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Papa Francesco parla alla Commissione Teologica Internazionale Papa Francesco parla alla Commissione Teologica Internazionale

Il Papa: la teologia non fa teorie ma illumina il Vangelo

A 50 anni dalla sua creazione, per volontà di Paolo VI, la Commissione Teologica Internazionale ha celebrato l’anniversario in udienza dal Papa. Francesco: “Siete chiamati a far venire alla luce il Vangelo” mediando tra fede e cultura

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Che la teologia nasca e cresca “in ginocchio” non è concetto nuovo nel magistero del Papa. Francesco lo recupera nel discorso tenuto al cospetto dei teologi della Commissione Internazionale, che celebrano con lui il mezzo secolo di lavoro, cesellando ulteriormente una riflessione che ruota attorno a un punto essenziale: per aiutare la missione della Chiesa la teologia deve possedere “il respiro del Vangelo” e quindi non procedere per astrazioni, ma attirare per la sua capacità di calare le altezze della fede nel vissuto di ogni giorno. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Alla cattedra della vita

Papa Montini non aveva voluto di meno quando istituì la Commissione l’11 aprile del ’69. L’idea di fondo – afferma Francesco riferendosi anche al lungo e denso messaggio scritto da Benedetto XVI per l’occasione – era che il lavoro degli specialisti chiamati a farne parte creasse “un nuovo ponte fra teologia e magistero”, per non disperdere la “feconda” stagione del Concilio. Un luogo di confronto in cui “la diversità delle culture e dei vissuti ecclesiali arricchisse la missione affidata dalla Santa Sede alla Congregazione per la Dottrina della Fede”. Un compito, sostiene il Papa, tutt’oggi valido per gli “eredi” dei vari Henri de Lubac e Karl Rahner:

Avete, nei confronti del Vangelo, una missione generatrice: siete chiamati a far venire alla luce il Vangelo. Infatti vi ponete in ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese nelle diverse culture per portare alla luce aspetti sempre nuovi dell’inesauribile mistero di Cristo (…)  E poi aiutate i primi passi del Vangelo: ne preparate le vie, traducendo la fede per l’uomo d’oggi, in modo che ciascuno possa sentirla più vicina e sentirsi abbracciato dalla Chiesa, preso per mano lì dove si trova, e accompagnato a gustare la dolcezza del kerigma e la sua intramontabile novità. A questo è chiamata la teologia: non è disquisizione cattedratica sulla vita, ma incarnazione della fede nella vita.

“Solo una teologia bella, che abbia il rispetto del Vangelo e non si accontenti di essere soltanto funzionale, attira.”

Preghiera intensa per “tradurre” Dio

Inoltre, insiste il Papa, "il teologo deve studiare di più" e dare al popolo di Dio "il pasto solido della fede", proteggendolo dalle inevitabili "dispute" e dal "relativismo" che la discussione può generare. Se la Commissione Teologica vorrà anche per il futuro essere di “modello e stimolo” per chiunque vorrà dedicarsi a questi studi è imprescindibile avere una convinzione:

Solo una teologia bella, che abbia il rispetto del Vangelo e non si accontenti di essere soltanto funzionale, attira. E per fare una buona teologia non bisogna mai dimenticare due dimensioni per essa costitutive. La prima è la vita spirituale: solo nella preghiera umile e costante, nell’apertura allo Spirito Santo si può intendere e tradurre il Verbo e fare la volontà del Padre. La teologia nasce e cresce in ginocchio! La seconda dimensione è la vita ecclesiale: sentire nella Chiesa e con la Chiesa (…) Non si fa teologia da individui, ma nella comunità, al servizio di tutti, per diffondere il gusto buono del Vangelo ai fratelli e alle sorelle del proprio tempo, sempre con dolcezza e rispetto.

Sinodalità, stile del terzo millennio

In precedenza, Francesco aveva ricordato i due testi principali elaborati nell’ultimo quinquennio dalla Commissione. Il primo dedicato alla “sinodalità”, a poche settimane dalla conclusione dell’assise sull’Amazzonia, ha spinto il Papa a un’attestazione speciale e incisiva di gratitudine nei confronti del lavoro svolto, a sostegno di un tema a lui molto caro e ritenuto “uno stile” di condivisione che “il Signore si attende dalla Chiesa del terzo millennio:

Oggi si pensa che fare sinodalità sia prendersi per mano e andare in cammino, fare festa con i ragazzi o fare un’inchiesta di opinioni: “Ma cosa si pensa sul sacerdozio delle donne?”. Per lo più si fa così, non è vero? La sinodalità è un cammino ecclesiale che ha un’anima che è lo Spirito Santo. Senza lo Spirito Santo non c’è sinodalità. E voi avete fatto un bel lavoro per aiutare a questo. Grazie.

La libertà religiosa costruisce la pace

Il secondo documento, dedicato alla libertà religiosa, è altrettanto importante, perché, aveva sottolineato Francesco, discerne i diversi modi di intenderla oggi:

Se da un lato c’è chi ancora la impedisce o la contrasta apertamente, privando l’essere umano di un diritto incomparabile, dall’altro, come avete sottolineato, circola l’idea di uno Stato “eticamente neutro”, che, in una liquidità ambigua, pure rischia di portare a un’ingiusta emarginazione delle religioni dalla vita civile a scapito del bene comune (...) Il rispetto sincero della libertà religiosa, coltivato in un proficuo dialogo tra Stato e religioni, e tra le religioni stesse, è invece un grande contributo al bene di tutti e alla pace.

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29 novembre 2019, 10:24