigianale” da costruire e trasmettere.
Le radici dell’amore
Per guardare al futuro e aprirsi al domani, non bisogna dimenticare da dove si è partiti, le proprie radici.
È la sapienza che si riceve con gli anni: quando cresci, non ti dimenticare di tua madre e di tua nonna e di quella fede semplice ma robusta che le caratterizzava e che dava loro forza e costanza per andare avanti e non farsi cadere le braccia. È un invito a ringraziare e riabilitare la generosità, il coraggio, il disinteresse di una fede “fatta in casa”, che passa inosservata ma che costruisce a poco a poco il Regno di Dio.
“L’amore mette radici e ci invita a metterle nella vita degli altri”, prosegue Papa Francesco nel discorso, richiamando anche la profezia di un santo eremita di queste terre, la “felicità personale passa dal rendere felici gli altri. Tutto il resto sono favole”.
Quando le persone non ameranno più, sarà davvero la fine del mondo. Perché senza amore e senza Dio nessun uomo può vivere sulla terra. La vita inizia a spegnersi e a marcire, il nostro cuore smette di battere e inaridisce, gli anziani non sogneranno e i giovani non profetizzeranno quando non ci saranno sentieri dal vicino al vicino… Perché senza amore e senza Dio nessun uomo può vivere sulla terra.
Le provocazioni della vita
A tutti il Pontefice chiede di vivere la propria fede in mezzo alle “tante le provocazioni che ci possono scoraggiare e farci chiudere in noi stessi”, riconoscendo la “vocazione” donata dal Signore, scoprendo i propri “talenti” e mettendoli “al servizio degli altri”.
Questa è una libertà molto più grande che poter consumare e comprare cose. Una vocazione che ci mette in movimento, ci fa abbattere trincee e aprire strade che ci ricordino quell’appartenenza di figli e fratelli.
Lasciare crescere la fede
Nel “giardino della Madre di Dio”, Papa Francesco consacra a Maria “l’avvenire dei giovani, delle famiglie e della Chiesa”, ribadendo che “la fede non si trasmette solo con le parole, ma con gesti, sguardi, carezze come quelle delle nostre madri, delle nostre nonne; con il sapore delle cose che abbiamo imparato in casa, in maniera semplice e genuina”. Raccontando un episodio avvenuto poco prima di salire sul palco, a braccio, insiste sull’importanza dei nonni, che possono “sognare grazie ai nipoti”.
Lì dove c’è molto rumore, che sappiamo ascoltare; dove c’è confusione, che ispiriamo armonia; dove tutto si riveste di ambiguità, che possiamo portare chiarezza; dove c’è esclusione, che portiamo condivisione; in mezzo al sensazionalismo, ai messaggi e alla notizie rapide, che abbiamo cura dell’integrità degli altri; in mezzo all’aggressività, che diamo la precedenza alla pace; in mezzo alla falsità, che portiamo la verità; che in tutto, in tutto privilegiamo l’aprire strade per sentire questa appartenenza di figli e di fratelli.
La Vergine di Cacica
All’incontro con Papa Francesco le migliaia di persone presenti si sono preparate con la preghiera, rivolta all’icona della Vergine di Cacica. La recita del rosario ha scandito l’attesa, anche per i tanti bambini presenti, ai quali il Pontefice rivolge un pensiero particolare, nell’odierna Giornata internazionale a loro dedicata. Istituita nel 1925 durante la Conferenza mondiale sul benessere dei bambini di Ginevra, la Giornata (da non confondere con la Giornata mondiale dell’infanzia celebrata dall’Onu il 20 novembre) vuole richiamare l’attenzione sulle tante violenze che l’infanzia subisce e si propone di sollecitare il mondo a un preciso impegno nel tutelare i piccoli da ogni sopruso.
Li salutiamo con un forte applauso! Vorrei che la prima cosa che facciamo sia pregare per loro: chiediamo alla Vergine che li protegga con il suo manto. Gesù li ha posti in mezzo ai suoi apostoli; anche noi vogliamo metterli in mezzo e riaffermare il nostro impegno di volerli amare con lo stesso amore con cui il Signore li ama, impegnandoci a donare loro il diritto al futuro.
La festa delle esperienze
Il discorso di Papa Bergoglio è preceduto dal saluto di mons. Petru Gherghel, vescovo di Iaşi, che rivolge al Pontefice un caloroso e collettivo “benvenuto”, ribadendo l’impegno della Chiesa in Romania di “trasmettere ai giovani il tesoro della fede e dell’amore, quale garanzia di felicità e di speranza”. In un crocevia di esperienze, la giovane coppia parla dei tanti problemi della società di oggi – “la corruzione, la migrazione, la mancanza di riconciliazione, l’insicurezza di un futuro nel paese” – e di come, comunque, i giovani e le famiglie cerchino di “costruire con pazienza una società più accogliente e più umana”. Eduard racconta l’impegno a coltivare l’amicizia con Gesù, pur in un mondo che invita a perseguire l’egoismo esasperato; e nella testimonianza della famiglia di tre generazioni prende corpo l’importanza della trasmissione della fede.
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