Un anno fa l'Incontro delle famiglie. Gambino: rilanciare la bellezza del matrimonio
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
“Genitori e nonni, bambini e giovani, uomini e donne, frati e suore, contemplativi e missionari, diaconi e sacerdoti e vescovi, possiate condividere il Vangelo della famiglia come gioia per il mondo!” Con questo auspicio Papa Francesco nella messa al Phoenix Park di Dublino, davanti a oltre 300 mila persone, concludeva lo scorso anno, il IX Incontro mondiale delle famiglie. Un evento straordinario, ricco di iniziative, che ha contribuito a svegliare l’Irlanda e ad incoraggiare tutte le famiglie ad essere lievito che fermenta la terra, antidoto contro ogni oscurità e decadenza culturale, testimonianza viva per affrontare le dure sfide del tempo odierno, avendo come bussola l’Esortazione apostolica 'Amoris Laetitia'. Senza di voi - aveva detto ancora Francesco nel suo discorso al Croke Park Stadium di Dublino durante la festa delle famiglie - "la Chiesa sarebbe fatta di statue, di persone sole", mentre Dio desidera che ogni famiglia “sia un faro che irradia la gioia del suo amore nel mondo”. Il Pontefice aveva anche insistito sulla vocazione all’amore e alla santità, sulla bellezza e l'indissolubilità del matrimonio cristiano, sulla complessità che è dono, della vita familiare offrendo di nuovo la ricetta infallibile delle tre parole “permesso, grazie e scusa”, per superare controversie e distanze e generare quella pace autentica capace poi di contagiare tutti gli ambiti della vita sociale, religiosa, politica. Ad un anno dall’incontro di Dublino, abbiamo chiesto a Gabriella Gambino, sotto-segretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, presente al Meeting in Irlanda, quali siano stati i frutti spirituali e materiali e quali siano le sfide da affrontare insieme per dare solidità e vigore alla famiglia, rendendola sempre più protagonista.
R. – Dopo Dublino, le famiglie sicuramente sono state poste al centro, al cuore della Chiesa. “La famiglia è via della Chiesa”: questo lo diceva già Giovanni Paolo II e Papa Francesco lo ha posto al centro del nostro interesse con “Amoris Laetitia”. Le famiglie sono icona dell’amore di Dio: per questo è molto importante che oggi ci prendiamo cura della famiglia con decisione, senza rimandare. La Chiesa ha bisogno di capire se stessa, oggi più che mai, ascoltando le famiglie, guardandole, osservandole, interpellandole: solo così penso che possa edificare se stessa.
Nell’omelia della Messa celebrata a Dublino, il Papa ha interpellato proprio tutti: genitori, nonni, bambini, giovani... Costantemente Francesco ribadisce l’attenzione, la cura per le famiglie ma anche denuncia situazioni di disagio, di sofferenza – penso alla mancanza di lavoro, ai divorzi, al fenomeno migratorio – terreni su cui si deve agire in fretta con azioni concrete. Cosa sta facendo in questo senso il Dicastero?
R. – Gli aspetti principali sono dettati anche dall’agenda di “Amoris Laetitia”, nel senso che è importante oggi far comprendere e insistere sulla centralità del matrimonio e della famiglia nella nostra società per edificare la società del futuro; dunque far comprendere e stimare i doni del matrimonio e della famiglia. Per questo, per esempio, lavorare per una diversa impostazione della preparazione al matrimonio dei giovani – fin da quando sono bambini – e dei fidanzati, e poi incoraggiare tutti i contesti in cui la vita familiare non si svolge con pace e gioia, come si dice proprio in “Amoris Laetitia”. Dunque, cercare di incoraggiare lì dove ci sono delle difficoltà; cercare di promuovere la formazione dei laici alla vita della famiglia, per esempio nell’ambito dell’educazione dei figli, della relazione genitori-figli e promuovere tutti quei contesti dove ci sono delle fragilità familiari forti – e penso soprattutto, per esempio, alla presenza degli anziani nelle famiglie.
Famiglie, speranza della Chiesa nel mondo ha detto il Papa a Dublino chiedendo però maggiore aderenza al Vangelo e maggiore audacia nella testimonianza della gioia del Vangelo come emerge nell’“Amoris Laetitia”. Una testimonianza che però non sempre è facile dare …
R. – Sì, le famiglie sono Chiesa domestica, come dice Papa Francesco; sono il luogo dove lo Spirito si muove e agisce tra gli sposi, tra genitori e figli e tra famiglie. Le famiglie hanno una vocazione missionaria all’annuncio dell’amore di Dio del quale devono essere rese consapevoli. Questo credo che sia oggi un aspetto centrale per la Chiesa e per il suo slancio evangelizzatore: rendere le famiglie protagoniste di questo annuncio missionario.
Il prossimo Incontro mondiale delle famiglie sarà a Roma nel 2021; la macchina organizzativa si è subito messa in moto, dopo l’annuncio del card. Farrel a Dublino. Ci saranno tanti cambiamenti strutturali rispetto agli incontri del 1994 e del 2000, che la capitale ha già ospitato. Ma al di là di questo, che cosa dobbiamo aspettarci?
R. – Senz’altro ci sarà un maggiore protagonismo delle famiglie: le famiglie di tutto il mondo non saranno soltanto ospiti del Meeting, ma sarà proprio un momento di incontro, di scambio di testimonianze, di confronto e arricchimento reciproco e di ascolto tra famiglie. Quello che speriamo possa essere il Meeting è fare in modo che sia un’occasione perché le famiglie possano testimoniare al mondo la bellezza del loro essere famiglia, con tutte le sue possibilità e difficoltà, gioie e fatiche ma per questo – come ha detto Papa Francesco di recente – sono laboratori di umanizzazione senza i quali non potrà esistere una società del domani. Quindi è importante che le famiglie possano annunciare al mondo questa loro bellezza.
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