Solennità di Pietro e Paolo nel Magistero dei Papi del passato
Laura De Luca – Città del Vaticano
Pietro, Paolo, e Roma. Da questo punto di incontro di due destini umani diversissimi fra loro e di un luogo storico, ha inizio la storia della chiesa universale. Giovanni Paolo II, 29 giugno 1994.
“Oggi carissimi riflettiamo sul cammino percorso da entrambi gli Apostoli, un cammino terminato proprio qui, a Roma. Fu un itinerario che condusse Pietro dapprima in prigione a Gerusalemme, dove fu gettato da Erode, e da dove il Signore lo strappò miracolosamente; quell’itinerario condusse poi Pietro attraverso Antiochia, fino a Roma, come leggiamo negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo. Il cammino di Paolo invece fu diverso: si sviluppò lungo la rotta dei quattro memorabili viaggi apostolici. (…)Paolo, maestro delle nazioni, e Pietro, al quale il Signore affidò le chiavi del Regno dei cieli, si incontrarono finalmente a Roma. Cristo aveva legato i destini di questi due Apostoli, giunti a Lui per vie così diverse. Entrambi furono condotti da Cristo alla capitale dell’Impero, che diverrà il centro della sua Chiesa. Qui giunse per l’uno e per l’altro il giorno in cui il loro sangue doveva essere sparso in sacrificio. E così, da allora, Roma è rimasta la città della testimonianza definitiva degli Apostoli Pietro e Paolo, il luogo del loro martirio: una morte che - grazie a quella di Cristo - genera nuova vita.”
Con i toni aulici del tempo, che esaltavano su tutte altre basi la gloria di Roma, ecco come Papa Pio XII, mentre infuria il conflitto mondale, celebra la grandezza di Roma basata sul sangue dei martiri. Radiomessaggio del 29 giugno 1941
“O Roma felix, quae duorum Principum
Es consecrata glorioso sanguine!
O Roma felice, che è stata consacrata dal sangue glorioso di questi due principi!" La felicità di Roma, che è di sangue e di fede, è pure la vostra; perché la fede di Roma, qui suggellata sulla destra e sulla sinistra sponda del Tevere con il sangue dei Principi degli Apostoli, è la fede che fu annunciata a voi, che si annuncia e si annuncerà nell’universo mondo. Rallegratevi del pensiero e del saluto di Roma, perché sentite in voi stessi il balzo della universale romanità della vostra fed”
Ma appunto è ai martiri che, in piena guerra, con negli occhi le sofferenze della gente, e gli eccessi dei tiranni, va il pensiero del pastore universale …
“Vi siete voi mai domandati quali dovessero essere i sentimenti e le paure del piccolo gruppo di cristiani sparsi nella grande città pagana, allorché, dopo aver frettolosamente sepolto i corpi dei due martiri, l’uno al piede del monte Vaticano, l'altro sulla via Ostiense, si raccolsero i più nelle loro stanzette di schiavi o di poveri artigiani, alcuni nelle loro ricche dimore, e si sentirono soli e quasi orfani , in quella scomparsa dei due sommi Apostoli? Ma contro il ferro e la forza materiale del tiranno e dei suoi ministri, essi avevano ricevuto lo spirito di forza e di amore, più gagliardo dei tormenti e della morte”.
20 anni dopo, 29 giugno 1961. Che vuol dire per un Papa sentirsi erede del pescatore di Galilea? Sovrapporre ai tempi del dominio romano in Palestina i tempi moderni, i tempi delle missioni spaziali, della guerra fredda? Che legame c’è, può esserci, fra allora e oggi?
“San Pietro troneggia sempre dalla sua cattedra augusta del Vaticano; ma egli anche ha insegnato e continua ad insegnare per mezzo dei suoi successori, i Papi della Chiesa universale. (…) Oh! meraviglia e consolazione per noi, a tanta distanza di secoli poter ascoltare ancora l'insegnamento di Pietro”.
Il ricordo di Pietro è sempre vivo nel “mestiere” di Papa, come testimoniano le parole di Giovanni XXIII. Ed è da credere che fu particolarmente vicino al cuore di Papa Giovanni quando redasse la sua enciclica sociale…
“Ameremmo davvero fornirvi qualche saggio più diffuso del la buona dottrina sociale contenuta nelle lettere di San Pietro in rapporto ai vari aspetti della convivenza umana (…) Ma basta così. Il grande documento in forma di Lettera Enciclica — ne pronunciamo il titolo per la prima volta in pubblico — Mater et Magistra, per cui si stanno allestendo le varie traduzioni nelle principali lingue del mondo, formerà pascolo ubertoso al vostro spirito (…)
In onore di San Pietro, ed a prontezza di ossequio all'apostolica dottrina che sta per essere promulgata, Ci accontentiamo di citare ancora un pensiero della prima Lettera di lui (…) : « Siate tutti, o fratelli, di uno stesso sentimento; compassionevoli, amanti dei fratelli, misericordiosi, umili”.
E dopo la Mater et Magistra, enciclica sociale, una particolare “sociologia”… Ne parla Papa Paolo VI nella solennità dei santi Pietro e Paolo del 1972.
“Oggi talune correnti sociologiche tendono a studiare l’umanità prescindendo da questo contatto con Dio. La sociologia di San Pietro, invece, la sociologia della Chiesa, per studiare gli uomini mette in evidenza proprio questo aspetto sacrale, di conversazione con l’ineffabile, con Dio, col mondo divino. Bisogna affermarlo nello studio di tutte le differenziazioni umane. Per quanto eterogeneo si presenti il genere umano, non dobbiamo dimenticare questa unità fondamentale che il Signore ci conferisce quando ci dà la grazia: siamo tutti fratelli nello stesso Cristo. Non c’è più né giudeo, né greco, né scita, né barbaro, né uomo, né donna. Tutti siamo una sola cosa in Cristo. Siamo tutti santificati, abbiamo tutti la partecipazione a questo grado di elevazione soprannaturale che Cristo ci ha conferito. San Pietro ce lo ricorda: è la sociologia della Chiesa che non dobbiamo obliterare né dimenticare”.
La “sociologia di Pietro” è attuale anche nella chiesa di oggi, anzi è eterna. Anche se…. Paolo VI lancia un allarme…
“Si ha la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio». C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri"..
Il 29 giugno 2005, papa da pochi mesi, Papa Benedetto XVI insiste sul concetto di cattolicità. E’ questo che può rendere sicura e forte la barca di Pietro contro il maligno, ieri oggi sempre.
“La festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo è insieme una grata memoria dei grandi testimoni di Gesù Cristo e una solenne confessione in favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. È anzitutto una festa della cattolicità. (…)Cattolicità non esprime solo una dimensione orizzontale, il raduno di molte persone nell’unità; esprime anche una dimensione verticale: solo rivolgendo lo sguardo a Dio, solo aprendoci a Lui noi possiamo diventare veramente una cosa sola. Come Paolo, così anche Pietro venne a Roma, nella città che era il luogo di convergenza di tutti i popoli e che proprio per questo poteva diventare prima di ogni altra espressione dell’universalità del Vangelo”.
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