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Papa Francesco durante la Santa Messa nello Stadio di Zimpeto Papa Francesco durante la Santa Messa nello Stadio di Zimpeto 

Il Papa in Mozambico: un viaggio di riconciliazione rivolto al futuro

Don Angelo Romano della Comunità di Sant’Egidio traccia un bilancio della visita di Francesco nel Paese africano. Il bisogno di pace, l’attenzione agli ultimi e l’esortazione alla “gioia della fatica dell’amore per gli altri”

Michele Raviart – Città del Vaticano

Un “viaggio al momento opportuno”, quello di Papa Francesco in Mozambico, che nei suoi due giorni di visita ha parlato di pace e riconciliazione e ha esortato la Chiesa locale ad essere “in uscita” e a non risparmiarsi nell’aiutare il popolo mozambicano. Come in tutti i viaggi apostolici Francesco non ha fatto mancare il suo sostegno alle realtà sociali più povere e bisognose, accogliendo le vittime dell’alluvione della diocesi di Xai Xai e visitando i ragazzi di strada della “Casa Matteo 25” e i pazienti dell’ospedale del progetto DREAM della Comunità di Sant’Egidio a Zimpeto.

Don Angelo Romano, sacerdote della Comunità di Sant’Egidio e uno dei mediatori dell’accordo di pace del 2016, traccia ai microfoni di Vatican News un bilancio dei due giorni di Papa Francesco nello Stato africano:

Ascolta l'intervista a Don Angelo Romano sul viaggio del Papa in Mozambico

Credo che il viaggio di Papa Francesco sia andato molto bene e che sia giunto al momento opportuno, perché il Paese aveva disperatamente bisogno di un grande slancio di riconciliazione, di pace, di speranza per il futuro. E questi sono stati i grandi temi della visita di Papa Francesco: speranza, pace e riconciliazione. L’accordo firmato nel mese di agosto dal presidente Nyusi e dal capo della Renamo, Ossufo Momade, è un accordo estremamente importante ma, come sappiamo tutti, gli accordi di pace hanno bisogno di un clima e di uno slancio che permetta di implementarli nel modo migliore possibile. Credo che il viaggio del Papa abbia dato un grande slancio spirituale affinché questo possa avvenire.

D. – Negli anni Novanta si era raggiunta una pace, grazie alla mediazione della Chiesa e della Comunità di Sant’Egidio; questo viaggio del Papa può essere considerato una continuazione per un nuovo accordo di pace?

La pace che è nata nel 1992 certamente è cresciuta e ha dato frutti ottimi, perché il Paese che usciva dal conflitto nel ’92 era un Paese completamente distrutto; dal ’92 a oggi il Paese è stato ricostruito, è un Paese diverso. È nata una generazione di giovani che non ha mai conosciuto la guerra e che oggi sono la maggioranza. Ma certamente, le ferite e le eredità di quel conflitto si sono fatte sentire nel tempo. Uno di questi momenti è stato proprio nel 2016, in cui le tensioni sono cresciute enormemente e si è tornato a sparare. Non c’è stato un ritorno vero e proprio alla guerra civile, ma è stato un rischio che si è corso. Grazie agli sforzi della presidenza del Mozambico, agli sforzi della Renamo, accompagnati – soprattutto all’inizio – dagli sforzi della comunità internazionale, è iniziata una dinamica di pace che ha prodotto poi, alla fine e lentamente, questo accordo di agosto. La visita del Papa giunge come un coronamento di tutto questo: è un coronamento, una conferma e insieme un rilancio verso il futuro, perché il Papa ha rilanciato. Tutto il discorso del Papa è stato proiettato al futuro del Paese: al futuro dei giovani, al futuro della Nazione … Non è stato uno scavare nel passato, nelle eredità, nelle colpe, ma è stato un considerare le radici per guardare al futuro.

D. – Il viaggio ha mostrato poi tutta l’accoglienza di un popolo e di un Paese nei confronti di Papa Francesco che, come sempre, ha dato un’attenzione particolare agli ultimi. Penso, ad esempio, ai malati dell’ospedale di Zimpeto o alle vittime delle alluvioni a Xai-Xai …

Nonostante il viaggio fosse un viaggio molto denso, molto concentrato, il Papa è riuscito a incontrare tantissime realtà della povertà, della sofferenza del Mozambico. Ha incontrato una delegazione della diocesi di Xai-Xai, che è una città del Sud del Mozambico che è stata colpita da un’alluvione tremenda nel 2000. Io c’ero stato, dopo l’alluvione del 2000: l’acqua era arrivata ai primi piani delle case, era una città completamente distrutta. E l’allora cardinale Bergoglio aveva mandato degli aiuti a Xai-Xai. C’è quindi un rapporto tra Bergoglio e questa città, questa diocesi. Quindi, il Papa ci teneva particolarmente a incontrarli, e loro sono stati contentissimi di incontrarlo. Ma poi, il Papa ha incontrato i bambini della Casa Matteo 25, i bambini di strada, bambini che lì invece hanno trovato aiuto e poi, l’ultimo giorno, venerdì mattina, il Papa è andato all’ospedale di Zimpeto, al Centro Dream della Comunità di Sant’Egidio, dove ha incontrato i malati che sono curati. Il Papa ha visto tutte queste cose e certamente, con la sensibilità che gli è propria, ha reagito, anche, in maniera molto bella, molto sincera. Io ho visto il volto del Papa che era raggiante quando usciva da queste occasioni di incontro con le realtà più difficili. Va detto anche che nella visita a Zimpeto gli è stato regalato un pastorale di legno, fatto con il legno delle case distrutte della città di Beira, che recentemente è stata colpita da un ciclone, e che lui ha portato alla celebrazione liturgica allo stadio di Zimpeto.

D. – Dal punto di vista più ecclesiale, anche come lascito che dà alla Chiesa locale, cosa possiamo dire del viaggio del Papa?

R. – Nell’incontro che ha avuto in cattedrale con i religiosi e le religiose del Mozambico, il Papa è stato molto chiaro nel messaggio, perché li ha esortati da una parte a non vivere la dispersione causata dalle divisioni interne, ma allo stesso tempo, invece, a provare la gioia della fatica per gli altri, della fatica e dell’amore per gli altri. E li ha spinti a uscire, a incontrare la gente, a spendersi per il popolo, a non risparmiarsi per la gente del Mozambico. E credo che l’immagine finale della liturgia allo stadio di Zimpeto, i volti sorridenti, un popolo intero che cantava e che danzava pieno di gioia per avere accolgo e per accogliere il Papa, penso che quell’immagine ci dica quanto la Chiesa mozambicana sia veramente una risorsa per tutto il Mozambico, una risorsa di speranza – appunto – di pace e di riconciliazione.

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07 settembre 2019, 19:13