Pizzaballa dal Papa: i cristiani non spariranno dal Medio Oriente
Marco Guerra – Città del Vaticano
La vita della Chiesa in Palestina, in Israele, in Giordania; la pastorale per i giovani della Terra Santa; la formazione dei sacerdoti; l’esodo dei cristiani e il dialogo interreligioso sono i temi discussi durante l’udienza di Papa Francesco a monsignore Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, avvenuta questa mattina in Vaticano.
In Medio Oriente cambiamenti epocali
La Chiesa in Medio Oriente resta impegnata nella ricerca della riconciliazione e della pace nelle società arabe scosse da conflitti e tensioni, ha detto a VaticanNews monsignor Pizzaballa, parlando anche del problema dell’emigrazione dei cristiani:
R. – Sono temi che riguardano oltre che la vita della Chiesa, evidentemente, la situazione nella quale la Chiesa si trova in Palestina, in Israele, in Giordania … le varie realtà del nostro territorio e che, come tutti sappiamo, non sono semplici dal punto di vista politico, economico e anche religioso.
Dopo la sconfitta del sedicente Stato islamico si sta cercando una via per la pace e per la riconciliazione del Medio Oriente?
R. – Il territorio della nostra diocesi non ha avuto lo Stato islamico, però le conseguenze sì, con oltre tre milioni di profughi in Giordania. Però è vero che tutto il Medio Oriente ha subito un cambiamento epocale che non è ancora finito: siamo ancora in una fase di lunga, lenta, dolorosissima transizione che coinvolte tutti i popoli – anche i nostri.
In particolare c’è la questione dell’esodo dei cristiani e del riconoscimento dei loro diritti. I cristiani possono contribuire anche a tenere insieme il tessuto sociale del Medio Oriente?
R. – I cristiani hanno sempre avuto, come lei ha detto, un ruolo molto importante nella vita di tutto il Medio Oriente, in tutti i vari Paesi. I fenomeni dell’emigrazione cambiano da Paese a Paese: un conto sono, evidentemente, Siria e Iraq, dove c’è stata e c’è ancora, in parte, una guerra atroce; altre sono le situazioni di Giordania e Palestina o Terra Santa, dove la situazione è diversa ma dove i problemi legati all’economia sono molto forti – oltre ai problemi religiosi, naturalmente. I cristiani non spariranno dal Medio Oriente: cambieranno le percentuali, certamente; avremo nuove sfide … Tutto il Medio Oriente è in cambiamento e il cambiamento non sono soltanto di natura militare, con le guerre, ma anche culturali; quindi si sta parlando sempre di più di cittadinanza, di diritti non solo per i cristiani, ma anche all’interno del mondo islamico. E qui i cristiani pagano le conseguenze delle tribolazioni all’interno del mondo islamico, per cui dovremo attendere: noi cristiani daremo il nostro contributo senza mettere da parte comunque i nostri problemi, che sono seri, soprattutto quello della emigrazione.
La convivenza delle religioni è particolarmente sentita a Gerusalemme. Com’è la situazione?
R. – Le religioni a Gerusalemme, in Terra Santa, in Israele e Palestina, sono parte dell’identità nazionale. Quindi non è soltanto religione, ma è anche comunità, identità, storia, tradizione … tutte queste cose mischiate, e quindi anche politica. E questo rende, naturalmente, le relazioni sempre molto complicate. Solo che noi cristiani siamo un po’ più liberi: non totalmente, ma un po’ più liberi rispetto a queste dinamiche. La sfida che abbiamo – ne abbiamo parlato proprio anche oggi – è quella di aiutare le varie comunità religiose a incontrarsi e a dialogare tra loro.
Con il ritorno della sicurezza a Gerusalemme e in Terra Santa, c’è anche una ripresa dei pellegrinaggi: quindi i fedeli di tutto il mondo possono venire a visitare i luoghi della Terra Santa …
R. – Sì: questa è una delle note positive. Abbiamo registrato in questi ultimi anni un aumento esponenziale dei pellegrini da tutto il mondo: non solo dall’Occidente, ma direi soprattutto dall’Asia, che hanno riportato il sorriso in tante famiglie perché il pellegrinaggio porta anche lavoro per tante famiglie, soprattutto cristiane; e ricompone un aspetto dell’identità della nostra Chiesa che è una Chiesa universale aperta a tutto il mondo.
C’è anche il tema della cura pastorale dei cristiani in Terra Santa e Medio Oriente: quali sono le sfide, da questo punto di vista?
R. – Naturalmente, abbiamo anche noi le sfide che sono simili a quelle di tutte le altre Chiese: come mantenere vicini i giovani che vedono nella Chiesa una realtà troppo lontana e istituzionale; la catechesi, la formazione, la formazione dei sacerdoti … sono le sfide comuni a tutti, naturalmente con dinamiche e con linguaggi propri al nostro contesto
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