Francesco ai vescovi orientali: la carità sana le divisioni
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
L’incontro di Papa Francesco con i vescovi orientali cattolici in Europa riflette la ricchezza rituale della Chiesa cattolica, non limitata alla tradizione latina. Ci sono i rappresentanti di diverse Chiese di tradizione bizantina: tanti provengono da quella che il Papa definisce la “cara Ucraina”. Ma sono presenti anche vescovi del Medio Oriente, dell’India e di altre regioni che hanno trovato accoglienza nei Paesi europei. È il segno di una Chiesa policroma, mosaico e icona vivente di una testimonianza non uniforme. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Fedeltà e testimonianza
Questa varietà, sottolinea Francesco, è una straordinaria ricchezza: “L’unità cristiana, infatti, non è uniformità e la verità cristiana non è monocorde, ma sinfonica”. In questa sinfonia risuona anche la “testimonianza di fedeltà alla comunione col vescovo di Roma più volte offerta nella storia, talora fino alla effusione del sangue”.
Questa fedeltà è una gemma preziosa del vostro patrimonio di fede, un segno distintivo indelebile, come ci ricorda uno dei martiri romeni che, davanti a chi gli chiedeva di abiurare la propria comunione cattolica, disse: «la mia fede è la mia vita». La comunione cattolica fa parte della vostra identità particolare ma non le toglie nulla, anzi contribuisce a realizzarla pienamente, ad esempio proteggendola dalla tentazione di chiudersi in sé stessa e di cadere in particolarismi nazionali o etnici escludenti. E questo è un pericolo di questo tempo della nostra civiltà: i particolarismi che diventano populismi e vogliono comandare e uniformare tutto.
Missione ecumenica
Le Chiese orientali d’Europa, ricorda il Papa, sono depositarie “di una missione specifica nel cammino ecumenico”. Il significato di questa missione ecumenica, al centro dell’incontro dei vescovi cattolici orientali apertosi giovedì scorso a Roma, si declina in un mondo e in un tempo dove non mancano criticità e divisioni:
Oggi, mentre troppe disuguaglianze e divisioni minacciano la pace, sentiamoci chiamati ad essere artigiani di dialogo, promotori di riconciliazione, pazienti costruttori di una civiltà dell’incontro, che preservi i nostri tempi dall’inciviltà dello scontro. Mentre tanti si fanno risucchiare dalla spirale della violenza, dal circolo vizioso delle rivendicazioni e delle continue accuse reciproche, il Signore ci vuole seminatori miti del Vangelo dell’amore.
Via di preghiera, umiltà e carità
“Nella famiglia cristiana - aggiunge il Papa - siate coloro che, guardando al Dio di ogni consolazione s’impegnano a sanare le ferite del passato, a superare pregiudizi e divisioni, a dare speranza a tutti camminando fianco a fianco con i fratelli e le sorelle non cattolici”:
Con loro ho avuto la grazia di condividere diversi momenti forti: penso alla preghiera per la pace in Terra Santa nei Giardini Vaticani, all’incontro con i profughi nell’isola di Lesvos, al dialogo per la pace in Medio Oriente a Bari, preceduto dalla preghiera comune nel segno di San Nicola e della Santa Madre di Dio “che mostra la via”. Sento che la via che ci viene indicata dall’Alto è fatta di preghiera, umiltà e carità, non di rivendicazioni locali, neppure tradizionaliste, no. Il cammino è preghiera, umiltà e carità.
Il primato della carità
Papa Francesco esorta infine a vivere la carità verso tutti:
Essa, come ci ricorda l’Apostolo Paolo che in questa città ha dato la vita, ha sempre il primato e non avrà mai fine (cfr 1Cor 13). Quando ci chiniamo insieme sul fratello che soffre, quando diventiamo insieme prossimi di chi patisce solitudine e povertà, quando mettiamo al centro chi è emarginato, come i bambini che non vedono la luce, i giovani privati di speranza, le famiglie tentate di disgregarsi, gli ammalati o gli anziani scartati, già camminiamo insieme nella carità che sana le divisioni.
"Allora - osserva il Papa - ci prepariamo ad abitare insieme l’unico Cielo al quale siamo chiamati. Là il Signore non ci chiederà conto di quali e quanti territori sono rimasti sotto la nostra giurisdizione e nemmeno di come abbiamo contribuito allo sviluppo delle nostre identità nazionali". Amando, conclude il Santo Padre, si trova "la gioia e si diffonde la speranza":
È amando che passano in secondo piano quelle realtà secondarie a cui siamo ancora attaccati – anche i soldi, che sono un veleno: il diavolo entra dalle tasche, non dimenticatevi! – e vengono in primo piano le uniche che restano per sempre: Dio e il prossimo.
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