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Papa all’Angelus: insistere nella preghiera, Gesù ci dice che è unione con Dio

Commentando il brano evangelico di Luca, in cui Gesù insegna il “Padre nostro” ai discepoli, Francesco esorta a pregare senza sosta, per entrare in comunicazione col Padre e avere una relazione personale con Lui, come fanno i bambini con i loro mille perché ai papà. Dopo la preghiera mariana lo ribadisce anche con un tweet

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Siamo chiamati a “pregare incessantemente, senza stancarci”, come fanno i bambini quando, con i loro perché, vogliono “attirare” lo sguardo dei padri. Papa Francesco lo ricorda all’Angelus domenicale in Piazza San Pietro, commentando l’odierno Vangelo di Luca sulle circostanze nelle quali Gesù insegna il “Padre nostro” ai discepoli che - spiega il Pontefice - “sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa ‘qualità’ della preghiera di Gesù” (Ascolta il servizio con la voce del Papa). Lo ribadisce più tardi anche con un tweet sull'account @Pontifex: “Nel Vangelo di oggi Gesù ci invita a fare esperienza di preghiera, mettendoci direttamente in comunicazione col Padre. Sta qui la novità della preghiera cristiana! Essa è dialogo tra persone che si amano, un dialogo basato sulla fiducia”.

In comunicazione col Padre

Gesù - spiega all'Angelus - non dà una definizione “astratta” della preghiera, né insegna una “tecnica efficace” per pregare ed “ottenere” qualcosa.

Invita i suoi a fare esperienza di preghiera, mettendoli direttamente in comunicazione col Padre, suscitando in essi una nostalgia per una relazione personale con Dio, con il Padre. Sta qui la novità della preghiera cristiana! Essa è dialogo tra persone che si amano, un dialogo basato sulla fiducia, sostenuto dall’ascolto e aperto all’impegno solidale. E’ un dialogo del Figlio col Padre, un dialogo tra figli e Padre. Questa è la preghiera cristiana.

Prezioso dono del Maestro

Francesco sottolinea come la preghiera sia una “dimensione essenziale” nella vita del Maestro: “ogni sua azione importante è caratterizzata da prolungate soste di preghiera”, come “legame intimo con il Padre”. Tanto che i discepoli, prosegue, “desiderano essere partecipi di questi momenti di unione con Dio, per assaporarne completamente la dolcezza”. E Gesù consegna loro la preghiera del “Padre nostro”, che - afferma il Papa - è “forse il dono più prezioso lasciatoci dal divino Maestro nella sua missione terrena”.

Dopo averci svelato il suo mistero di Figlio e di fratello, con quella preghiera Gesù ci fa penetrare nella paternità di Dio e questo voglio sottolinearlo: quando Gesù ci insegna il Padre nostro ci fa entrare nella paternità di Dio e ci indica il modo per entrare in dialogo orante e diretto con Lui, attraverso la via della confidenza filiale. E’ un dialogo tra il papà e il suo figlio, il figlio con il papà.

I doni di Dio

Ciò che chiediamo nel “Padre nostro”, mette in luce Francesco, è già “tutto realizzato a noi nel Figlio Unigenito: cioè, la santificazione del Nome, l’avvento del Regno, il dono del pane, del perdono e della liberazione dal male”.

Mentre chiediamo, noi apriamo la mano per ricevere. Ricevere i doni che il Padre ci ha fatto vedere nel Figlio. La preghiera che ci ha insegnato il Signore è la sintesi di ogni preghiera, e noi la rivolgiamo al Padre sempre in comunione con i fratelli. Alle volte succede che nella preghiera ci sono delle distrazioni ma tante volte sentiamo come la voglia di fermarci nella prima parola: “Padre” e sentire quella paternità nel cuore.

Ardente perseveranza

Nel brano evangelico, aggiunge il Pontefice, Luca propone anche la parabola dell’uomo importuno che, trovandosi nel bisogno, bussa alla porta del suo amico a mezzanotte. Eppure ottiene ciò che chiede: a significare che bisogna “insistere nella preghiera”. Francesco ricorda quindi ciò che fanno i bambini in quella che in Argentina e non solo viene chiamata l’“età dei perché”, “tre anni, tre anni e mezzo”.

I bambini incominciano a guardare il papà e dicono: “Papà, perché? Papà, perché?”. Chiedono spiegazioni. Stiamo attenti: quando il papà incomincia a spiegare il perché, loro arrivano con un’altra domanda senza ascoltare tutta la spiegazione. Cosa succede? Succede che i bambini si sentono insicuri su tante cose che incominciano a capire a metà. Vogliono soltanto attirare su di loro lo sguardo del papà e per questo: “Perché, perché, perché?”. Noi, nel Padre Nostro, se ci fermiamo sulla prima parola, faremo lo stesso di quando eravamo bambini, attirare su di noi lo sguardo del padre. Dire: “Padre, Padre”, e anche dire: “Perché?” e Lui ci guarderà.

I saluti

Dopo aver invocato Maria, “donna orante”, affinché ci aiuti a “pregare il Padre uniti a Gesù per vivere il Vangelo, guidati dallo Spirito Santo”, nei saluti al termine della preghiera mariana Francesco ricorda, tra i pellegrini giunti in una Piazza San Pietro ancora bagnata dai violenti temporali della notte che hanno colpito il centro Italia, quelli venuti da Uruguay - “non vedo il mate”, scherza coi presenti - Polonia e Spagna. Ricorda anche le Suore di Santa Elisabetta, il gruppo Avart Organización Internacional de Arte y Cultura Mexicana di Puebla e i giovani della Parrocchia Santa Rita da Cascia di Torino.

(Ultimo aggiornamento: domenica 28 luglio 2019, ore 13.31)

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28 luglio 2019, 12:20