Gioia del Papa per scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Mi rallegro per le persone liberate, le quali hanno potuto riabbracciare i propri cari, e continuo a pregare per una rapida fine del conflitto e per la pace duratura in Ucraina orientale.
Con queste parole Papa Francesco esprime la propria gioia per lo scambio di prigionieri che si è concluso lo scorso 7 settembre tra Russia e Ucraina. Aerei con a bordo i detenuti sono arrivati da Kiev e da Mosca. Tra loro, anche il giornalista russo Vyshinsky, il regista Oleg Sentsov e 24 marinai ucraini catturati lo scorso anno nello stretto di Kerch al largo della Crimea. Il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha annunciato un altro possibile scambio di prigionieri con la Russia. I rapporti tra Russia e Ucraina si sono deteriorati dopo l'occupazione della Crimea da parte di Mosca nel 2014.
Una svolta, quindi, che fa ben sperare per le sorti della "più grande catastrofe umanitaria dalla Seconda Guerra mondiale”, come definita dall’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč, Svjatoslav Shevchuk. "Certamente, questo scambio di prigionieri - spiega Fulvio Scaglione, esperto dell'area ex sovietica - sembra una svolta.
Per Scaglione lo scambio di prigionieri segna una prima realizzazione del cambio di paradigma politico che si è registrato a Kiev, in Ucraina, con l’elezione di questo giovane presidente, Vladimir Zelensky: un attore, al quale veramente non si dava molto credito. Si pensava che fosse una meteora mediatica, che sarebbe stata in qualche modo fagocitata rapidamente dal sistema politico. Al contrario, sta lavorando per una trattativa che non compromette la dignità nazionale, i diritti dell’Ucraina ma che, in qualche modo, presuppone un dialogo costruttivo".
Rispetto agli accordi di Minsk, a chi spetta il ruolo fondamentale per poter raggiungere una pace duratura tra Ucraina e Russia?
R.- La crisi ucraina del 2014 e la successiva guerra nel Donbass, hanno naturalmente mobilitato non solo l’opinione pubblica internazionale ma proprio le cancellerie - l’Unione europea, gli Stati Uniti, la Germania - e sono intervenuti tutti. Questo intervento collettivo ha portato appunto a quelle trattative che vanno sotto il nome di accordi di Minsk. Però, è chiara una cosa e la si vede proprio adesso, dopo questo scambio di prigionieri quello che più conta è la volontà politica, ovviamente, ma anche quella umana di Mosca e di Kiev, di ricominciare a parlarsi e provare perlomeno a raggiungere un’intesa. Anche perché tutti gli studi, i sondaggi e la pubblica opinione ci dicono che i due popoli, passato il momento acutissimo della crisi, non si guardano con ostilità perché hanno dei legami storici così profondi che praticamente è quasi impossibile che lo facciano. Quindi, direi che la parola in questo momento più che mai spetta a Vladimir Putin e a Vladimir Zelensky.
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