Il Papa ai carmelitani: no a mondanità e pseudomistica, serve tenerezza
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Parla ai frati carmelitani, ricevuti in Vaticano, Papa Francesco e lo fa con paternità e franchezza suggerendo linee di cammino su cui indirizzare la chiamata a condividere nel mondo la gioia del Vangelo. Ma non manca di mettere in guardia i religiosi dalle tentazioni pericolose che possono insinuarsi e distruggere la Chiesa: la mondanità, l’immobilismo e la tiepidezza, la “solidarietà del fine settimana”, la "pseudomistica" e tutto ciò che porta a stare lontani dalle piaghe del corpo di Cristo, visibili nei fratelli “spogliati, umiliati e schiavizzati”.
Contemplazione e fedeltà al passato
La prima linea che il Papa indica ai carmelitani nel suo discorso è quella della fedeltà e della contemplazione, tracciata già come prioritaria nelle Costituzioni dell’Ordine che risalgono al 1995: la vostra missione - afferma - è feconda nella misura in cui è radicata nella relazione personale con Dio e poi aggiunge: “La modalità carmelitana di vivere la contemplazione vi prepara a servire il popolo di Dio attraverso qualsiasi ministero e apostolato”. Bisogna essere attenti però affinché essa non si riduca a rapimenti ed estasi che allontanano dalle gioie o dalle preoccupazioni della gente, la contemplazione è vocazione e unità con Dio.
La mondanità, tentazione più pericolosa
Accompagnamento e preghiera, restano poi il secondo importante vettore per la sana e autentica diffusione del Vangelo. Citando Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, il Pontefice, ricorda che affannarsi per mille cose senza Dio prima o poi presenta un conto salato, così come la tiepidezza che si insinua nella vita consacrata, quando i consigli evangelici diventano solo routine. Ma non è questa l’unica insidia da cui guardarsi.
Può insinuarsi anche la mondanità, che è la tentazione più pericolosa per la Chiesa, in particolare per noi, uomini di Chiesa. So che questa tentazione è entrata e ha fatto gravi danni anche tra di voi. Ho pregato e prego perché il Signore vi aiuti. E questo Capitolo è un’occasione provvidenziale per ricevere dallo Spirito Santo la forza di lottare insieme contro queste insidie.
Vincere l’inerzia dell’immobilismo
Vivere più “dentro” che “fuori”, come diceva San Giovanni della Croce resta il miglior antidoto a tali virus, sostiene il Papa, mentre incoraggia i frati ad accompagnare le persone a “fare amicizia” con Dio e ad essere buoni artigiani di fraternità:
Non si tratta naturalmente di insegnare alla gente ad accumulare preghiere, ma ad essere uomini e donne di fede, amici di Dio, che sanno percorrere le vie dello spirito… Dal silenzio e dalla preghiera nasceranno comunità rinnovate e ministeri autentici. Come buoni artigiani di fraternità, riponete la vostra fiducia nel Signore vincendo l’inerzia dell’immobilismo ed evitando la tentazione di ridurre la comunità religiosa a “gruppi di lavoro”.
Il contemplativo ha un cuore compassionevole
La Chiamata di un carmelitano non può però prescindere da una terza linea: quella della tenerezza e della compassione, cardini su cui Francesco ha imperniato il suo pontificato. “Il contemplativo – ripete il Papa – ha un cuore compassionevole”, è balsamo per quanti sono sfiniti dalla vita, patiscono l’abbandono, il silenzio di Dio, l’amore spezzato; è carezza per i piccoli e gli scartati.
Chi ama Dio deve cercarlo nei poveri, nei «fratelli di Gesù», come diceva il Beato Angelo Paoli, di cui celebrerete prossimamente il terzo centenario della morte. Possiate avere sempre la bontà di cercarli! La fiducia assoluta del Beato Angelo Paoli nella provvidenza divina gli faceva esclamare con gioia: «Ho una dispensa in cui non manca niente!». La vostra dispensa trabocchi di compassione davanti a ogni forma di sofferenza umana!
La rivoluzione della tenerezza
Dobbiamo diffidare dal contemplativo che non è compassionevole, rimarca il Pontefice, mentre insiste che solo la tenerezza mette al riparo dalla “pseudomistica”, dalla “solidarietà del fine settimana”, dalla tentazione di stare lontani dalle piaghe del corpo di Cristo:
Le piaghe di Gesù sono anche oggi visibili nel corpo dei fratelli che sono spogliati, umiliati e schiavizzati. Toccando queste piaghe, accarezzandole, è possibile adorare il Dio vivo in mezzo a noi. Oggi c’è bisogno di una rivoluzione della tenerezza che ci renda più sensibili davanti alle notti oscure e ai drammi dell’umanità.
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