Sudan, arcivescovo Khartoum: ascoltare il Papa, violenza non porta a nulla
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Uno sciopero e una campagna di disobbedienza per spingere i militari a consegnare il potere ad un governo civile. Queste le manifestazioni in corso in Sudan, duramente represse dalle forze di sicurezza, al potere dalla destituzione in aprile - dopo trent’anni - dell’ex presidente Omar al-Bashir. Al Regina Coeli di ieri Papa Francesco, con “dolore e preoccupazione”, ha esortato a pregare per il popolo sudanese “perché cessino le violenze e si ricerchi il bene comune nel dialogo”.
Le proteste continuano
Le violenze della scorsa settimana, quando le forze paramilitari hanno disperso con la forza un sit-in pacifico fuori il quartier generale militare nella capitale Khartoum, hanno provocato oltre 100 vittime tra i manifestanti, secondo fonti della protesta. Dati ufficiali invece parlano di meno di 50 vittime. Solo ieri sarebbero morte altre 4 persone, mentre anche oggi a Khartoum e nelle città di Omdurman, al-Obeid e Port Sudan restano chiusi molti uffici e negozi. L’arcivescovo di Khartoum, mons. Michael Didi Adgum Mangoria, intervistato da Vatican News parla di “disastro” per ricordare il “momento degli scontri”, in cui “tanti giovani hanno perso la vita”. Adesso “continua ancora la dimostrazione da parte del popolo, tanta gente non è andata a lavoro, anche se oggi la situazione è migliorata rispetto a ieri, ma non è completamente tranquilla”, testimonia (Ascolta l'intervista a mons. Mangoria).
Preghiera per la pace
I dimostranti, spiega, “chiedono al consiglio militare di affidare il governo ai civili”. La giunta militare sta governando “con la forza”: pure “ieri ci siano state alcune vittime, anche qui vicino”, con situazioni diverse “da una città all’altra”. “Domani - annuncia l’arcivescovo di Khartoum - terremo una riunione presbiterale delle diocesi e chiederò ai sacerdoti di fare un’adorazione, un digiuno per la pace nel Paese”, sentendo “la vicinanza del Papa”, dopo l’appello di ieri.
Spingere le parti al dialogo
La via della riconciliazione, aggiunge il presule, è quella del dialogo, come auspicato da Francesco. Con le altre comunità del Paese “abbiamo il consiglio delle Chiese”: l’idea di mons. Mangoria è quella di “consultare gli altri capi delle Chiese e, se possibile, parlare con le persone che hanno adesso il potere, quindi con il consiglio militare, e con le opposizioni”. Nei giorni scorsi il primo ministro etiope Abyi Ahmed ha compiuto una missione in Sudan per conto dell’Igad, l’autorità intergovernativa degli Stati del Corno d’Africa, per tentare una mediazione tra la giunta militare e l’Alleanza per la democrazia e la libertà, che riunisce i gruppi di opposizione: ha chiesto alle parti - sottolinea l’arcivescovo - di “tornare al dialogo”. Mons. Mangoria auspica un coinvolgimento dei Paesi della comunità internazionale, andando oltre “i loro interessi”, affinché si “smetta di uccidere”, perché “la violenza non porta a nulla”.
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